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Cina tra incognite e chance: i contagi pesano sui viaggi ma il lusso cresce

Il “revenge shopping” - con cui i cinesi avevano reagito alla fine dei lockdown 2020 - su scala internazionale dovrà attendere. Ma ci sono opportunità di crescita sul mercato locale, specialmente per la fascia alta

di Marta Casadei, Silvia Pieraccini

(Getty Images)

3' di lettura

Candidata a primo mercato del lusso globale e insieme incognita numero uno per le aziende di moda che puntano a crescere a livello internazionale, la Cina ha archiviato un 2022 complicato, in cui i lockdown hanno portato a una frenata dei consumi interni. Al tanto atteso allentamento delle restrizioni sui viaggi è corrisposto tuttavia il boom dei contagi e il “revenge shopping” - con cui i cinesi avevano reagito alla fine dei lockdown 2020 - su scala internazionale dovrà attendere, nonostante il Capodanno cinese sia alle porte. «In Europa i controlli in ingresso, il timore degli elevati contagi ancora presenti in Cina e la mancata ripresa regolare degli interscambi aerei rallenteranno la ripresa dei flussi turistici rispetto ai ritmi pre-pandemia - spiega Luca De Fino, managing director Italia di Hylink Digital solutions, agenzia digitale cinese che lavora con i brand del lusso internazionali–. Alcuni segnali forti ci dicono che il flusso verso l’Occidente possa ripartire con tre mesi di anticipo rispetto alle previsioni (la stima iniziale era per la seconda metà dell’anno) per poi assistere ad un graduale ritorno alla normalità verso la fine del 2023».

Il peso dei viaggiatori cinesi sugli acquisti in Italia

Nel 2019 lo shopping dei cinesi all’estero aveva toccato quota 55 miliardi di dollari secondo Euromonitor. E in Italia la spesa dei cittadini della Repubblica Popolare valeva circa un terzo del totale della spesa tax free, con punte del 39% a Milano, secondo Global Blue, il principale operatore europeo nel tax free. «Non sappiamo quando torneranno a viaggiare ma lo faranno appena i corridoi turistici saranno riaperti, come già riscontrato da parte di altre nazionalità del Sud-est asiatico. Auspichiamo che ciò avvenga il prima possibile», chiosa Stefano Rizzi, managing director di Global blue.

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Se dunque per tornare a vedere i cinesi affollare le vie delle capitali europee ci vorranno mesi, la sfida nelle grandi metropoli locali - incluse le città di secondo e terzo “tier” - continua, come raccontano le aziende in questi giorni a Pitti Uomo. Nei primi nove mesi del 2022 la Cina è stato il quinto cliente della moda maschile made in Italy, con 412 milioni di euro, in salita del 17,4% sul 2021.

Le opportunità per l’alto di gamma in Cina

Ci sono però delle differenze: è sempre l’alto di gamma a performare meglio. Del resto, come conferma Federica Levato, senior partner di Bain&Co: «La Cina (e i cinesi) per l’industria del lusso continuano a rappresentare un motore di crescita solido e cruciale per la crescita del settore nel lungo periodo: entro il 2030, infatti, i cinesi rappresenteranno il 40% degli acquisti globali del lusso e la Cina il principale mercato (circa il 25-27%)». E se sui viaggi internazionali pesa ancora una volta il Covid, «questo potrebbe comunque tradursi in una costante ripresa degli acquisti di lusso locali in Cina, laddove le misure zero Covid possano venire attenuate anche localmente», chiosa Levato.

Chi presidia il segmento lusso, come il brand partenopeo Kiton, infatti vede rosa: «I buyer cinesi per adesso non ci sono ma torneranno presto, probabilmente già nell’edizione estiva di Pitti», prevede il ceo Antonio De Matteis, che presto volerà in Cina per vedere come sta il Paese asiatico dopo tre anni di Covid. Kiton nei giorni scorsi ha aperto un negozio a Shenzhen, il decimo in Cina (tutti a gestione diretta), e ne aprirà altri due nel 2023, di cui uno a Wuhan, la città diventata famosa per essere stata il focolaio della pandemia nel 2020.

Ripresa più lenta per la fascia premium

Più lenta la ripresa per chi si posiziona nella fascia premium, come il marchio casual Paul & Shark di Andrea Dini: «Nel 2019 il mercato cinese valeva il 15%, circa una ventina di milioni, ma per tornare a questo peso bisognerà aspettare ancora un po’, credo fino al 2025», spiega Dini, anche lui pronto a tornare in Cina dove ha 28 negozi con tre partner e intende aprirne ancora.

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