Cinema, il ministro Sangiuliano: «Basta soldi a film fantasma senza spettatori»
L’inquilino del Collegio Romano interviene sulla polemica intorno sforbiciata da 100 milioni alle risorse per la settima arte
di Andrea Biondi
3' di lettura
Ma c’era davvero necessità di farsi avanti spontaneamente con la richiesta di tagli superiori alla cifra richiesta agli altri ministeri?
Il cinema, come ho detto, sta molto a cuore sia al governo, sia a me. Poi tutti i ministri sono stati giustamente chiamati a proporre contenimenti di spesa. Se ti accorgi che ci sono sprechi, anzi che si è generato un vero e proprio mostro lievitato in pochi anni da 400 a 800 milioni (sono i dati della crescita del Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell’audiovisivo in cui i crediti d’imposta pesavano per il 72% del totale nel 2023, ndr) chiedi di spostare le risorse altrove.
Dove?
Ho chiesto che i fondi restassero nel perimetro della cultura. Quindi per dare centri culturali ai giovani, fare la manutenzione di tutti i musei italiani, investire in biblioteche multimediali, procedere a nuovi scavi. I numeri parlano chiaro, andate a leggerli: si sono sprecati milioni di euro per finanziare film che sono passati in sala per pochissimi giorni, con numeri di spettatori e incassi ridicoli. E che in molti casi non hanno neanche avuto accesso alle piattaforme e alle Tv. Prodotti che ha visto il regista e forse pochi intimi. Uno spreco di risorse immenso. Sono stati dati soldi senza controllo facendo lievitare i costi. C’è una casta che si muove a difesa dei suoi privilegi. Un circolo di milionari che non vuole veder intaccata la propria rendita. Allora, facciamo che il 50 per cento dei compensi milionari dei registi vada a un fondo per i lavoratori del settore, quelli che montano le strutture e portano i cestini.
Il presidente Anica, Francesco Rutelli, nell’intervista di ieri al Sole 24 Ore ha sostanzialmente indicato come chiuso il caso e allarme rientrato. A cosa è legato il ripensamento?
«Non c’è alcun ripensamento: ci sarà a breve una riforma severa per eliminare evidenti storture. Molti protagonisti di questo ambiente mi dicono: ministro, è uno scandalo, cambi. Il sostegno al mondo del cinema e alla sua filiera industriale va mantenuto, ma direi basta ai produttori della domenica che, fino a pochi anni fa, facevano altro e hanno intercettato la mucca da mungere. Ripeto: milioni e milioni per prodotti mai visti che in sala hanno incassato poche decine di euro e di cui nessuno avrà memoria. Il tax credit è stato il superbonus del cinema. I costi delle produzioni sono lievitati perché il settore è stato dopato. Sorrentino, che come regista apprezzo, venga da me a prendere un caffè e gli documento nel dettaglio quello che affermo.
Lei, quindi, rivendica la necessità di ridurre quel capitolo di spesa di cui si è discusso in questi giorni?
Ha visto l’entità di alcuni compensi riportati da organi di stampa? (Ieri il quotidiano la Verità ha pubblicato un elenco di 20 film che hanno avuto meno di mille spettatori ciascuno, per un incasso medio di poco più di 2mila euro, beneficiando complessivamente di 11,5 milioni di contributo pubblico, ndr). Se ti finanzi sul mercato e hai qualità, hai diritto a chiedere qualsiasi cifra. Ma se il film lo fai con i soldi pubblici è bene avere un tetto. Se guadagni un po’ di meno non ti impoverisci. È tremendo pensare a un tetto sui compensi? È sbagliato chiedere controlli accurati come in
Germania e Francia?
Tema, quello della rimodulazione del tax credit, che lo stesso Rutelli, e non solo lui in realtà, indicava come da prendere con le molle, senza considerare il solo risultato in sala. Non c’è tutta una produzione sperimentale che verrebbe pericolosamente compromessa?
La possibilità di sperimentare, soprattutto ai giovani che si cimentano nelle opere prime, non verrà mai meno. Quello cui mi riferisco sono i fallimenti di mercato.
Il settore attrae molti investimenti dall’estero. Non temete che ci sia la possibilità che i tagli alle risorse allontanino gli investitori?
Ci sono alcune parole d’ordine che girano in questa vicenda, questa è una di quelle. La forza dell’industria cinematografica italiana è fatta delle altissime professionalità delle sue maestranze. Chi viene in Italia deve venire per questo e non per prendere soldi senza lasciare nulla. Quello su cui ci impegneremo sarà una rimodulazione basata su diversi criteri: chi realizza un film deve anche rischiare in proprio e dimostrare di avere una relazione con il mercato. Evitiamo altri film nel cassetto.
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