Cherry Bank punta la bussola verso sud
Per l’istituto veneto la possibilità di raddoppiare con l’acquisizione della Banca Popolare Valconca che può contare su 17 sportelli in Emilia-Romagna
di Paolo Paronetto
4' di lettura
Il primo “vero” bilancio chiuso in decisa crescita e ora la possibilità di raddoppiare in un solo colpo le dimensioni con l’acquisizione della Banca Popolare Valconca. Per Cherry Bank, l’istituto veneto nato circa un anno e mezzo fa dalla fusione tra la Cherry 106 dell’amministratore delegato Giovanni Bossi e il Banco delle Tre Venezie, il 2023 si prospetta come un nuovo possibile momento di svolta.
Lo scorso esercizio si è chiuso con un utile netto di 10,9 milioni rispetto alla perdita pro forma di 756mila euro del 2021, con un margine di intermediazione pari a 54,1 milioni, in aumento dell’81,5 per cento. Sul fronte degli aggregati patrimoniali, gli impieghi netti verso imprese sono saliti del 3,8% a 478,8 milioni e i crediti Npl acquistati sono pari a 61,2 milioni (+36%), per un valore lordo di libro di 3,8 miliardi, mentre la raccolta ha raggiunto i 987,3 milioni (+4,7%) con raccolta diretta da clientela a 670,1 milioni e istituzionale a 317,2 milioni (+28%). «Siamo molto soddisfatti – commenta Bossi -, siamo molto contenti anche perché il Roe, il ritorno sul capitale della banca, è del 22,18% e per i soci si tratta di un ritorno importante. Il mantra – precisa – è che il Roe deve essere sempre superiore al costo del capitale, altrimenti con la gestione si sta distruggendo ricchezza: è un elemento a cui prestiamo molta attenzione». Il cda ha deciso di destinare l’utile integralmente a riserva, «in coerenza con il percorso di rafforzamento patrimoniale della banca» che ha portato il coefficiente Cet 1 al 14,34%, in crescita di 124 punti base rispetto al 2021 e superiore di 89 punti ai limiti regolamentari. «Vogliamo potenziare il patrimonio della banca in generale, anche perché pensiamo di avere la possibilità di continuare a investire questo patrimonio con i rendimenti che abbiamo ottenuto – rivendica Bossi -. Finché riusciamo a consegnare agli azionisti rendimenti di questo tipo è ragionevole che il capitale resti in casa». Rafforzare il capitale regolamentare può tornare utile anche in caso di una nuova crescita per linee esterne, che Cherry Bank ha messo nel mirino presentando un’offerta vincolante per la Banca Popolare Valconca in amministrazione straordinaria. La proposta ha convinto i commissari a concedere l’esclusiva: «Nulla è ancora deciso, ma entro maggio dovremmo chiudere un accordo quadro con l’amministrazione straordinaria e, se tutto andrà bene, potremo arrivare a una conclusione entro l'anno», spiega Bossi. Valconca è una banca Spa con un azionariato molto frazionato composto da circa 4.800 soci, nessuno dei quali con quote rilevanti. «È presente sul territorio emiliano-romagnolo e ha dimensioni che sono fondamentalmente comparabili con quelle di Cherry Bank, quindi per noi vorrebbe dire raddoppiare i volumi», rileva il manager. Il salto dimensionale sarebbe rilevante: Cherry al momento ha 5 filiali a Verona, Vicenza, Padova, Mestre e Treviso, oltre a sedi a Milano e Roma e la recente apertura a Ferrara dedicata al wealth management, mentre Valconca può contare su una rete più tradizionale di 17 sportelli.
«Non prevediamo alcun impatto dal punto di vista né occupazionale né della presenza territoriale della banca, non c’è bisogno di toccare niente», rassicura Bossi, spiegando che le filiali sono «su un territorio sano con una buona base di impieghi e raccolta bancaria e l’attività tradizionale ci interessa molto». «L’abbiamo guardata a lungo ed è una buona opportunità», è il verdetto di Bossi sull’istituto romagnolo che conta «una presenza territoriale consolidata, una storia che deve essere valorizzata». Nel 2023 la crescita di Cherry proseguirà comunque anche lungo le direttrici che ne hanno guidato fin qui lo sviluppo e in particolare nel settore degli Npl, nella cosiddetta “green evolution”, che riguarda tra le altre cose i crediti fiscali legati a bonus e superbonus, e nella banca tradizionale, la “relationship bank” nel Triveneto. Di recente l’istituto ha annunciato anche l’intenzione di sviluppare l’attività di gestione, lanciando la divisione “Alternative Investments”. «Abbiamo una capacità di selezionare investimenti che è superiore alla nostra capacità finanziaria», illustra Bossi, «quindi abbiamo pensato di aprire la possibilità di investire insieme alla banca, di aprire a capitali privati che desiderino affiancarsi a noi nei settori in cui abbiamo più competenze e nel sostegno a imprese che abbiano buoni business model ma una struttura finanziaria difficile». In attesa di novità sul fronte Valconca, Cherry conferma quindi ed estende la propria strategia, senza timori legati alle recenti crisi bancarie internazionali («Certamente con la vigilanza Bce non sarebbe potuta accadere né la crisi di Silicon Valley Bank né quella del Credit Suisse – assicura Bossi -. Oggi la Vigilanza sulle banche in Europa ha gli anticorpi per evitare che cose di questo tipo accadano ancora») e mantiene la Borsa all’orizzonte del proprio percorso: «È una cosa possibile, forse anche auspicata, però non è nel prossimo futuro – conclude Bossi -. Siamo certamente troppo piccoli, dobbiamo ancora crescere, sia per linee interne che esterne».
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