Cinecittà, teatri pieni e conti tornati positivi in anticipo di un anno
Per la società si profila un 2022 chiuso con ricavi sui 39 milioni di euro, più del doppio rispetto alle cifre pre Covid. E profitto in arrivo con un esercizio di anticipo rispetto al piano 2021-26
di Andrea Biondi
4' di lettura
Varcare i cancelli di Cinecittà, al 1055 di via Tuscolana a Roma, dà l’immediata impressione di essere entrati in un luogo del passato. Qui del resto, in questa struttura nata nel 1937, si è fatta la storia del cinema e si avverte tutto il peso di quei gloriosi trascorsi. La Venusia – l’enorme scultura immaginata per il film “Il Casanova” di Federico Fellini – come anche il cavallo a dondolo gigante e la carrozza della Fata turchina, entrambi realizzati per il “Pinocchio” di Roberto Benigni, posti all’ingresso restituiscono tutta la forza evocativa di quella che per Federico Fellini era la città ideale in cui avrebbe voluto vivere e che ha fatto prendere vita a oltre 3mila film, fra cui 51 pellicole che hanno vinto l’Oscar.
Basta addentrarsi un po’ per capire che non c’è solo passato. Perché, ora come ora, è tutto un brulicare di mezzi in movimento, falegnameria che va a pieno regime, varie squadre all’opera nei teatri per completare i set. Che dal nulla riproducono la sede del Popolo d’Italia degli anni di Mussolini, come per la serie “M Il Figlio del Secolo” tratta dai romanzi di Antonio Scurati, oppure un’ambientazione medievale per il “Decameron”, serie di Netflix. Un teatro, il T18, è stato anche dotato di un ledwall per le riprese virtuali. E in questo specifico ambito è il più grande d’Europa.
Grande movimento, quindi, perché dietro, conferma al Sole 24 Ore l’ad di Cinecittà, Nicola Maccanico, c’è l’esplosione del business dell’audiovisivo. «A fine anno dovremmo arrivare a ricavi per 39 milioni circa. Più del doppio rispetto ai 16 milioni del 2021 e più di quanto si realizzava comunque negli anni precedenti». Insomma sintetizza Maccanico – un passato in Sky come manager di prima linea oltre che amministratore delegato di Vision Distribution (società di distribuzione che fa capo a Sky) e alla guida di Cinecittà dal 2021 – «Cinecittà ha un passato, ma anche un presente luminoso. E guarda al futuro».
È di tutta evidenza che una mano – anche decisiva visto che il business senza un settore che tiri inevitabilmente non si fa – è arrivata dal nuovo corso dell’audiovisivo con tanto di boom di richieste favorito dall’irrompere delle piattaforme dell’on demand che si danno battaglia a colpi di contenuti originali. «Che si tratti di un miglioramento dell’attività core – puntualizza Maccanico – lo si capisce anche dallo split dei ricavi, che per circa 32 milioni arrivano dall’utilizzo dei teatri e delle scenografie. Il resto è per eventi e post produzione». Il risultato finale è «un utile che ci aspettiamo nell’ordine dei 900mila euro e che arriva un anno prima di quanto previsto nel Piano 2021-26».
Ora però è il momento dello sviluppo per accompagnare questa maggiore richiesta. La leva può arrivare dai milioni del Pnrr per un piano che prevede interventi di ammodernamento di 4 dei 19 teatri di posa esistenti e la realizzazione di 5 ex novo. La Corte dei Conti è intervenuta con rilievi, cui il ministero della Cultura ha risposto il 3 febbraio, a quanto risulta al Sole 24 Ore. «Per quanto ci riguarda – precisa Maccanico – abbiamo pubblicato i bandi di gara per i 9 teatri e siamo pienamente nei tempi. Per uno di questi, il Teatro 22 che sarà realizzato ex novo, abbiamo già assegnato la gara. Per le altre gare saremo nei tempi con assegnazione entro giugno 2023».
Sullo sfondo, per il futuro sviluppo, c’è tutta la vicenda dei terreni adiacenti, di Torre Spaccata, individuati come arcano per l’espansione della cittadella del cinema da 400mila mq, gestita da questa società tornata pubblica nel 2017 e dal 2021 diventata Spa, che punta a guadagnare terreno rispetto a studios concorrenti come quelli di Babelsberg in Germania, Pinewood in Uk, Origo in Ungheria o ancora Nu Boyana in Bulgaria.
Quel terreno però è di proprietà di Cdp. E al piano iniziale, che prevedeva un conferimento da parte della Cassa di quei terreni per avere in cambio il 49% di Cinecittà, è subentrato un altro progetto. Ora c’è una negoziazione che vede Cinecittà aver messo sul piatto 17,8 milioni per l’acquisto di 31 ettari (sugli oltre 50 disponibili). «Stiamo negoziando – spiega Maccanico – e contiamo di chiudere entro l’anno. È chiaro che arrivati in questa fase è necessario accompagnare la maggiore domanda. Che al momento per il 70% è appannaggio di produzioni internazionali. E al momento c’è piena occupazione degli studi. Quella che si presenta oggi è un’opportunità. E mi rende orgoglioso che a coglierla sia una società pubblica». Alla guida della quale Maccanico è arrivato con un altro ministro della Cultura, Dario Franceschini, prima quindi dell’ingresso sulla scena dell’Esecutivo Meloni e del ministro Gennaro Sangiuliano. «Il ministro ha l’approccio giusto e ha già palesato il suo interesse per Cinecittà e i suoi progetti», dice Maccanico il cui mandato scade nel 2024. «Io – conclude sorridendo – faccio solo il manager».
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