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Fase 2, chi decide tra Stato e Regioni sulla riapertura delle attività produttive

La Lombardia pensa in un primo tempo di accelerare ma del Governo arriva un deciso altolà. Da giurisprudenza e prassi una risposta sulle competenze

di Nicola Barone

(ANSA)

2' di lettura

Attilio Fontana spinge per una rapida riapertura in Lombardia (con precauzioni) dalla prima data utile. Poi torna sui suoi passi, non pensava alle attività produttive («sono competenza del governo centrale, sottratta a ogni nostra possibile valutazione»). Nel governo serpeggia disappunto per la sortita improvvisa del governatore che in Matteo Salvini ha trovato intanto una sponda («un grande segnale di concretezza e di speranza»). Un punto dirimente è capire chi ha titolo per decidere in materia, e con quali limiti.

Le norme di riferimento
Francesco Boccia, ministro per gli Affari regionali, rimanda nei ranghi un comportamento in solitaria. «Fontana fa parte della cabina di regia nazionale e se vuole fare delle proposte, quello è il luogo istituzionale per farle». In effetti le attività produttive in quanto tali sono un macrosettore nell'ambito del riparto di competenze delineato nell'articolo 117 della Costituzione. Così, se alle Regioni spetta la competenza “residuale” in materia di industria, commercio e artigianato, nelle altre competenze concorrenti, come quelle in materia di commercio estero e sostegno all'innovazione per i settori produttivi, la competenza è condivisa con lo Stato.

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Gli ambiti di sovrapposizione
Tuttavia, proprio per la complessità di un settore così eterogeneo, le interferenze e le sovrapposizioni tra competenze statali e regionali accadono spesso, dal momento che le «attività produttive» toccano in modo non meramente tangenziale anche altre materie affidate alla competenza legislativa esclusiva dello Stato (articolo 117, comma 2, della Costituzione), quali la materia ordinamento civile (in cui rientra la disciplina dell'impresa), la tutela dell'ambiente e la «tutela della concorrenza».

Indirizzo della giurisprudenza
Come fanno notare dei giuristi, in questo senso più volte la stessa Consulta ha sottolineato, proprio nei settori menzionati, inevitabilità di interventi statali e regionali (sentenza n. 354 del 2004 e n. 63 del 2008), non da ultimo perché, anche di fronte all'adozione da parte delle Regioni di leggi di disciplina dei diversi settori che sono talvolta confluite in testi organici, oggi, vi è sempre più la consapevolezza che senza una visione globale, di tipo nazionale, alcun intervento regionale può avere realmente forza.

Quando il governo ha competenza piena
Per questo, anche seguendo la strategia europea, lo Stato, proprio nel rispetto dello schema delineato dal Titolo V della Costituzione, sempre più usa adottare le cosiddette misure “orizzontali”, provvedimenti cioè volti al miglioramento del contesto amministrativo e normativo in cui operano le imprese, piuttosto che dedicarsi specificamente ai settori singolarmente considerati. Questo rende assai semplice evitare conflitti di competenze e consentire, al contrario, dinamiche di complementarietà tra le misure statali e regionali, fondate su una forte e intensa attività di coordinamento e di dialogo, ispirato ai principi di leale collaborazione. Per cui, se il Governo dovesse adottare provvedimenti orizzontali e trasversali la sua competenza è pressoché piena.

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