Ciclone Freddy, 130mila sfollati e centinaia di vittime fra Malawi e Mozambico
Il disastro naturale ha mietuto circa 300 vittime e rischia di esasperare l’epidemia di colera in Malawi. Gli studiosi: climate change esaspera eventi estremi
di Alberto Magnani
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Oltre 130mila sfollati, un bilancio di vittime che si aggira sui 300 decessi e l’allarme su un effetto domino di inondazioni, frane e crisi sanitarie. Sono le prime stime sugli impatti del ciclone Freddy, il disastro naturale che si è abbattuto fra febbraio e marzo su Malawi e Mozambico. Le autorità parlano di almeno 225 decessi nel sud del Malawi, anche se altre stime alzano la quota a 255, in aggiunta a 88mila cittadini costretti ad abbandonare le proprie abitazioni.
In Mozambico si registrano 53 vittime e oltre 50mila sfollati, ma i numeri sono destinati a salire mano a mano che i governi dei due paesi ricostruiscono la portata di uno dei cicloni più prolungati e letali nella storia dell’Africa. Le autorità malawiane hanno dichiarato il lutto nazionale per 14 giorni. Lo stesso Malawi, lo Zimbabwe e soprattutto il Mozambico erano stati travolti nel 2019 da Idai, con un conteggio finale di oltre 1000 vittime e danni per miliardi di dollari su alcune delle economie più fragili della regione.
I rischi impatto sul colera e il ruolo del climate change
Il timore di autorità e soccorritori è che la fine della raffiche di vento e pioggia sia solo il preludio di una crisi più ampia, con un effetto domino già visto per altre calamità naturali. Il Malawi sta già fronteggiando una delle peggiori epidemie di colera della sua storia, con oltre 40mila casi diagnosticati e più di 1.300 vittime a febbraio 2023. Le ricadute del ciclone potrebbero esasperare ancora di più i contagi, oltre a complicare una distribuzione di vaccini già ristretta dall’aumento di domanda di farmaci su scala globale.
La stessa epidemia in atto nel paese dell’Africa australe è scoppiata a inizio 2022, quando la tempesta tropicale Ana e il ciclone Gombe hanno costretto allo sfollamento una quota di popolazione e ridotto l’accesso ad acqua potabile e livelli igienici adeguati. Freddy ha iniziato a colpire l’Africa australe verso la fine di febbraio 2022, lambendo il Mozambico e le isole di Madagascar e Réunion. Uno studio del World Weather Attribution Group, un gruppo di scienziati da Imperiale College, Princeton, Politecnico di Zurigo e altri atenei, ha rilevato che il cambiamento climatico sta «esacerbando» la portata dei cicloni che si rovesciano sull’Africa. Lo stesso gruppo ha evidenziato l’impatto della crisi climatica sulle inondazioni in Africa occidentale, a partire dall’alluvione in Nigeria del 2022: una catastrofe che ha provocato almeno 600 vittime e oltre un milione di sfollati.
L’operatrice: ferite ancora aperte dal 2019, servono interventi
I soccorsi sono in azione, ma la mole di interventi è destinata a crescere mano a mano che aumenta il bilancio di sfollati e feriti. Al momento, i cittadini costretti ad abbandonare le proprie case sono ospitati in «80 centri di transito, ma il numero aumenterà via via che si accede a zone colpite» dice al Sole 24 Ore da Maputo Laura Morisio, responsabile progetti per il Mozambico della Ong Avsi. «Le ferite del ciclone Idai sono fresche», dice Morisio, evidenziando che la ricostruzione del disastro è ancora in corso e la regione si trova stretta in una congiuntura tutt’altro che agevole fra crisi climatica, economica e securitaria: l’insurrezione jihadista nella provincia settentrionale di Cabo Delgado, iniziata nel 2019, ha costretto almeno un milione di cittadini alla fuga e minaccia di espandersi sia a nord, sui confini della Tanzania, sia a sud, in una traiettoria che preoccupa le aree confinanti. Senza trascurare i contraccolpi indiretti del Covid, la pandemia che ha urtato i paesi africani più sul versante economico che su quello sanitario. Nazioni Unite e Ong hanno già predisposto un intervento in Malawi e Mozambico, con misure d’emergenza per evitare che la crisi sfugga di mano. Il problema è quello che succederà, o potrebbe succedere, dopo: «Ci sono già interventi in corso - dice Morisio - Passata l’emergenza, ci sarà la necessità di ricostruire».
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