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Ci faremo guidare dal Grande Mestolo?

Dallo scorso 23 giugno, con il lancio in orbita dell'ultimo satellite (sono in tutto 55), Pechino ha terminato la costruzione di BeiDou. Ora è diventato realtà l’obiettivo di dotarsi di proprio sistema di navigazione satellitare per non dover mai più dipendere dagli stranieri

di Marco Dell'Aguzzo

Al lancio dell'ultimo satellite di BeiDou dalla base di Xichang, Cina

2' di lettura

Nel 1996, durante la terza crisi dello stretto di Formosa, la Cina sparò tre missili in direzione di Taiwan come avvertimento al governo dell'isola. Il primo centrò il bersaglio, degli altri due si persero le tracce. Le forze armate di Pechino diedero la colpa agli Stati Uniti, sostenendo che Washington avesse volontariamente interrotto il segnale GPS: è infatti il governo americano ad aver creato il Global Positioning System e a gestirlo tuttora.

Quell'“indimenticabile umiliazione” – come è stata definita – rafforzò tuttavia un proposito: la Cina si sarebbe dotata, a qualsiasi costo, di un proprio sistema di navigazione satellitare per non dover mai più dipendere dagli stranieri. Dallo scorso 23 giugno, quell'obiettivo è diventato realtà: con il lancio in orbita dell'ultimo satellite (sono in tutto 55), Pechino ha terminato la costruzione di BeiDou.

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Il nome sta per “Grande Mestolo”, un altro appellativo del Gran Carro, e la sua ambizione di alternativa al GPS è globale. Considerata la dimensione raggiunta dalla rivalità Pechino-Washington, l'importanza di BeiDou risulta chiara da subito. Disporre di un sistema di navigazione indipendente permette di tenere al sicuro le comunicazioni sensibili e di scongiurare il rischio di interruzioni del segnale in caso di conflitto.

Se le due superpotenze dovessero davvero arrivare alla guerra, sarà probabilmente nel Pacifico che la combatteranno; e in questa zona, si stima che i servizi di localizzazione di BeiDou siano più accurati di quelli del rivale. Un bel vantaggio, quando si tratta di direzionare un missile. Ma BeiDou possiede un valore strategico più ampio. Da sempre non c'è modo migliore per proiettare potenza che controllare i “nodi”, le connessioni, anche quelle che passano per l'orbita.

Con il macro-progetto commerciale e infrastrutturale della Nuova Via della Seta – che ingloba anche i satelliti, le reti 5G, i cavi di Internet – la Cina mira esattamente a questo: estendere la sua influenza sul mondo, intaccare la centralità degli Stati Uniti e ridisegnare la globalizzazione secondo i propri standard.

In Cina, BeiDou System è disponibile in più del 70 per cento dei telefoni e i suoi servizi – per il monitoraggio del traffico, per esempio – sono stati esportati in centinaia di Paesi. I primi sono stati Thailandia e Pakistan. Anche noi, forse, dovremmo abituarci alla sigla BDS.

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