REGNO UNITO

Che cosa cambia per Brexit dopo lo stop della Corte suprema

Epa

3' di lettura

Il Parlamento britannico è sovrano e deve avere l'ultima parola su Brexit. La Corte Suprema ieri ha pronunciato la sua sentenza: i deputati di Westminster devono essere consultati sui tempi e modi dell'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea. Il giudice David Neuberger, presidente della Corte Suprema, stamani ha dichiarato che «il Governo non può invocare l'articolo 50 senza l’approvazione del Parlamento» perché altrimenti sarebbe «una violazione della Costituzione» rispettata da secoli. Che cosa comporta questa decisione per tempi e modalità dell’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea? Ecco alcune risposte.

I giudici hanno ignorato la decisione degli elettori?
Nel referendum del 23 giugno scorso la maggioranza dei cittadini britannici (il 52% contro il 48%) si è espressa a favore dell'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea. Scelta che non viene naturalmente messa in discussione, anche se la via d'uscita dalla Ue si allunga. Secondo la Corte Suprema, tuttavia, sarebbe incostituzionale dare applicazione all'esito del referendum - invocando l'articolo 50 del Trattato di Lisbona del 2009, che consente a un Paese membro di lasciare la Ue - senza una consultazione e un voto del Parlamento.

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È ora possibile fermare Brexit? Qual è la posizione dei partiti?
La decisione della Corte porta ora il processo Brexit all'esame dei deputati, che prima del 23 giugno erano in grande maggioranza contrari a lasciare la Ue: 480 nella House of Commons contro 150 favorevoli a Brexit, con la House of Lords - i cui membri vengono nominati, non eletti - in maggioranza favorevole a restare. Ora, tuttavia, per i deputati non sarebbe semplice ignorare il parere degli elettori, e non sembra che il fronte deciso a fermare Brexit possa contare sui voti sufficienti.Il partito laburista di Jeremy Corbyn, all'opposizione, afferma di non voler bloccare Brexit, anche se cercherà di modificare i termini che il Governo May vorrebbe stabilire: negoziando per avere pieno accesso al mercato unico, e per garantire i diritti dei lavoratori. Secondo i media britannici, nella Camera dei Comuni 80 deputati laburisti sono però pronti a ignorare Corbyn e a votare contro l'articolo 50. Anche il piccolo partito Liberaldemocratico è determinato a opporsi a Brexit, se il governo non accetterà di indire un secondo referendum sull'accordo finale.

Cosa farà ora il Governo?
Secondo il Governo, la decisione dei giudici non cambierà in alcun modo la strada di Brexit né i suoi tempi: «Il Regno Unito lascerà l'Unione Europea», ha sentenziato il portavoce David Davis. Il proposito di Theresa May è invocare l'articolo 50 entro la fine di marzo, ma rispettare questa scadenza sembra ora meno facile. Il Governo dovrà presentare nei prossimi giorni un disegno di legge che, verosimilmente, i deputati contrari a Brexit cercheranno di emendare, ammorbidendo i termini del futuro legame con la Ue. Approvando la legge, Westminster darà al Governo il potere legale di invocare l'articolo 50 .

I Parlamenti di Scozia, Galles e Irlanda del Nord hanno voce in capitolo su Brexit?
No, la Corte Suprema ha stabilito che il Governo May non ha bisogno dell'approvazione delle assemblee della “devolution” per invocare l'articolo 50. In questo la strada di Theresa May è stata sgombrata da un potenziale grosso ostacolo. E tuttavia lo Scottish National Party, che a Westminster conta 54 deputati , ha preannunciato la presentazione di 50 emendamenti, allungando e complicando il processo. Mentre la sua leader, Nicola Sturgeon, è tornata a parlare di un secondo referendum sull'indipendenza: nel referendum la maggioranza degli scozzesi ha votato per restare nella Ue.

Sarà dunque “hard” o “soft” Brexit?
Theresa May ha presentato un piano in 12 punti che rinuncia al mercato unico europeo per concentrarsi su una serie di accordi commerciali a livello globale: la cosiddetto hard Brexit. E ora diversi imprenditori e sostenitori della campagna Remain sperano che il Parlamento costringa la premier a riprendere in considerazione la partecipazione al mercato unico europeo.

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