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Chery (Stm): «La creatività dell’elettronica riparte da manager-imprenditori»

di Luca De Biase

5' di lettura

«Io amo il carburo di silicio!» sorride Jean-Marc Chery: «Anche perché è un po’ la sintesi dell’identità della StMicroelectronics: design e manifattura di elettronica, innovazione nei materiali, architettura di tecnologie che abilitano i clienti a cogliere le opportunità offerte dal mondo digitale per differenziarsi dalla concorrenza».

Il nuovo amministratore delegato del gigante elettronico italo-francese concede al Sole 24 Ore la sua prima intervista italiana da leader dell’azienda. Anche se da piccolo avrebbe voluto fare il calciatore ed è diventato ingegnere per volontà del padre, alla fine è felice di aver dedicato la vita alla Stm, fin da prima che si chiamasse così: era entrato nel 1986 alla Thomson Semiconducteurs, l’azienda francese che unendosi con l’italiana Sgs avrebbe dato vita appunto alla Stm e che sotto la guida di Pasquale Pistorio avrebbe scalato le classifiche mondiali nel mondo ipercompetitivo della microelettronica.

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Quindi non stupisce che, tanto per rompere il ghiaccio, invece di parlare del tempo che fa a Parigi, Chery preferisca chiacchierare simpaticamente della nuova frontiera del mondo dell’elettronica, che la sua azienda esplora in modo attento: il carburo di silicio, un materiale affascinante, che si trova talvolta nei residui di meteoriti e che è prodotto artificialmente in quantità crescenti perché ha interessanti proprietà, tra le quali un’elevata capacità di limitare la dispersione di energia elettrica. «Sarà importantissimo per esempio per i veicoli elettrici che hanno bisogno di autonomia e ottimizzazione delle batterie». E se a questa osservazione segue una domanda sull’applicazione dello stesso concetto agli aerei elettrici pensati da Airbus, Chery si illumina: «Conosce questi progetti? Ci vorrà qualche anno, mi dicono. Ma sarà una straordinaria opportunità per le batterie destinate agli aerei per i viaggi a corto raggio. A lungo raggio invece si userà probabilmente l’idrogeno».

La Stm è un’azienda che continua a innovare. Nel tempo si è dovuta adattare ai cambiamenti del mercato, per esempio, riducendo l’impegno nella produzione di memorie o di chip per cellulari, ma creando incessantemente nuovi business, come quello dei sensori e dei microcontrollori per l’internet delle cose e l’industria 4.0. Con 8,35 miliardi di dollari di fatturato 2017 e 45 mila dipendenti, 7.400 dei quali impegnati in ricerca e sviliuppo, si è trovata ad affrontare un cambiamento di mercato epocale: se un tempo poteva concentrarsi su un ristretto numero di enormi clienti - con al centro la Nokia ai tempi della sua grande dominanza nei cellulari -, oggi serve oltre 100mila clienti nel vasto ecosistema dell’internet delle cose. E questa è una plastica dimostrazione di come l’elettronica stia entrando in sempre nuovi settori, modificando i prodotti e le produzioni, le funzioni e le connessioni.

Sicché, non avendo un controllo stabile su alcuni prodotti che stanno nel cuore tradizionale dell’elettronica, come riesce per esempio all’Intel nei microprocessori per i personal computer, la Stm inventa e serve il mercato che si sviluppa ai margini innovativi del mondo digitale, per conquistarne quote in anticipo sulla concorrenza.

Un esempio? Stm ha saputo intercettare il boom dei sensori per le immagini, dovuto anche ai dispositivi che riconoscono il proprietario inquadrandolo con la loro telecamera, e ne ha fatto in pochi anni un business da un miliardo di dollari.

E il carburo di silicio è potenzialmente la prossima frontiera: «Sarà un mercato da 3 miliardi di dollari e noi intendiamo conquistarne almeno un terzo» dice Chery. Nelle intenzioni di Chery c’è l’idea ambiziosa di portare il fatturato della Stm verso i 12 miliardi di dollari in qualche anno, puntando sulla crescita dell’automobile elettrica e di tutti i prodotti che avranno bisogno di rendere più efficiente la gestione dell’energia.

C’è del metodo in questa forma di gestione aziendale: ed è necessario perché i risultati della Stm non siano estemporanei ma emergano come conseguenza prevedibile di uno stile di impresa. «Il nostro mondo è guidato da due assi: da una parte, c’è la spinta dell’ingegneria che sviluppa la potenza e la complessità dei prodotti elettronici; dall’altra parte, c’è l’approccio filosofico che allinea le nostre attività con quelle dei clienti, per consentire a loro di innovare e a noi di essere pronti con i prodotti giusti al momento giusto». Per questo la Stm è organizzata, dice Chery, come un abilitatore di innovazione: «I nostri manager sono come imprenditori. La Stm li finanzia con i mezzi propri generati col fatturato. Del resto, ci sono troppi rischi nel nostro business per andare a debito». Per questo, è necessario investire fortemente in ricerca, riservare una pragmatica attenzione ai nuovi business, abbandonare i comparti meno promettenti anche se tecnicamente importanti.

Ma c’è anche qualcosa che deve cambiare, ora che Chery è il leader dell’azienda? «Il mercato cambia e noi con il mercato, ovviamente», dice. «Dobbiamo assumere nuovi cervelli, per stare al passo con i temi dell’automobile, dell’intelligenza artificiale, dell’internet delle cose, dei big data. Per assumere i millennials nelle funzioni di design e ingegneria, con preparazione forte anche dal punto di vista matematico e filosofico, e per attirare un maggior numero di donne, dobbiamo ispirarci allo spirito delle grandi aziende americane: il nostro ambiente di lavoro deve diventare più attraente, meno pesante. Siamo reattivi nella tecnologia ma non nello stile. E poi abbiamo processi di business da adattare ai nostri nuovi clienti che - come nell’automobile o nelle macchine per la produzione industriale - hanno bisogno di un altissimo livello di qualità e tempi più lunghi. Infine nella manifattura dobbiamo migliorare il collegamento tra ricerca, manifattura e vendita».

Tutto questo per allinearsi a un futuro sempre più esigente. Come si studia il futuro? «Facciamo simulazioni sui mercati e le tecnologie. Costruiamo scenari. Cerchiamo di dimostrare al mercato quello che pensiamo del futuro».

Ma guardare al futuro non è soltanto tentare di prevederlo. «Il futuro è anche quello che vogliamo che sia. E noi siamo un’azienda globale con forti radici europee. Gli europei hanno ancora un ruolo nell'auto, nei robot, negli aerei, nella salute, nell’automazione industriale; lo hanno perso nei computer e negli smartphone. E lavorando perché l'Europa mantenga le sue leadership, intendiamo creare in Europa molti posti di lavoro per persone felici, non depresse. Se si va in America o in Asia si sente un’energia che noi europei dobbiamo recuperare. Noi alla Stm dobbiamo aumentare il gioco di squadra, puntare sulla leadership e il buon esempio».

Per evitare gli errori del passato. Ce ne sono stati. «Per esempio, non abbiamo visto arrivare Netflix e AppleTv, il che ha messo in discussione il nostro business dei set-top-box. Questa volta dobbiamo vedere con il giusto anticipo quello che significa l’elettrificazione dei mezzi di trasporto. Dobbiamo imparare a pensare per linee ingegneristicamente prevedibili ma anche contemporaneamente in modo creativo, per anticipare i trend». Un nuovo spostamento del mercato potrebbe ridurre il peso relativ o del cloud computing? «Molte attività hanno bisogno di intelligenza sul device: l’automobile non può aspettare che le elaborazioni siano fatte in cloud, deve saper decidere con i dati che raccoglie ed elabora sul campo. La raccolta di dati da parte dei device è un’ulteriore fonte di valore».

Tutto questo cambia il lavoro. Ma proprio da una società votata alla digitalizzazione giunge un doppio monito. «La diffusione delle tecnologie elettroniche che si connettono al mondo fisico, con sensoristica sempre più capillare, implica che occorre mantenere vivo il valore educativo degli studi che si occupano di fenomeni analogici. Inoltre, pur nel contesto di un aumento dell’importanza di big data e intelligenza artificiale, con macchine sempre più potenti, ciò che si fa dipende sempre dalla progettualità umana». Tecnologia digitale con valori europei.

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