Il numero di immobili pignorati in Cina aumenta del 20%, la crisi immobiliare di Pechino si aggrava
Nuovo campanello di allarme dopo i casi Evergrande e Country Garden
di Redazione Finanza
I punti chiave
2' di lettura
Il numero di immobili pignorati messi all’asta in Cina è salito di quasi il 20% annuo nella prima metà del 2023, in scia al deterioramento dell’economia nella fase post-Covid e alle crescenti difficoltà per i proprietari sui rimborsi delle rate dei mutui.
I dati
Sono circa 304.000 le proprietà, tra cui un numero crescente di 179.000 case, vendute in sei mesi, secondo i dati della China Index Academy, istituto di ricerca specializzato nel settore immobiliare. Il trend è segnato soprattutto dalle inadempienze sui mutui, secondo Wang Yuchen, direttore dello studio legale Jin Su con sede a Pechino, secondo il sito di news statale Yicai.
L’aumento maggiore nel primo semestre è stato registrato nella Cina centrale, con i pignoramenti nella provincia di Henan che sono aumentati di oltre il 63%; la provincia del Sichuan nel sud-ovest ha registrato un aumento del 51%, mentre altri punti caldi sono risultati essere le province di Guangdong e Jiangsu.
Un dato particolarmente significativo è che la crisi ha costretto alla vendita anche di alcune proprietà di lusso nelle città di prima fascia: ad esempio, alcune grandi case a Shenzhen sono state cedute per il corrispettivo di oltre 15 milioni di dollari.
Secondo il rapporto della China Index Academy, il rallentamento della crescita economica comporterà anche nei prossimi anni un aumento della percentuale di mutuatari insolventi: previsti quindi più pignoramenti l’anno prossimo e nel 2025.
I casi Evergrande e Country Garden
I dati arrivano al termine di una settimana che ha visto l’esplosione del caso dei colossi immobiliari Country Garden ed Evergrande (numeri uno e due del settore, oberati da 500 miliardi di dollari aggregati di debito), facendo temere per la tenuta o per un possibile shock dell’economia del Dragone, già in marcia a passo ridotto.
La richiesta di bancarotta di Evergrande negli Usa (ex capitolo 15 a tutela di oneri offshore per 31,7 miliardi di dollari tra bond, garanzie e obblighi di riacquisto) ha riportato le tensioni nel settore: il gruppo di Shenzhen ha precisato che l’istanza «è una normale procedura di ristrutturazione del debito offshore e non comporta istanza di fallimento». Ma la sostanza è che la stessa sorte potrebbe toccare molto presto a Country Garden che ha cominciato a non onorare alcuni pagamenti di bond.
La frenata cinese
Tra lo yuan ai minimi degli ultimi 16 anni sul dollaro, la brusca contrazione di export e domanda interna, e investimenti esteri diretti in frenata (-4% nei primi sette mesi), la Cina rischia di cadere nella classica trappola della liquidità: anche per questo la banca centrale ha lanciato l’allarme e ha sollecitato misure draconiane come una maxi iniezione da 550 miliardi di dollari nell’economia per fermare una psicologia deflazionistica con le famiglie che, di riflesso, ridimensionano i loro piani.
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