Cibo con insetti, nel 2030 se ne produrranno 260mila tonnellate
Elaborazione Nomisma presentata alla Conferenza economica di Cia-Agricoltori Italiani. E il mercato mondiale della carne in vitro ha già registrato 1,3 miliardi di investimenti. Il presidente Fini: produzione artificiale che finisce per costare di più in termini di sostenibilità
di Emiliano Sgambato
4' di lettura
I prodotti a base di insetti in Europa, entro il 2030, raggiungeranno 260 mila tonnellate per oltre 390 milioni di consumatori, mentre il mercato mondiale della carne in vitro ha già registrato investimenti da capogiro, pari a 1,3 miliardi. Sono alcune delle tendenze del novel food secondo un report di Nomisma elaborato per la IX Conferenza economica di Cia-Agricoltori Italiani.
È stata da poco “sdoganata” dalla Commissione Ue l’immissione sul mercato di farina di grillo; questo, secondo Nomisma, farà sì che nel giro di poco tempo si arrivi a un maggior impiego di insetti come ingredienti nei prodotti alimentari. Da qui ai prossimi tre anni, si prevede un calo produttivo degli insetti interi di quasi il 15%, mentre saliranno in media anche del 5% le vendite di pane, sostituti della carne e nutraceutici, a base di polvere di insetti.
Il via libera della Food and Drug americana alla carne di pollo prodotta in laboratorio, accende i riflettori anche in Europa in questo senso, con le aziende di riferimento a livello mondiale, tra laboratori e start up, passate da 13 a 117 dal 2016 al 2022 e la produzione globale di carne in vitro che si prospetta al 2030 in aumento fino a 2,1 milioni di tonnellate.
«La carne sintetica – ha commentato il presidente di Cia, Cristiano Fini – va nella direzione opposta a quella che è la nostra idea di cibo, basata sulla valorizzazione delle nostre produzioni agricole e zootecniche, simbolo di alta qualità e identificative dei territori e delle tradizioni nazionali. Inoltre, si tratta di una produzione artificiale che finisce per costare di più in termini di sostenibilità ambientale e non garantisce migliore salute e nutrizione per i cittadini. Al momento c’è il rischio concreto che l’agricoltura venga ridimensionata con ovvie conseguenze sulle aree interne con il progressivo abbandono dei territori».
Le richieste lanciate al Governo da Cia-Agricoltori Italiani vanno dalla legge sul giusto prezzo agricolo lungo la filiera al piano di insediamento abitativo nelle aree rurali, dalla sperimentazione in campo aperto delle nuove tecniche genomiche all’ora di educazione alimentare nelle scuole.
«Dopo anni di disinteresse, la politica si è finalmente accorta del ruolo strategico dell’agricoltura – ha detto Fini – ci è voluta una pandemia globale, una guerra e una crisi energetica per mettere tutti d’accordo sull’importanza del settore, che però ora merita interventi strutturali, risorse adeguate e tempi certi per fare davvero la differenza».
Riportare le “Agricolture al Centro”, come recita lo slogan della Conferenza – ha spiegato Fini – vuol dire unire le forze e fare presto e bene. A partire dagli 8 miliardi del Pnrr riservati al comparto, tra la gestione del Masaf e quella del Mase, investendo su innovazione e ricerca per ottimizzare le produzioni; logistica e trasporti per connettere aree e mercati; agroenergie per ridurre la dipendenza dall’estero e incentivare la transizione green; cultura del Made in Italy per difendere la qualità e la tipicità dell’agroalimentare tricolore contro falsi, etichette fuorvianti e cibo sintetico.
Il Manifesto di Cia è stato presentato ai ministri Francesco Lollobrigida, Antonio Tajani, Raffaele Fitto, al viceministro Maurizio Leo, al commissario Ue Janusz Wojciechowski e a 600 imprenditori.
Un documento programmatico per definire un nuovo progetto di Sistema Paese «con l’agricoltura protagonista, basato su rapporti di filiera e di mercato; servizi infrastrutture e aree rurali; clima energia e ambiente; orizzonte Europa».
Il tutto supportato dallo studio di Nomisma “Le nuove sfide per l’agricoltura italiana” che ritrae un’Italia in crisi e più preoccupata della media Ue per inflazione, povertà e guerra, con il 51% dei cittadini in difficoltà economiche contro il 45% del resto d’Europa.
Dallo studio Nomisma emerge anche come l'Italia agricola è in corsa per il Green Deal con la riduzione del 55% delle emissioni di gas effetto serra entro il 2030 per arrestare il riscaldamento globale. A fronte di una crescita del 67% delle emissioni globali del pianeta nel 2021, in Europa è stata conseguita una riduzione del 27%. L’Italia è in linea, con una contrazione del 26%. È stato anche ricordato che il 9% delle emissioni di gas serra arriva dall'agricoltura (il 6% dalla zootecnia) che però riassorbe il 10% di tali emissioni grazie a foreste, pascoli e colture permanenti.
Rinnovato anche l’allarme sul taglio dei fitofarmaci: con il taglio chiesto dalla Ue si calcola un calo del 70% per le rese di grano duro, del 62% per l'olio e addirittura dell'81% per il pomodoro da salsa, dell'84% per il riso e dell'87% per il mais, indispensabile alla zootecnia da cui dipende il nostro Made in Italy. L'agricoltura tricolore, intanto, ha già avviato il percorso di riduzione dei fitofarmaci (-38%), impiega per il 45% prodotti ammessi nel bio e può centrare il target del 25% di superfici biologiche al 2030, con 2,2 milioni di ettari già convertiti e uno scarto di altri 900mila ettari per giungere all'obiettivo finale di 3,1 milioni di ettari.
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