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La Cina è da tempo il più grande mercato del mondo per immatricolazioni di auto nuove. Nel 2019 aveva fatto registrare 24,8 milioni di veicoli nuovi. Ha subìto un rallentamento molto meno marcato dell’Europa o degli Stati Uniti nel 2020 (23,7 milioni di veicoli, “solo” il 5% in meno). Nel 2022 era ritornata sopra quota 24 milioni, il 74% in più degli Usa e il 61% più dell’Europa. Nel 2023 ha raggiunto i 24,9 milioni, con una previsione fino a 29,1 milioni nel 2027 (+4% annuo). Ciò nonostante, il livello di penetrazione delle automobili in Cina rimane limitato, ma la combinazione di un basso tasso di diffusione dei veicoli unito a prospettive di crescita del reddito medio e di sviluppo delle infrastrutture fanno sì che ci sia spazio per uno sviluppo anche nel lungo periodo. In Cina si potrebbero immatricolare 50-60 milioni di veicoli pur rimanendo a un tasso di diffusione pari a circa la metà di quello che già oggi si osserva negli Usa. Partecipare al mercato cinese sarà quindi una scelta obbligata per qualsiasi costruttore e fornitore che ambisca a volumi maggiori.
Oltre ai volumi locali, l’industria dell’auto cinese segue un disegno preciso, attuato con costanza nel tempo, con capitali adeguati, con la razionalità di colmare gap attraverso mosse strategiche e con modelli di business che rispondono meglio e più velocemente alle richieste del mercato. Oltre al vantaggio del costo, i veicoli cinesi risultano infatti sempre più competitivi sugli assi di “prestazione” che contano di più nel nuovo mondo della mobilità: verde (o presunta tale), iperconnessa, esteticamente e funzionalmente appagante. Criteri sempre più simili a quelli europei e nord americani, soprattutto nelle nuove generazioni.
A questo si aggiunge il supporto del governo cinese che negli ultimi anni ha investito circa 57 miliardi di dollari per lo sviluppo della tecnologia, soprattutto elettrica: quasi 5 volte quanto investito dal governo americano. Si intuisce quindi facilmente il perché si vedano sempre più veicoli cinesi anche sulle strade europee e americane, e la Cina quest’anno diverrà il primo esportatore di auto al mondo polverizzando la storica supremazia giapponese e passando dal sesto al primo posto in soli tre anni.
A oggi, e per qualche anno ancora, però le quote di mercato dei costruttori cinesi rimarranno tutto sommato marginali a causa della crescita del mercato interno e la limitata capillarità o l’inesistenza di reti di vendita e assistenza. I player tradizionali sono però avvisati: per competere nel mercato globale e in quello cinese serviranno armi ben affilate. Tempi di sviluppo compressi con rinnovo dei modelli notevolmente più rapidi, priorità definite sulle mutevoli richieste del mercato, competitività di costo, approccio più snello ai processi interni e maggiore attitudine al rischio, prodotti di grande consumo con contenuti tecnici e ingegneristici minori. Il tutto, in piani coerenti e portati avanti con la determinazione e l’umiltà che hanno consentito alla Cina di diventare in breve tempo una superpotenza dell’auto.
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