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Cibleo: Picchi porta a tavola Giappone, Italia e Corea

di Leonardo Romanelli

3' di lettura

38 e non sentirli: da quando Fabio Picchi ha aperto il Cibreo tanti sono gli anni passati e quel pezzo di quartiere di Sant'Ambrogio, dove il ristorante è vivo e vegeto, potrebbe tranquillamente prendere il nome di Villaggio Picchi, considerando che ora sono coinvolti nell'impresa familiare anche i figli, in un gruppo che comprende il ristorante, la trattoria, il Caffè e l'ultimo nato, il Cibleo. Minuscolo locale di 16 posti, 8 dei quali al bancone, dove il gioco è quello di mescolare ingredienti italiani a cotture e preparazioni orientali, con chiare influenze nipponiche e coreane, anche se non è escluso a priori che ci siano altri esperimenti che vadano in quella direzione.

Conviene andarci a breve, con ancora il titolare ai fornelli, mentre lo assistono la cuoca coreana, precedentemente nelle cucine del Cibreo , ed il sous chef giapponese, ci sarà il tempo che vi spieghi lui stesso l'idea che lo ha portato ad aprirlo . Come la definisce lo stesso Picchi, la sua è stata una vera rivoluzione: «Tutti hanno cuochi giapponesi in cucina, la differenza è che io li faccio conoscere». E in effetti tanti giapponesi che sono rimasti in Italia, hanno aperto ristoranti di cucina nazionale, in Oriente se tornano propongono sempre cucina italiana, l'occasione di cucinare una fusion di alto livello non era mai stata considerata.

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Due menù degustazione

Il locale è arredato con tanto legno, due tavoli, uno da 4 persone ed uno da 2, altrimenti al banco a contatto con la cucina, turni di prenotazione dove si inizia alle sette di sera a proporre due linee di menu degustazione, uno a 40 e l'altro a 50 euro ma, terminato il periodo di rodaggio, arriveranno anche piatti alla carta. Il servizio per chi siede al bancone è modello giapponese, è il cuoco che porge la sequela ininterrotta di piattini, che marciano ad un ritmo regolare veloce ma non ossessivo. Sul vino la scelta è limitatissima, altrimenti tre sakè sono a disposizione, oppure tè. Poi ci si affida, a scoprire questo connubio dove i territori toscani che producono cose buone sono mescolati alla salsa di soia ed altre preparazioni che profumano di Asia, a formare un nuovo gusto, che si riassume con una parola: divertente.

Un mix inaspettato

Al primo piato di entrata ci si trova 4 assaggi : Aglio nero, dal gusto prolungato e avvolgente, alghe e zucca, collo di pollo, cavallo di battaglia del Cibreo, con sopra salsa wasabi e sesamo , quindi insalata di soprassata e patate con sesamo e già qui una prima idea di intensità di profumi è possibile farsela. Poi il piatto forse meno coinvolgente, tofu con mela del Trentino anacardi sesamo e soia, piacevole nelle consistenze, meno nel sapore; a seguire invitanti cozze con agretti limone wasabi e pepe di Caienna. Dopo tanti stimoli, arriva il riposo palatale, sotto forma di panino giapponese ma riempito con prosciutto cotto e salsa agrodolce, quasi un comfort food; quello a seguire è un pezzo da Novanta, il fegato alla coreana in foglia, ricco e succulento. Pausa italiana: tortello di patate e castagne e penne fatte a mano con olio e parmigiano, quindi si ricomincia con il mix: tre ravioli cotti al vapore con spinaci, maiale del Casentino e aglio fresco , pollo del Mugello e ginger. Spazio ancora ad un raviolo più grande, piastrato, con soia affumicata, e poi si arriva al finale, con riso tiepido con pollo del Mugello alla giapponese. La chiusura dolce unisce ancora le due culture con bavarese con salsa di soia soba e sakè. Una cucina che tiene allegri senza appesantire, in attesa del nuovo progetto della banda Picchi che aprirà,sempre a due passi, a marzo il C.bio, sorta di negozio di vendita oltre ad una macelleria nel mercato. Perché C.bio? cibo buono italiano onesto. Siamo solo all'inizio.

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