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Cibo a base di insetti, un italiano su tre è disposto ad acquistarlo

Il dato in un’indagine dell’Università di Bergamo Secondo le aziende del settore, entro il 2025 la produzione raggiungerà 90mila tonnellate

di Manuela Soressi

(nito - stock.adobe.com)

3' di lettura

La curiosità alimentare, il desiderio di fare sperimentazioni gastronomiche e, probabilmente anche il buzz provocato dall’arrivo in commercio dei primi prodotti alimentari che li contengono, ha giovato al mondo degli insetti commestibili: diversamente che in passato, oggi un italiano su tre si dichiara disposto ad acquistare alimenti che li contengono, come rivela un'indagine condotta dall’Università di Bergamo, la prima a profilare i consumatori su questo tema e a individuare quel 30% di nostri connazionali che si dichiarano entomofagi.

Un risultato che apre la strada allo sviluppo di questi novel food (così gli insetti sono classificati nella normativa europea) e alla crescita di un nuovo settore produttivo dell’industria alimentare. Già negli ultimi quattro anni – quelli successivi all’entrata in vigore del regolamento europeo che ha concesso di allevare insetti e di introdurli sul mercato anche sotto forma di farine destinate all’alimentazione umana – il settore ha attirato oltre un miliardo di euro di investimenti ed è arrivato a un migliaio di tonnellate di produzione, destinati sia al settore mangimistico sia a quello alimentare.

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Un business in forte crescita

Ma, secondo le stime dell'Ipiff (l’organizzazione no-profit che rappresenta gli interessi del settore dei produttori di insetti) entro il 2025 la produzione raggiungerà le 90mila tonnellate (360mila entro il 2030) potendo contare su 3 miliardi di euro di investimenti, erogati anche da nuovi grandi player, destinati a cambiare i “connotati” del settore.

Infatti, nella fase pioneristica a puntare su questi novel food sono state soprattutto delle start up e si sono occupate principalmente della fase finale, ossia della trasformazione e commercializzazione di novel food a base di insetti commestibili. Oggi rappresentano il 36% delle aziende contro il 28% di quelle che seguono tutta la filiera, a partire dall’allevamento.
In questo settore sono poi arrivate anche aziende più grandi e con business importanti alle spalle, come il petfood. Ad attrarle sono state le potenzialità di questo business, che ha un passato breve ma, sembrerebbe, un futuro lungo con vendite in crescita, che, a livello mondiale, entro il 2026 supereranno i 1.500 milioni di dollari contro i 112 milioni del 2019 (fonte Global Market Insights).

Il sostegno della Ue

Se le riforme introdotte finora a livello comunitario hanno contribuito ad avviare questo settore, a farlo crescere saranno le mosse successive della Ue, che non nasconde l’intenzione di puntare ancora di più sugli insetti. Da un lato per contribuire a ridurre la dipendenza dalle materie prime per la produzione di mangimi e fertilizzanti. E dall’altro per massimizzare il contributo del settore degli insetti nella sostenibilità alimentare e l’economia circolare (ad esempio, definendo standard europei per consentire il commercio di escrementi di insetti come fertilizzanti).

Italia in ritardo?

In questo dinamico scenario l’Italia finora è stata poco presente. «Eppure gli insetti commestibili possono essere un’opportunità per innovare il settore e per creare valore nella filiera agroalimentare dei novel food made in Italy», sottolinea Carlotta Totaro Fila, fondatrice di Alia Insect Farm, start up agricola di R&S nei novel food a filiera corta e 100% made in Italy, pronta a presentare un dossier scientifico alla Commissione Europea per ottenere l'autorizzazione alla vendita dei suoi prodotti.

«La maestria italiana nel realizzare alimenti dal gusto eccellente e nel garantire la sicurezza alimentare – continua – permetteranno di aprire interessanti prospettive per tutto il comparto agroalimentare italiano. Introducendo le quantità consentite di polvere di grillo in prodotti comuni (come pane, pizza e snack) e dichiarandolo in modo chiaro in etichetta, possiamo aggiungere benefici nutrizionali, offrire nuove esperienze gustative e realizzare prodotti che contribuiscono sia al benessere del consumatore sia a quello del pianeta».


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