Ci sono panni che sarebbe meglio lavare in famiglia
Una settimana intensa, quella scorsa, per la Bce, con ben tre esternazioni di esponenti dell’esecutivo sull’argomento scottante del momento: la politica monetaria. Poteva essere l’occasione per chiarire i dubbi sollevati dalle recenti dichiarazioni della Presidente, Christine Lagarde
di Ignazio Angeloni
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Una settimana intensa, quella scorsa, per la Bce, con ben tre esternazioni di esponenti dell’esecutivo sull’argomento scottante del momento: la politica monetaria. Poteva essere l’occasione per chiarire i dubbi sollevati dalle recenti dichiarazioni della Presidente, Christine Lagarde. Non è stato così. Si sono invece confermate le divisioni che esistono in questo momento all’interno della banca centrale.
Primo per competenza ha parlato il capo economista, Philip Lane. Ex governatore della Central Bank of Ireland, accademico doc, allineato con la tradizione monetaria moderata del suo Paese, è lui che sovraintende all’analisi economica nella banca centrale. Lane ha meticolosamente passato in rassegna modelli analitici e dati statistici, spiegato cosa essi dicono sull’intonazione della politica monetaria e sui suoi effetti sull’inflazione. Ha detto che quella attuale è la più intensa e rapida restrizione che si ricordi nella storia della Bce. Alcuni effetti si sono già visti, mentre altri devono ancora verificarsi. Ha infine confermato l’approccio attuale che consiste nel rialzare i tassi riunione dopo riunione, basandosi sui dati che si rendono disponibili.
Quasi contemporaneamente alla lectio magistralis di Lane, ha parlato il membro di nazionalità italiana, Fabio Panetta. Sulla stessa base analitica ha enfatizzato invece l’incertezza insita nel momento attuale, la difficoltà di interpretare il momento congiunturale (recessione o no?) nella fase di uscita dalla pandemia e dalle strozzature dell’offerta che ne sono seguite. Ha detto che incertezza suggerisce prudenza. Annunciare aumenti dei tassi equivale a «guidare a fari spenti nella notte». Alcuni osservatori ne hanno colto un attacco alla Presidente Lagarde, che nell’ultima conferenza stampa ha fatto proprio questo, annunciando l’intenzione di aumentare i tassi a marzo.
È ben noto che analisi e dati economici possono essere variamente interpretati: da qui il valore del dibattito che precede ogni decisione. Proprio per questo la politica monetaria è affidata a un comitato, anziché a un dittatore che decide in solitudine. Quello che i due interventi non dicono è che i modelli della banca centrale, elaborati in un periodo in cui l’inflazione era assente, sono gli stessi che dicevano un anno e mezzo fa che i prezzi non sarebbero cresciuti. E che la restrizione attuale è particolarmente intensa e rapida proprio per quella sottovalutazione iniziale e per il ritardo di reazione che ne è seguito. Infine, che il livello dei tassi di interesse a breve e medio termine – quelli che contano per famiglie e imprese – sono tuttora bassi o addirittura negativi in termini reali – al netto cioè di un’inflazione attesa che la stessa Bce stima al 5,9% per il 2023 e al 2,7% nel 2024.
Il terzo sasso nello stagno è stato lanciato da Isabel Schnabel, professoressa tedesca oggi responsabile del lato operativo della politica monetaria. In ciò che è suonato come l’affermazione della linea monetaria più rigida, Schnabel ha enfatizzato dati che mostrano che l’inflazione è ancora in corso; se l’è presa coi salari che reagiscono al carovita (ma come potrebbe essere altrimenti?); ha concluso che l’approccio graduale, “riunione dopo riunione”, sostenuto da Lane, è compatibile col preannuncio dei tassi, la cosa criticata da Panetta.
Una bella confusione. A uscirne potrebbe aiutare il fatto che, come accennato proprio da Schnabel, la Bce deve rivedere le procedure di intervento. In parole povere deve decidere cosa fare dell’enorme quantità di titoli di Stato che ha in bilancio e dell’altrettanto enorme liquidità creata. Un’opzione è quella di accelerare la riduzione di entrambi, tornando alla situazione pre-crisi in cui le banche erano in deficit strutturale di liquidità. Col duplice vantaggio di favorire il funzionamento del mercato dei titoli e di allentare anche le tensioni sui tassi. Per facilitare l’assorbimento dei titoli la Bce potrebbe tenere più basso il tasso sui depositi delle banche, parametro che oggi guida l’aumento dei tassi.
In definitiva, le dialettiche dei banchieri centrali non sono un male se aiutano l’escussione delle evidenze e portano a decisioni più consapevoli. Colpisce però il fatto che i tre abbiano portato il loro dissenso in pubblico, facendo leva sull’opinione pubblica e magari politica per far valere i propri punti. Addirittura fuori dalla zona euro: un’intervista a un’agenzia di stampa americana e due discorsi a Londra. I panni andrebbero lavati in famiglia, dice un proverbio italiano. Che esiste anche in inglese e in tedesco.
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