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Cina, il dilemma sui tassi del banchiere dalle mani legate

Da un lato della strada, il rischio di una crescita economica anemica; dall’altro, quello dell’instabilità monetaria e finanziaria

di Donato Masciandaro

(Pixels Hunter - stock.adobe.com)

3' di lettura

Da un lato della strada, il rischio di una crescita economica anemica; dall’altro, quello dell’instabilità monetaria e finanziaria. In mezzo, il governatore della People’s Bank of China (Pbc), la banca centrale cinese. Sembra la celebre scena del triello de Il buono, il brutto, il cattivo del maestro Sergio Leone; è invece il modo più semplice per raccontare il dilemma che ha di fronte la banca centrale del secondo Paese più sviluppato al mondo. In realtà, in entrambi i casi, la politica monetaria potrà solo attutire i contraccolpi delle scelte che il Partito comunista cinese, cioè la politica, vorrà fare. Sono i costi di non avere una banca centrale indipendente.

Non sono giorni facili per la Pbc. I nuovi dati macroeconomici raccontano di un’economia che va peggio del previsto. Le cifre rese disponibili due giorni fa da Bbva Research aiutano a fare un’unica fotografia di tutte le novità. Premessa essenziale: il governo di Pechino ha scelto la politica di Tolleranza zero per contrastare la pandemia da Covid-19, muovendosi nella direzione opposta rispetto alle economie occidentali, che hanno optato per una politica di co-esistenza. Quindi in Cina continueranno a esserci, se necessario, politiche di salute pubblica basate su quarantene totali. Quali gli effetti finora?

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Dal lato della offerta aggregata, le ombre si alternano a qualche luce. In aggregato, la produzione di beni e servizi in luglio è salita del 3,8%, che è inferiore sia al dato di giugno del 3,9%, che alle previsioni di mercato, che erano pari al 4,6 per cento. A livello settoriale, spicca il dato della produzione dei veicoli elettrici: c’è un aumento del 112,7% – avete letto bene, è una crescita a tre cifre – che riflette l’impegno del governo cinese in quella direzione.

Anche dal lato della domanda aggregata prevalgono le ombre. Le vendite al dettaglio continuano a decelerare: l’aumento di luglio è stato del 2,7%, minore sia del 3,1% registrato in giugno sia delle aspettative di mercato, al 5 per cento. Tra le ombre, si segnala la contrazione dell’1,4% dei ricavi dei ristoranti, che mostra il perdurare dell’effetto lockdown. Inoltre, continua la caduta negli investimenti nel settore immobiliare, che rappresenta una preoccupazione strutturale per le autorità cinesi. E le aspettative? Stagnano, soprattutto dopo una serie di dichiarazioni ufficiali di esponenti del partito, che sembrano aver rinunciato all’obiettivo di crescita per il 2022, fissato al 5,5 per cento. Per ora, nel secondo semestre il prodotto interno lordo cinese è cresciuto su base annua di appena lo 0,4%, per cui il risultato a fine anno difficilmente supererà il 4 per cento.

E la politica monetaria? Il governatore della Pbc Yi Gang è di fronte a un bivio.

Prima opzione: una politica monetaria da colombe, molto aggressiva, per stimolare una domanda interna che ristagna, visto anche l’andamento atteso della domanda estera, resa incerta da più un fattore di incertezza, a partire dai perduranti venti di guerra. Ma servirebbe? Finche il governo cinese continuerà nella politica della Tolleranza zero, è improbabile che le aspettative escano dal loro stato di depressione. E le aspettative sono importanti anche in Cina: lo riconosce la Pbc, anche se fa un po’ sorridere l’espressione di una gestione «scientifica» delle attese, proprio da parte della Banca. Seconda opzione: una politica monetaria da falchi, più coerente con la stabilità monetaria e finanziaria, in vista in tre obiettivi: evitare il surriscaldamento dei prezzi al consumo, contribuire alla stabilità dello yuan, avviare la normalizzazione del settore finanziario. Intanto i tassi scendono, ma di appena dieci punti base. Yi galleggia. I banchieri centrali che dipendono dalla politica possono fare poco altro. Tanto gli eventuali costi li pagano i cittadini. In Cina, ma non solo; vedi i danni in generale del sovranismo monetario. In Turchia, per guardare alla cronaca più recente, ma non solo.

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