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Cina, export e investimenti stranieri per affrontare un 2022 in salita

Graziati gli expat, la tassazione dei benefit slitta al 2023, ma da Capodanno parte l’obbligo di registrazione per le aziende del settore alimentare

di Rita Fatiguso

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7' di lettura

Capodanno con sorprese per la Cina che chiude in affanno un 2021 segnato da tre elementi da tenere a bada: virus, debito e default. Pechino contrattacca con una serie di novità orientate a favorire nel 2022 commercio internazionale e attrazione degli investimenti usando la leva monetaria e fiscale. Il 31 dicembre lo State Council ha confermato lo spostamento a fine 2023 della temuta tassazione dei benefit degli expat. Se le aziende straniere tirano un sospiro di sollievo sul costo del lavoro in Cina, per quelle di tutto il settore alimentare scatta l’obbligo, con il nuovo anno, di registrare l’azienda in Dogana. Pena l’impossibilità di esportare in Cina.

Focolai, debito e default

Tre elementi remano contro la ripresa di Pechino: focolai delle varianti del coronavirus esplosi in aree strategiche come lo Shaanxi e lo Zhejiang, il debito degli enti locali e la catena dei default immobiliari. Resta a rischio la crescita del Pil annuo al “6% e oltre” fissata a marzo dalla Plenaria del Parlamento.

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A fine anno i dati del Purchasing manager index (Pmi) manifatturiero del pubblico e del privato totalizzano 50.1, in linea con le aspettative (ma Goldman Sachs aveva ipotizzato addirittura un 49,9). Pechino resta dunque sulla soglia del 50 che separa crescita da declino. Ma per un soffio.

Gli ultimi dati sui profitti dell'industria hanno mostrato un incremento a ritmo più lento a novembre, a causa dei prezzi in caduta di alcune materie prime e di una domanda sempre più debole. L'aumento dei prezzi alla produzione è il più veloce da quarant'anni, mentre resta sotto controllo (almeno finora) quella dei prezzi al consumo.

La produzione industriale cresce del 3,8% rispetto all'anno scorso, in leggero aumento da ottobre ma gli investimenti in infrastrutture sono crollati del 4,6% sul 2020. Anche l'import-export, sostenuto dalla galoppata dello yuan, rischia l'effetto lockdown, a guardare la tendenza al rallentamento del traffico container.

Disoccupazione e consumi in contrazione fanno paura. L'ex ministro delle finanze Lou Jiwei ha puntato il dito sulla scomparsa di 4,37 milioni di piccole e medie imprese nonchè sul record negativo di appena 1,32 milioni nuove società nate nei primi 11 mesi del 2021. Gli investimenti in immobilizzazioni e le vendite di immobili residenziali sono calate del 20 per cento. Giù del 3,9% le vendite al dettaglio a novembre, mentre quelle delle auto sono calate per il quinto mese consecutivo.

Politica monetaria e sostegno fiscale, in abbinata e in controtendenza sul resto del mondo, hanno dominato la fine del 2021. Per la prima volta in venti mesi Pechino ha tagliato i tassi prime rate da 3,85% a 3,80, ed è successo a pochi giorni dalla seconda sforbiciata quest'anno dello 0,5 ai coefficienti delle riserve obbligatorie delle banche commerciali, con l'effetto di liberare nuove risorse per l'economia reale.

Autorizzato l'anticipo della spesa fiscale all'inizio del 2022 e incoraggiati i governi locali a emettere obbligazioni per finanziare nuovi progetti che però stentano ad arrivare. Sulla strada della stabilizzazione economica, stella polare tracciata dalla Work economic conference di inizio mese, l'economia procederà nel solco delle riforme già avviate.

L’incubo Evergrande & co.

I default del settore immobiliare e il debito crescente degli enti locali non dovranno pesare sullo Stato, come pure il processo di revisione delle quotazioni delle società cinesi all'estero e della struttura giuridica delle Big Tech.

Ma dal dire al fare c’è l'incubo Evergrande, oltre 300 miliardi di dollari di debito corporate sempre sul punto di deflagrare, è pronto a funestare anche l'arrivo del nuovo anno. A fine anno il titolo del gigante dell'immobiliare cinese ha perso in Borsa a Hong Kong oltre il 10% dopo aver mancato l'ennesimo rimborso sulle obbligazioni. Evergrande doveva ancora effettuare due pagamenti su obbligazioni in dollari, ma la scadenza è spirata senza alcuna traccia che la società abbia rimborsato i 250 milioni di dollari dovuti.

Il 2021 per il gruppo di GuangZhou è stato un calvario, man mano che le cedole venivano a maturazione diventava sempre più difficile onorare gli impegni presi, per ben due volte è scattato il default tecnico ovvero i trenta giorni di grazia concessi e spirati invano per riparare in extremis al debito. Morale: Evergrande è già tecnicamente fallita mentre nel 2022 e nel 2023 verranno a maturazione proprio i due maxi-bond emessi per finanziare le poliedriche attività del gruppo, molte delle quali in perdita.

Al suo capezzale sono accorse le autorità del GuangDong, un pool di esperti e avvocati sta lavorando alla ristrutturazione del debito, la più grande della storia della Cina contemporanea, che, a dirlo è stato il Governatore della Banca centrale, dovrà essere a cura delle stesse società, in un gioco del domino del settore che è solo all'inizio. Lo Stato cinese sembra avere presa. Per un verso ha anticipato la possibilità di impegnare fondi locali per finanziare con local bonds nuovi progetti, ma i progetti latitano.

Quasi un assurdo se si pensa che la crisi Evergrande è stata innescata proprio dalla stretta al credito e alla speculazione immobiliare con l'introduzione per i privati della politica delle tre linee rosse dello scorso mese di agosto. In calo anche le aste per la vendita di terra, al 20 dicembre nell'ultimo trimestre il prezzo medio di transazione alle aste nelle 300 principali città cinesi è stato solo del 3% superiore al prezzo medio di partenza, ancora in calo dal 17% nel secondo trimestre e dall'8% del terzo trimestre.

Tutte le sorprese del nuovo anno

Il 2022 si apre tuttavia all’insegna di grandi novità che hanno l'obiettivo di favorire la ripresa economica, a partire dal commercio estero e dall'attrazione degli investimenti stranieri. Il 1° gennaio infatti entra a regime il trattato RCEP (Regional Comprehensive Economic Partnership), le importazioni e le esportazioni tra Cina e gli altri 14 partner secondo le Dogane hanno sviluppato un fatturato nei primi 11 mesi del 2021 di circa 1,72 trilioni di dollari Usa, pari al 31% del valore totale del commercio estero cinese. In più Pechino, con il trattato CAI siglato con la Ue il 30 dicembre 2020 ma finora rimasto congelato, ha un motivo in più per spingere sul RCEP integrandolo - come sta facendo - con le sue Free trade zone.

Il 1° gennaio entra in vigore la nuova e più asciutta Negative list che introduce due grosse novità: una è l'eliminazione del tetto alla presenza nel mercato cinese delle società straniere nell'automotive, la seconda è la possibilità che anche le aziende cinesi che fanno parte di settori chiusi agli investitori stranieri possano aprirsi alle quotazioni all'estero attraverso società offshore ma a patto che osservino leggi e norme nazionali.

«La Cina si è impegnata a ridurre le tariffe dal 15,3 al 7,4% al di sotto del 9,8 sottoscritto per far parte della WTO vent'anni fa - dice da Shanghai Lorenzo Riccardi di RsA Asia -. Pechino ha interesse a mantenere alto il livello di FDI, da gennaio a novembre 2021 ha incassato un +15,9% a 157,2 miliardi di dollari Usa, mentre il settore dei servizi ha registrato un +17% anno su anno e le Big tech +19,3 per cento. La leva fiscale è strategica».

Un'apertura che a volte può rivelarsi complicata, come nell'import di prodotti alimentari dove la Cina vuol tracciare tutti i prodotti alimentari che entrano nel Paese e per questa ragione le aziende straniere dal 1° gennaio devono essersi registrate in Dogana altrimenti non possono né esportare né distribuire neanche uno spillo. «Fino all’ultimo minuto abbiamo sostenuto le aziende che ci chiedevano lumi su come districarsi tra le diverse normative - commenta Marco Bettin, segretario della Camera di Commercio italo-cinese - per molte di loro si tratta di un adempimento essenziale, penso ad esempio alla rete Coop e a tutto l’alimentare Made in Italy con destinazione Cina».

Il 31 dicembre una circolare dello State Council ha mantenuto il fisco agevolato sui guadagni individuali degli expat spostando al 31 dicembre 2023 l'esenzione dalla tassazione di bonus ricevuti a parte rispetto agli stipendi. Inclusi il costo della casa, delle spese di istruzione dei figli e dei corsi di lingue.

Dal 1° gennaio inoltre la Cina introduce le tariffe più ridotte rispetto alla clausola della nazione più favorita su 954 commodities. In arrivo anche tagli alle tasse per le Pmi, per i talenti che lavorano della Greater Bay Area (GBA), alle compagnie di assicurazione operative nell'area e nel Free Trade Port di Hainan, sconti nelle aree dell'Ovest e nello Xinjiang nonchè a Lingang, a Shanghai, la prima zona franca cinese. Favorite anche le imprese di venture capital a Pechino, distretto di Zhongguancun e a Shenzhen.

Stessa filosofia sembra alla base di leggi in cantiere nel 2022, favorire l’innovazione. «La legge sul progresso scientifico e tecnologico della Repubblica Popolare Cinese è abbastanza chiara - dicono Laura Formichella e Enrico Toti dello studio Ntcm - che tra le varie misure prevede incentivi per tutte le attività più innovative. Vorremmo segnalare anche la legge sull'assistenza legale, molto interessante, soprattutto perché nel settore del diritto del lavoro la maggior parte dei lavoratori non esercita i propri diritti perché non ne è a conoscenza, ma anche la legge sulla protezione dei diritti delle donne in bozza di revisione e gli emendamenti al Codice Civile e al Codice di Procedura Civile».

Di sicuro ci sarà la conferma della crescita del potere dell'amministrazione statale per la regolamentazione del mercato (SAMR) elevata a livello di vice-ministero, una promozione burocratica che ne aumenta la potenziale interazione con il mondo del business. Inoltre Pechino continua ad acquistare quote in aziende private, un fenomeno che continuerà e che sarà probabilmente regolamentato.

Al pari della gestione dell'attività di brokeraggio online. In ballo c'è la sicurezza dei dati personali e dei deflussi di capitale. Probabili gli interventi dunque in questi settori, come pure nell'area dei processi di listing e delisting delle società quotate all'estero sulle quali c'è già il testo della Consob cinese che dovrà essere approvato entro il 23 gennaio.

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