Champions, l’andata è dell’Inter: Milan piegato con due gol in 11 minuti
Dzeko e Mikhitaryan sbaragliano subito i rossoneri, orfani di Leao che spera di recuperare per la partita di ritorno. Nerazzurri più in palla
di Dario Ceccarelli
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Se Milano è vicino all’Europa, l’Inter lo è ancora più del Milan. Almeno questa Inter, cattiva e perentoria, che dopo solo undici minuti aveva già colpito due volte i rossoneri. Due cazzotti micidiali - uno di Dzeko e uno di Mikhitaryan - che hanno lasciato senza fiato gli uomini di Pioli. Spenti e annichiliti, sempre in ritardo nei contrasti, quasi che l’assenza di Leao - lasciato in tribuna nella speranza che possa recuperare per la seconda sfida - li avesse privati non solo dell’attaccante più imprevedibile ma anche della sicurezza che la sua stessa presenza, come una pozione magica, infonde al Milan.
Si era detto che la squadra di Inzaghi, per questo primo attesissimo euroderby di San Siro (75mila spettatori per un incasso record di oltre 10 milioni), fosse favorita. Sia sul vento di una striscia positiva di cinque successi nelle ultime cinque partite, sia per la ritrovata vena offensiva dei suoi cannonieri, ma francamente nessuno aveva previsto, almeno nel primo tempo, una così evidente sproporzione di forze. Una differenza non solo tecnica, ma anche fisica e mentale. In ogni duello, in ogni contrasto l’inter c’era, il Milan no. Sempre un attimo dopo. Lo stesso gol di Dzeko - una deviazione al volo su corner in anticipo su Calabria - è l’immagine plastica della superiorità nerazzurra.
Il centravanti bosniaco, 37 anni, al suo 400esimo gol in carriera, è stato il primo valore aggiunto dell’Inter. Non solo per l’affondo da smaliziato rapinatore d’area, ma per il suo perpetuo movimento e la sua capacità di offrirsi come punto d’appoggio alle incursioni di Barella e Mkhitaryan, sempre in anticipo sui centrocampisti rossoneri, tutti sovrastati (a parte Tonali) dalla maggior freschezza degli avversari. Anche il raddoppio dello stesso Mkhitaryan, tre minuti dopo quello di Dzeko, è un concentrato di rapidà e scaltrezza scaturito da un affondo di Dimarco: il suo rasoterra a rientrare, dopo un velo di Lautaro, viene intercettato dall’armeno che da pochi passi infila Maignan senza problemi. Subito sotto di 2 gol, il Milan ha rischiato seriamente di naufragare.
Uno choc, un incubo maledettamente reale che si stava materializzando sotto lo sguardo sempre più preoccupato di Gerry Cardinale, proprietario della società rossonera. Il ko insomma era vicino. Non solo per il contraccolpo psicologico che ha naturalmente complicato tutto, ma anche per l’infortunio al ginocchio di Bennacer, punto di forza in costruzione e in capacità offensiva dei rossoneri.
Pioli rimedia con Messias a destra e Diaz al centro, ma la tempesta non si placa. Il Milan infatti non c’è più, svanisce davanti alle rabbiose folate dei nerazzurri. Dopo un quarto d’ora una bordata di Calhanoglu, preferito a Brozovic, si stampa sul palo. E poi, dulcis in fundo, con il Diavolo sempre più all’angolo, arriva alla mezz’ora il discusso episodio del rigore concesso dall’ondivago arbitro Manzano per un presunta scorrettezza di Kajer su Lautaro. Il fallo però non è chiaro e il Var, che richiama al monitor il direttore di gara, cancella l’assegnazione del penalty. Neppure lo scampato pericolo ridà energia al Milan. E anche quando riparte lo fa senza convinzione, senza quella rabbia necessaria per uscire da un stallo così imbarazzante.
Il portiere nerazzurro, Onana, non ha praticamente ancora toccato una palla. È uno spettatore in campo. Potrebbe anche lui andare in tribuna dove ogni tanto le telecamere inquadrano lo sguardo triste di Leao, seminascosto da un improbabile cappellino da spiaggia. Nel giorno in cui è ormai ufficializzato il rinnovo del contratto con il Milan, il portoghese assiste malinconico e impietrito al naufragare dei suoi compagni. Alla fine del primo tempo i rossoneri entrano negli spogliatoi con lo stesso spirito di quei pugili che, pesti e malconci, vanno all’angolo a farsi medicare e rincuorare. Mai un tiro in porta nei primi 45 minuti.
Lo scoramento si accompagna anche a una realistica considerazione: ammesso che cambi il vento, chi può segnare stasera nel Milan? Sempre in tribuna, paradossalmente, compaiono le facce non proprio sorridenti di Ibrahimovic e Shevchenko, gloriosi bomber della storia rossonera Potrebbero scendere in campo loro, maligna qualche tifoso demoralizzato ripensando ai bei tempi che furono. Giroud sgomita, ci prova. Ma la buona volontà non basta. Il confronto è abbastanza impietoso. L’Inter davanti, oltre a Dzeko, mai così incisivo, ha un altro cannoniere che fa paura: Lautaro. Meno preciso del solito, però ogni volta che s’avventa sul pallone sembra che se lo mangi. Nel secondo tempo verrà sostituito da Lukaku, e scusate se è poco.
Nella ripresa la musica cambia. Ma non la sostanza. Il Milan a poco a poco tira fuori la testa. Guadagna campo, come dicono in tv i tanti ex calciatori che fanno i commentatori. Prima con Diaz e poi con Messias si avvicina pericolosamente alla porta di Onana. E al 63’, dopo una bella azione di Origi (buono il suo inserimento al posto di Saelemaeker), Tonali prende un palo con un rasoterra velenoso. Ma il risultato resta inchiodato sul 2-0. Un risultato che lascia ancora qualche speranza al Milan. Un Milan diverso, però. Magari con un Leao ritrovato. Oppure con un’altra determinazione, quella mostrata col Napoli, per esempio. L’Inter, che con Dzeko e Gaglialdini ha avuto altre due occasioni per rimpinguare il bottino, ha invece solo un demerito: non aver chiuso definitivamente una sfida che, tra sei giorni, si ripeterà. Per il Milan è una missione quasi impossibile. Ma il calcio, lo sappiamo, non è mai una scienza esatta.
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