ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùLa proposta Calderoli

Ci vuole un cantiere per le modifiche sulle autonomie

La proposta di legge presentata fra tante critiche dal Ministro Calderoli per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario, in realtà è una rivisitazione generale dell’assetto dei poteri all’interno della Repubblica e non una attuazione di un principio Costituzionale introdotto con la riforma del titolo V

di Angelo Rughetti

Roberto Calderoli (Ansa)

3' di lettura

La proposta di legge presentata fra tante critiche dal Ministro Calderoli per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario, in realtà è una rivisitazione generale dell’assetto dei poteri all’interno della Repubblica e non una attuazione di un principio Costituzionale introdotto con la riforma del titolo V. Il rischio segnalato da molti è che con questa riforma si metta in discussione l’art.3 della Costituzione che attribuisce alla Repubblica «il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”. In altre parole, la Costituzione sembra dire che i diritti civili, economici e sociali devono essere resi esigibili e quindi non solo riconosciuti ma convertiti in status, servizi pubblici, prestazioni e garanzie dagli enti che costituiscono la Repubblica (114) secondo l’assetto dei poteri indicato dalla Costituzione stessa (116, 117, 118 e 119). E quindi se si altera questo equilibrio in modo generale ed astratto si rischia di mettere in discussione la stessa eguaglianza sostanziale fra i cittadini. Tesi questa confermata dalla versione originale dell’art.116 che prevedeva una limitata deroga di autonomia in favore di alcune Regioni giustificata da motivazioni storiche e comunitarie e non dalla volontà di togliere alcuni compiti allo Stato (che si occupa di tutti) per darli ad alcune Regioni (che si occupano di alcuni).

Le regole costituzionali sono garanzia della coesione sociale della Nazione. Rappresentano un equilibrio che prima che normativo è comunitario in quanto hanno una loro forza non solo nel valore formale ma soprattutto nella loro credibilità perché sono riconosciute da tutte le persone che ne fanno parte. Rompere lo schema Costituzionale solo per motivazioni “pragmatiche” rischia di compromettere la coesione sociale andando oltre le previsioni della stessa Costituzione. L’art.116 al terzo comma ha esteso alle altre Regioni diverse da quelle a statuto speciale, la possibilità di richiedere ulteriori forme di autonomia.

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In sostanza la Costituzione afferma due principi cardine: la regola dell’art.117 e l’eccezione del 116 terzo comma. Se questa seconda diventa una nuova regola in base ad una legge generale ed astratta ecco che il gioco è fatto: non si è più in presenza di una nuova, parziale e momentanea distribuzione dei poteri fra due enti costitutivi della Repubblica, ma si sta definendo un nuovo regionalismo non previsto dalla Costituzione vigente per costruire il quale, eventualmente, si deve usare la procedura rafforzata dell’art.138. In questo ragionamento il ruolo dei Livelli Essenziali delle Prestazioni è fondamentale. La proposta Calderoli prevede che essi possano essere definiti con un atto amministrativo modificabile con una procedura semplice. Questo è un rischio molto elevato perché assegnerebbe al Governo di turno e senza coinvolgere pienamente il Parlamento il potere di cambiare delle regole che sono la base dell’eguaglianza sostanziale fra i cittadini.

Altro aspetto riguarda l’iniziativa legislativa e anche questa non è una questione giuridica ma fortemente politica. Se fosse approvata una nuova intesa ex art.116 per attribuire maggiori poteri e maggiori risorse ad una Regione vorrebbe dire sottrarre al Parlamento il potere di legiferare sui temi oggetto dell’intesa e in quell’ambito territoriale. In sostanza è il Parlamento che rinuncia ad una fetta del proprio potere. Di conseguenza deve essere il Parlamento a decidere e fuori da una logica di maggioranza politica se e come riconoscere questa maggiore autonomia. Ciò dovrebbe portare i Presidenti delle Camere ad individuare congiuntamente le modalità per giungere alla intesa con un ruolo del Governo di supporto e garanzia, mentre nella proposta di legge del Ministro Calderoli il rapporto fr Governo e Parlamento è ribaltato. Anche qui contro la previsione costituzionale perché mentre un governo potrebbe essere comporto solo da Ministri di una Regione, il Parlamento è composto da rappresentanti di tutti i territori. Questo è un punto di equilibrio ed uno dei modi attraverso il quale si determina e si rafforza l’elemento comunitario che è alla base della coesione sociale. Sembra che la proposta Calderoli voglia rivedere il sistema di organizzazione dei poteri fra centro e territorio. Io penso che questo obiettivo possa essere condiviso perché questi anni di vigenza della nostra Costituzione ci hanno mostrato vari punti di inefficienza. Andrebbe fatta una valutazione più puntuale e sulla base di essa operare correzioni chiare usando però la formula della revisione indicata nell’art.138 che prendano in considerazione anche le modalità di compartecipazione dei territori alla formazione della legge, il ruolo delle città, i poteri sostitutivi e le modalità di analisi e rendicontazione dei servizi erogati ai cittadini. Insomma, non basta una scorciatoia ma serve un cantiere.

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