«Ci sono 3800 segnalazioni di digital divide mobile, comuni montani in difficoltà»
Lo anticipa Marco Bussone, presidente di Uncem
di Simona Rossitto
3' di lettura
(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Ci sono 3800 segnalazioni in comuni montani o zone o frazioni di comuni dove non arriva il segnale mobile. Lo anticipa a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e Digit’Ed, leader nella formazione e nel supporto alla crescita del capitale umano) Marco Bussone, presidente di Uncem (l’Unione nazionale comuni e comunità montane) che già durante la pandemia aveva denunciato il digital divide mobile che affligge queste zone del Paese. In passato Bussone aveva parlato di 1.220 comuni dove si segnalavano difficoltà di ricezione in una o più zone; ora, nonostante i piani Bul e il Pnrr, il numero è salito a 3.800.
Presidente Bussone, come si spiega l’aumento delle segnalazioni?
Abbiamo recentemente aggiornato la mappatura, che presenteremo a breve, e che nasce da segnalazioni dal basso ( e non ha quindi presunzione di validità scientifica) ed è fatta sulla base della divulgazione dell’opportunità di rispondere. Più forte è la rete e più aumenta la potenzialità di risposte. Al netto di ciò, la situazione negli ultimi tre anni, ovvero dall’inizio della pandemia di covid, non è migliorata. Evidentemente non abbiamo capito alcune cose. Ci sono problemi di accesso ai segnali, ai servizi. Non siamo intervenuti nel modo giusto, gli investimenti fatti non sono stati adeguati e i piani legati al Bul o agli investimenti sul 5G previsti dal Pnrr ancora devono partire, sono in grande ritardo. La conseguenza è che noi abbiamo visto aumentare e crescere il divario digitale che fa soffrire le aree montane.
Come si può porre rimedio ai ritardi?
Bisogna parlare con i sindaci per definire dove e come investire per quanto riguarda in particolare la fibra ottica ma anche per decidere dove far arrivare i segnali 5G. Occorre che gli operatori realizzino un piano più dettagliato, facciano capire che cosa si sta sviluppando, rendendo più evidenti le opportunità. Non sempre sindaci e amministratori capiscono, infatti, quello che si va realizzando. Per quanto riguarda la banda ultra larga, in particolare, i progetti di scavo venivano fatti dall’alto, senza coinvolgere il territorio. Ci sono ancora comuni che neanche sanno che stanno arrivando gli operai a scavare visto che i permessi sono stati gestiti a livello regionale con convenzioni-tipo firmate dai comuni che non sono stati poi consultati.
Per le torri del 5G, invece, si registra una lentezza, denunciata ad esempio da Inwit, della risposta dei comuni, come mai?
Per le antenne, in effetti, c’è una serie di problemi legati alle autorizzazioni e il processo è molto complicato. Ci sono comuni, soprintendenze che a volte mettono troppi paletti, vogliono avere più garanzie per la sicurezza pubblica. Noi come Uncem spingiamo affinché le antenne vengano fatte per il 5G, o per il 4G nelle zone dove non arriva neanche questa tecnologia. Per la fibra ottica i nuovi piani vanno condivisi con l’ente comune, altrimenti si rischia fallimento. Portando la fibra in case disabitate o dove già si sa che non ci sarà mai un insediamento, non bisogna poi restare stupiti poiché non si incrocia mai la domanda e l’offerta.
Sulle antenne avete siglato un’ìntesa con Inwit, qual è l’obiettivo?
L’intesa con Inwit vuole abbattere la burocrazia e condividere con gli enti locali progetti, opportunità, nuovi impianti. Inwit ha ragione nel dire che ci sono comuni che hanno opposto dei no, dove magari il sindaco è assediato dai comitati, vuol dire che bisogna condividere di più. Occorre spiegare ai sindaci perplessi che il 5G non è un danno per l’uomo e per l’ambiente. Dobbiamo farlo assieme, spiegare, raccontare. Non risolveremo mai il divario digitale calando dall’alto delle progettualità che funzionano solo se i territori sono coinvolti e protagonisti. E’ un’operazione di tutto lo Stato.
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