Cingolani: «Decarbonizzare il paese del 55% nei prossimi nove anni»
Il ministro della Transizione ecologica alla presentazione del rapporto del Gestore dei servizi energetici. Oggi il 37% dei consumi viene soddisfatto da fonti rinnovabili
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Con una copertura da fonti rinnovabili stimata al 20% dei consumi energetici complessivi nei settori elettrico, termico e dei trasporti, l’Italia nel 2020 ha superato gli obiettivi fissati dall’Unione europea (17% al 2020 per l’Italia).
Emerge dal Rapporto dell’attività svolta nel 2020 dal Gestore dei Servizi Energetici (Gse) che ogni anno fotografa il settore, alla cui presentazione è intervenuto il ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani, in collaborazione con Il Sole 24 Ore.
Nel settore elettrico il 37% dei consumi è stato soddisfatto da fonti rinnovabili, cui è associata una produzione di circa 116 TWh, grazie anche a nuovi impianti installati per oltre 900 MW di potenza (dei quali circa 750 di fotovoltaico) e all’incremento della produzione fotovoltaica dovuta al maggior irraggiamento solare. A fine 2020 risultano in esercizio in Italia circa 950.000 impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, per una potenza complessiva di oltre 56 GW. Di questi impianti, quasi 936.000 sono fotovoltaici, circa 5.700 eolici, mentre i restanti sono alimentati dalle altre fonti (idraulica, geotermica, bioenergie). Il fotovoltaico sarà protagonista anche nel 2021 grazie all’avvio dei progetti relativi all'Autoconsumo collettivo e alle Comunità energetiche.
Secondo Cingolani «dobbiamo installare 70 gigawatt di rinnovabili nei prossimi 9 anni per raggiungere l’obiettivo di decarbonizzazione del 55%, considerando che sinora sono stati installati 0,8 gigawatt all’anno c’è un fattore 10 di efficienza che dobbiamo recuperare. Questo è un salto enorme, stiamo lavorando e poi dovremo partire con il repowering e le nuove aste ad una media di 8 gigawatt all'anno: sarà una maratona da correre con il ritmo dei 100 metri».
Inoltre ha aggiunto che «il ministero dell’Ambiente, come gli altri ministeri, finora aveva un budget limitato di 1,5 miliardi l’anno perlopiù di spese fisse, adesso con il Pnrr si tratta di spendere circa 16 miliardi l’anno e non nella modalità spese fisse ma in modalità di grandi progetti internazionali: stiamo passando da una grossa Pmi a una multinazionale quotata come gestione del flusso di cassa annuale». Secondo il ministro per i bandi legati al Recovery fund «dopo il 30 giugno si potrà iniziare a lavorare».
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