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In che modo la Francia di Macron sta diventando la rivale geopolitica della Cina

La Francia mantiene rapporti commerciali cordiali con Pechino, ma la sua politica estera, in Europa e nell’area indopacifica, punta a costruire una coalizione che contenga l’espansionismo di Xi

di Riccardo Sorrentino

Il presidente francese, Emmanuel Macron (Reuters)

6' di lettura

«Il cavallo sconfigge il dragone». In Cinese si dice “Makelong”, che è anche la traslitterazione del nome Macron. Quando, nel gennaio 2018, il presidente francese offrì in dono Vésuve de Brekka, un baio castrone della Guardia repubblicana, a Xi Jinping, presidente della Cina, lanciò allora diversi messaggi insieme: in Cina il cavallo è il simbolo dell’”andare avanti”, e donare un cavallo è segno (usato anche da altri leader) di rispetto e di lealtà , ma nello stesso tempo quel regalo era, inevitabilmente, una esplicito programma geopolitico.

Una strategia di contenimento
Il Dragone, simbolo tradizionale del potere imperiale, che il cavallo Macron vorrebbe sconfiggere è evidentemente la nuova Cina di Xi, dalle innegabili spinte espansionistiche. Parigi fa affari con Pechino, anche molto ricchi, ma sarebbe riduttivo – o moralistico – pensare che le questioni economiche esauriscano i rapporti tra i due Paesi. Tutta la strategia geopolitica della Francia punta a costruire un’alleanza per contenere il nuovo impero di Xi.

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Cina «rivale sistemico»
Come per l’Unione europea, la Cina è per la Francia anche un “rivale sistemico” e se questa definizione compare nel nuovo documento strategico della Ue sulla politica verso Pechino, adottato a marzo 2019, è sicuramente anche grazie all’apporto francese: le assonanze tra la posizione di Bruxelles e quelle di Parigi sono troppo forti per essere casuali.

Libero commercio senza ingenuità
Per Macron il confronto con la Cina – partner e rivale – è un punto centrale della politica estera francese. Il presidente francese ha proposto il tema al suo debutto al Consiglio Ue, il 23 giugno 2017, a meno di due mesi dalla sua elezione: in quell’occasione sollevò il problema delle acquisizioni di imprese europee da parte dei gruppi cinesi, il cui rapporto con il Partito comunista (Pcc) è a dir poco ambiguo. La proposta di istituire «strumento per il controllo degli investimenti esteri in Europa» era del resto una delle sue promesse elettorali, «Sono a favore del libero commercio, ma non a favore dell’ingenuità», disse ai giornalisti, in quell’occasione, Macron.

Da Parigi a Bruxelles
La proposta sembrò cadere nel vuoto, ma nei successivi due anni e mezzo l’idea francese si è fatta strada. Parigi ha presto convinto Berlino, già molto turbata dall’acquisizione della Kuka, gioiello della robotica da parte della cinese Midea per cinque miliardi di euro.

A dicembre 2019 l’Olanda ha presentato una proposta che va nella stessa direzione voluta da Macron e pochi giorni fa Margrete Vestager, vicepresidente esecutivo della Commissione Ue e commissario alla concorrenza, ha ripetuto di essere molto favorevole a forme di controllo: «È molto importante essere consapevoli del rischio reale che le aziende vulnerabili possano essere oggetto di un’acquisizione».

Con grande rapidità Bruxelles sta mettendo a punto nuove regole per contrastare le acquisizioni da parte di gruppi posseduti o anche soltanto sostenuti da governi di paesi stranieri. Non è una regola che riguardi solo le imprese cinesi - si pensi ai gruppi con sede nei Paesi del Golfo -è evidente che la vera minaccia arriva dalla Cina.

Reciprocità
La Francia è in ogni caso molto attenta a mantenere buoni rapporti con Pechino. Quello che chiede, insistentemente, alla Cina è reciprocità, una richiesta forse impossibile, ma di grande impatto diplomatico. Macron lo ha ripetuto fin dalla sua prima visita a Pechino, nel gennaio 2018, quando lanciò anche un inequivocabile manifestazione di assertività e di leadership. «Sono venuto a dirvi che l’Europa è tornata», disse in quell’occasione.

Francia potenza d’Europa
È emblematico il fatto che il presidente francese abbia parlato, in quelle circostanze, di Europa e non di Francia (come invece fece a Versailles, a febbraio 2018, di fronte ai manager delle grandi imprese internazionali). Non si tratta solo di propaganda europeista per contrastare i sovranisti interni, a destra e a sinistra. Macron sa che la Francia può poco, da sola, contro le due grandi potenze, ma sa anche che ormai Parigi è la sede dell’unica vera potenza ex coloniale d’Europa, l’unica potenza nucleare, l’unico Paese ad avere – per questi motivi – una politica estera altamente strutturata,

L’Europa come moltiplicatore
L’Europa, per Macron, è un moltiplicatore – non passivo, certamente – della propria azione displomatica. Non a caso, in occasione della visita di Xi a Parigi, nel marzo 2019, Macron convocò anche la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker. Interessi comuni europei su cui fare leva, del resto, non mancano. «La questione propria della zona euro è sapere come possiamo fare di quest’area una potenza economica concorrente della Cina e degli Stati Uniti», disse Macron nel discorso alla Sorbona di settembre 2017.

Il «no» condizionato a Huawei
Fu in quell’occasione che il presidente francese sollevò un altro tema fondamentale del rapporto tra Europa e Cina (e Usa, ovviamente): il ritardo accumulato nell’intelligenza artificiale – una delle eccellenze anche francesi, o meglio parigine – da colmare per recuperare un vantaggio anche strategico. Il “no” condizionato che la Francia – attraverso il ministro dell’Economia Bruno Le Maire – ha opposto alla Huawei sul tema del 5G ha la stessa valenza strategica. In un settore delicato, in cui l’Europa vede impegnata Nokia ed Ericsson, Parigi vuole garanzie sul piano della sicurezza cibernetica.

L’indipendenza sanitaria
L’epidemia di coronavirus ha aperto l’ultimo capitolo, in ordine di tempo. L’Europa – e il mondo – si è ritrovata dipendente dalle forniture cinesi per le mascherine – Parigi ne ha ordinate due miliardi ad aziende di Pechino -, per importanti macchinari medici, come i ventilatori, e per diversi materiali di base per la farmaceutica. Il governo di Parigi ha quindi messo a disposizione quattro miliardi per ottenere l’indipendenza sanitaria, e ha cercato di nuovo di coinvolgere l’Europa sullo stesso obiettivo. In Un’intervista, Macron ha persino insinuato dubbi sulla gestione dell’epidemia da parte di Pechino: «Laggiù sono accadute cose che non conosciamo», ha detto.

Una strategia indopacifica
Sarebbe però sbagliato pensare che la Francia intenda semplicemente rafforzare le mura della “fortezza Europa” contro l’espansionismo della Cina di Xi, di cui la Nuova via della seta è uno strumento fondamentale. La Francia è molto impegnata nello scacchiere indopacifico, che la sua diplomazia considera come unitaria. In quest’area, nei territoires d’outre mer, vivono 1,5 milioni di cittadini francesi e stazionano 8mila soldati.

Il multilateralsmo francese
Parigi non vuole quindi assistere passiva al freddo scontro tra Stati Uniti e Cina. Punta, anche in quest’area e non da oggi, a un multilateralismo che le lasci spazio, e cerca di coinvolgere altre potenze regionali in questo progetto; l’Australia, la Malaysia, Singapore sono i paesi a lei più vicini, ma rapporti stretti sono stati istituiti con il Vietnam – un ex protettorato – l’Indonesia e il Giappone.

Le esercitazioni di Equateur 2019
Macron ha dato slancio alla costituzione di un asse indopacifico e le esercitazioni militari Equateur 2019 hanno visto la partecipazione di 12 Paesi - Australia, Usa, Fiji, Francia, Indonesia, Nuova Zelanda, Papuasia-Nuova Guinea, Regno Unito, Tonga, Isole Salomon, Giappone e Vanuatu - sotto la leadership delle Forze armate della Nuova caledonia, uno dei territori d’oltremare francesi.

Il discorso di Garden Island
«Non siamo ingenui. Se vogliamo essere considerati e rispettati come un partner dalla Cina dobbiamo organizzarci», ha detto Macron a Garden Island, la base navale di Sydney, il 3 maggio 2018, in un discorso considerato come il manifesto della politica estera francese nell’area. Al di là delle cautele diplomatiche, la strategia è chiara,

Il rapporto strategico con l’India...
Al Pacifico, la Francia associa anche l’Oceano Indiano in un unico scacchiere strategico. Non solo per la presenza di altri territori d’oltremare, ma anche perché nell’area insiste un potente alleato – e cliente dell’industria militare – di Parigi, l’India. Rafforzare New Delhi, avversario quasi naturale di Pechino, ha per la Francia la funzione di creare una sorta di strategia di contenimento attorno alla Cina e alla sua iniziativa della Nuova via della Seta (che, a differenza della antica, ignora l’india).

...e la lenta apertura alla Russia
L’India condivide la necessità quasi geografica di contenere la Cina con la Russia. L’articolaro rapporto che Macron cerca di stabilire con Mosca – guardando anche oltre la leadeship di Vladimir Putin – fa parte della stessa grande strategia. Ai confini della Russia «c’è un paese dominante che è la Cina, e io penso che in questo modello non ci sarà mai un equilibrio», ha detto Macron nella sua intervista all’Economist di novembre.

Di fronte al nuovo protagonismo della Cina, che confina peraltro con la parte meno popolata, più permeabile, e meno controllabile della Russia, l’atteggiamento di Mosca non può essere certo di compiacenza. «Non credo per un solo secondo che la sua strategia sia di essere il vassallo della Cina», ha detto Macron dello stesso Putin, che immagina di poter riavvicinare all’orbita europea, come mostra la riammissione di Mosca nel Consiglio d’Europa durante la presidenza francese. Con l’obiettivo di isolare ulteriormente la Cina.

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