Cina, tassi ed economia: quanto è solido il rialzo delle Borse?
Il taglio del bollo sulle transazioni azionarie e la speranza di Banche centrali più caute sostengono i listini. Ma si tratta di scommesse
di Morya Longo
I punti chiave
3' di lettura
Un altro piccolo tassello di un puzzle, che messo insieme a quelli precedenti fa sperare che il Governo cinese stia lavorando con maggiore efficacia per risollevare le sorti economiche, finanziarie e immobiliari del paese. Ecco il primo ingrediente che lunedì ha dato la spinta alle Borse asiatiche, sostenendo poi anche quelle europee e globali: la decisione cinese di dimezzare l’imposta di bollo applicata su tutte le transazioni azionarie allo 0,05%. Perché il Governo ha esplicitamente detto che questa mossa serve per «rinvigorire i mercati dei capitali e aumentare la fiducia degli investitori». E i mercati, fino ad oggi scettici sulla reale capacità delle Autorità cinesi di far fronte alla crisi, hanno voluto crederci. Almeno, ieri, ci hanno provato.
Così, insieme alla speranza che i dati economici in arrivo nei prossimi giorni possano convincere le banche centrali di Stati Uniti ed Europa a interrompere il rialzo dei tassi, la Cina ha permesso alle Borse di chiudere col segno più una delle ultime sedute di un mese turbolento. Fino a venerdì scorso, infatti, agosto si candidava ad essere il primo mese dal lontano 2002 in cui l’indice S&P 500 di Wall Street non aveva mai chiuso in rialzo due sedute di fila. Lunedì però è stata la giornata del buon umore e le brutte statistiche sono state dimenticate: dall’Asia (Shanghai Comp +1,13%, Hong Kong +0,97%, Tokyo +1,73%), all’Europa (Milano +1,19%, Parigi +1,32%, Francoforte +1,03%) fino agli Stati Uniti.
La manovra cinese
Il mercato da settimane ha un timore neppure troppo velato: che le Autorità cinesi non abbiano gli strumenti, la possibilità o la capacità di intervenire davvero in maniera efficace per far fronte alla crisi che dagli immobili ha contagiato la finanza e l’intera economia. La Banca centrale ha tagliato i tassi più volte, ma l’ultima molto meno di quanto atteso per evitare di indebolire lo yuan eccessivamente. Questo aveva scoraggiato il mercato. Le Autorità di vigilanza hanno varato alcune riforme per favorire gli investimenti in Borsa, ma mai davvero convincenti. Altre agevolazioni sono arrivate per chi ha un mutuo in Cina. Ma sui mercati sono sempre sembrate manovre frastagliate, piccole e non organiche: nulla che potesse davvero cambiare il corso della crisi immobiliare in Cina.
Lunedì qualcosa sembra essere cambiato nella percezione degli investitori. Almeno temporaneamente. La riduzione dell’imposta di bollo applicata su tutte le transazioni azionarie, insieme alla riduzione del margine richiesto per le operazioni a leva e all’impegno a limitare il ritmo degli sbarchi in Borsa, hanno convinto maggiormente i mercati. Vedremo se la fiducia continuerà. Anche perché l’economia cinese sta rallentando velocemente e tanti prevedono che nel 2023 non raggiungerà nemmeno l’obiettivo del Governo al 5%.
Le banche centrali
L’altro grande tema che ha tenuto in piedi le Borse lunedì è legato alle banche centrali. Venerdì scorso il presidente della Fed Jerome Powell e la presidentessa Bce Christine Lagarde hanno entrambi ribadito un concetto fondamentale per i mercati: le due banche centrali decideranno se alzare o se non alzare i tassi d’interesse in base ai dati economici in arrivo. Questo, venerdì, aveva deluso molti investitori. Tanti si aspettavano una Fed più cauta. Ma ieri gli investitori si sono risvegliati con un umore diverso: dato che questa settimana di dati economici ne arrivano molti (e importanti), la speranza è che facciano pendere l’ago della bilancia verso la pausa nel rialzo dei tassi.
Tra mercoledì e giovedì arriveranno innanzitutto i dati sull’inflazione in molti Paesi europei e nell’Eurozona. Le attese sono per un calo sia dell’inflazione (da 5,2% al 5,21%) sia di quella «core» depurata da alimentari ed energia (da 5,5% a 5,3%). Se anche i prezzi al consumo uscissero in linea con le attese, il mercato avrebbe qualche carta in più per sperare in una pausa nel rialzo dei tassi. Discorso analogo per i dati sul mercato del lavoro statunitense in arrivo venerdì. Attualmente negli Stati Uniti i futures assegnano una probabilità del 50% a un rialzo dei tassi a settembre, mentre in Europa le probabilità sono scese sotto il 100%. Come se il mercato avesse capito che la partita dei tassi è ancora aperta. Può essere ancora vinta, in extremis. Tanto è bastato, lunedì, per favorire una chiusura positiva delle Borse.
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