I luoghi della Genova letteraria e romantica

3/4Viaggio d’autunno

Charles Dickens a Villa Pallavicino delle Peschiere

di Luca Bergamin

Palazzo Pallavicini delle Peschiere

Pochi metri più avanti, al manierista Palazzo Nicolosio Lomellino, facente parte dei Rolli, si può compiere l’esperienza virtuale di varcare la soglia delle più emozionanti librerie del mondo indossando i visori messi in dotazione da The Library at Night, esibizione ispirata al romanzo La libreria di notte di Alberto Manguel; conviene anche sfilarsi le cuffie e guardare coi propri occhi il ciclo pittorico di Bernardo Strozzi. Non si può rinunciare ad assaggiare le stecche di cioccolato alla nocciole e il pandolce dei fratelli Marco e Maurizio Profumo nella loro ottocentesca pasticceria, nata come drogheria, in cui l’esaltazione della frutta candita può davvero portare all’estasi della gola. Villa Pallavicino delle Peschiere rappresenta la meta di arrivo e partenza per seguire le tracce lasciate da Charles Dickens nelle sue permanenze genovesi. Pare certo, infatti, che in questa città di mare egli scrisse pagine del Canto di Natale, in particolare durante il tempo trascorso nella residenza cinquecentesca che fu del mercante Tobia Pallavicino, il quale aveva chiamato per affrescare i saloni deputati alle feste e all’accoglienza degli ospiti più illustri Luca Cambiaso, Giovan Battista Castello, Ottavio Semino, in pratica i migliori rappresentati della scuola genovese del XVI secolo, mentre la scenografia architettonica classicheggiante fu opera di Galeazzo Alessi. Se il ninfeo sottostante non è accessibile, il giardino che affacciava sulla Valle del Bisagno ha mantenuto il fascino del periodo in cui vi passeggiava Dickens, affascinato dalle storie di Apollo e Diana che prorompono dalle pareti così come dalla forza delle magnolie. Charles vedeva anche le cupole della Basilica di Santa Maria Assunta e magari si affacciava dallo spioncino dell’affusolata torretta che pare un minareto, per vedere le navi in arrivo.
Un altro luogo ottocentesco dal fascino immutato è il Parco di Villetta Di Negro che tra alberi secolari e vasche di pesci cela un piccolo tesoro quale il Museo di arte orientale: in pratica è come d’improvviso ritrovassi nell’Estremo Oriente perché l’edificio in stile razionalista, disegnato da Mario Labò su tre piani collegati da scale addossate alle pareti che lasciano aperto lo spazio centrale, manifesta una levità propria di un ryokan. Soprattutto, la collezione di statue, guerrieri, armi donata dall’incisore Edoardo Chiossone, attivo anche presso la corte dell’Imperatore del Sol Levante, colpisce per la finezza dei dettagli e valenza culturale: adesso, inoltre, sono esposte stampe originali dedicate al vento e agli aquiloni, i cui autori sono niente meno che Hokusai e Hiroshige. Al Castello D’Albertis, Museo delle Culture del Mondo, si possono ammirare da vicino proprio quegli oggetti in carta, gli aquiloni, che il popolo giapponese ha sempre adorato far muovere nel vento.

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