Cina, l’inflazione rallenta e apre nuovi spazi di manovra alla Banca centrale
L’aumento dei prezzi al consumo mostra segni di calo a causa dei lockdown e del controllo delle materie prime il che spiana la strada a tagli tassi sui prestiti a medio termine
di Rita Fatiguso
I punti chiave
3' di lettura
L’andamento dell’inflazione cinese a dicembre crea margini di manovra per un taglio dei tassi di interesse dei prestiti a medio termine che la Banca centrale potrebbe decidere già dalla prossima settimana. Pechino aumenterebbe così ancor di più le distanze dalle politiche adottate nel resto del mondo. Torna infatti il copione di novembre, con i prezzi alla produzione giù dell’1,2% e in aumento del 10,3% annuo. Dati che non si scaricano sui prezzi al consumo che registrano, invece, un incremento su base annua dell’1,5%, inferiore al +1,8% atteso. A novembre il rialzo era stato del 2,3%. Su base mensile, l’inflazione è calata dello 0,3%, con i beni alimentari a -1,2% (+1,6% a novembre).
Più margini per la Banca centrale
L'inflazione in Cina quindi sale a un passo più lento rispetto alle previsioni. Paradossalmente un freno è venuto dalle restrizioni decise contro i focolai di Covid-19 e i rischi collegati alle varianti Delta e Omicron, oltre al calo dei prezzi di alcune materie prime guidato dal governo centrale.
Ma le decisione della Banca centrale che ha già tagliato ratios e prime rate sul finire del 2021 non potranno contrastare a lungo il declino dell’economia locale.
Dalla scorsa settimana è partito il processo che porterà alla definizione a livello nazionale del Pil atteso per il 2022 in occasione dell'ultimo discorso alla Nazione del premier Li Keqiang al Parlamento in seduta comune a marzo.
Ogni provincia definisce il suo Pil e il round a livello locale è tutt'altro che ottimistico sulle opportunità di poter garantire per tutta la Cina una previsione positiva.
Le singole aree del Paese procedono a identificare una propria valutazione rispetto alle potenzialità dell'anno prossimo e nessuna, finora, ha dichiarato una percentuale al di sopra del 6% che peraltro quest'anno difficilmente sarà assicurato.
Il destino delle Olimpiadi
L'Olimpiade invernale è alle porte, inoltre, l’evento apre i battenti il 4 febbraio e, come al solito, si tratta di un appuntamento che ha una valenza politica molto forte per la nomenklatura cinese.
Pechino ha ribadito che si va avanti, si deve garantire lo svolgimento dell'evento, è la nuova Olimpiade a dodici anni da quella storica che aprì i riflettori sulla Cina.
Un'occasione per dimostrare che tutto procede per il meglio, ma è evidente che la manifestazione risentirà molto del diffondersi della variante Omicron che di per sé è particolarmente trasmissiva e quando arriva è già tardi per rilevarla.
Il livello di immunizzazione della popolazione sembra particolarmente basso, a differenza della versione Delta. Ma “Zero Covid” resta l'obiettivo primario, tanto è vero che anche i voli dagli Stati Uniti su Shanghai sono stati sospesi, cinque operati da Delta United, American Airlines, China Eastern, perché una cinquantina di passeggeri arrivati nell'ultimo mese sono risultati positivi. Per la Cina questo è sufficiente a bloccare completamente il flusso con un intero Paese.
I rischi della Festa di Primavera
Sette province cinesi intanto hanno già vietato agli abitanti di muoversi in vista della Festa di primavera che quest'anno cade il 1° febbraio.
Le grandi migrazioni bibliche del passato, appunto, sono archiviate, il virus le ha cancellate: Pechino, Shanghai, Tianjin, Zheijiang, Henan, Guangxi e Inner Mongolia chiedono ai residenti di festeggiare, in pratica, nei luoghi in cui lavorano e di cancellare i viaggi già programmati.
Al contrario, i lockdown si moltiplicano: dopo Xian, Shenzhen, Tianjin (il porto di Pechino), è ora la volta di Anyang, nell'Henan, che con i suoi 5,5 milioni di abitanti, è l'ultima arrivata. Il punto è che i lockdown per tenere a bada la situazione non fanno altro che aggravare lo stato delle economie locali cinesi, afflitte dal crollo generalizzato del mercato immobiliare e dal debito rampante che caratterizza le casse delle municipalità.
Ma Pechino non può perdere assolutamente il controllo sulla variante Omicron che sta minando la sua strategia del pugno di ferro sui nuovi casi. Al momento almeno venti milioni di persone sono in lockdown.
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