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Cinquant’anni di attività festeggiati con uno showroom speciale

Il brand partito da Martina Franca, in Puglia, lancia “House of Tagliatore”: uno spazio per buyer e amici, dove ospitare e raccontare le collezioni e le sue famose giacche.

di Caterina Maconi

Lo showroom Tagliatore.

3' di lettura

Cinquanta anni di storia sartoriale, di made in Italy, creatività e impresa. Il brand Tagliatore festeggia l'importante anniversario nei luoghi più significativi della sua vicenda imprenditoriale: Martina Franca e Milano. La prima è la città pugliese dove Franco Lerario, nel 1972, decise di dare vita a un'azienda di confezioni di abiti da uomo – 10 operaie e, ai tempi, ancora nessuna sala da taglio. E dove ora sorge il polo produttivo del marchio, lanciato nel 1999 dal figlio di Franco, Pino Lerario, attuale direttore creativo e mente del progetto Tagliatore.

E poi c'è Milano, il crocevia delle strade di chi fa moda: qui un anno fa è stato aperto uno showroom speciale, che ora viene ufficialmente lanciato. Una location prestigiosa al secondo piano di Palazzo Meroni, in Corso Italia 1, che «è la nostra casa, è House of Tagliatore, uno spazio dove incontrare buyer e clienti, dove ospitare eventi e invitare gli amici che ci seguono da sempre», racconta Pino Lerario. Dagli avi – il nonno maestro tagliatore di tomaie (da qui il nome del marchio), il padre sarto terzista – ha ereditato soprattutto la sapienza del processo creativo (mentre ci parla le sue mani corrono da sole su un foglio che restituisce lo schizzo di un pantalone) e la consapevolezza dei ritmi e delle esigenze del lavoro produttivo. Che significa conoscere la fabbrica, essere presente fisicamente al suo interno per gestirne i flussi e calibrarne gli sforzi. Una figura, la sua, che riunisce più competenze ed è sempre più rara, ora che le professionalità sono ben distinte. Ma che presenta dei vantaggi, come quello di conoscere i «tempi delle cose».

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Un ritratto di Pino Lerario

Prendiamo la produzione. «Il nostro capo iconico è la giacca, poi negli anni si sono aggiunti altri pezzi importanti come il cappotto, che si sommano a tutto il guardaroba da uomo. Nel 2007 è arrivata anche la donna. L'80% lo produciamo in house, il 20%, come per esempio i pantaloni, viene fatto all'esterno, mantenendo però il lavoro sul territorio. Abbiamo deciso di non delocalizzare. Una scelta premiante in questo periodo storico, dove i materiali arrivano con fatica, la filiera soffre e questo riduce drasticamente i giorni a disposizione – si arriva a quindici – per confezionare i capi», spiega Lerario. «Avessimo delocalizzato, i tempi tecnici per movimentare i pezzi e le stoffe e far tornare tutto in Italia avrebbero compromesso le consegne». E poi «non volevo ci copiassero», prosegue. «Se andassi all'estero porterei una tecnica matura ed evoluta, che è il frutto di tutti i miei sacrifici di anni. Non voglio lasciare la somma dei miei sforzi nelle mani di altri».

La collezione uomo A/I 22

Il pragmatismo dell'imprenditore-creativo (“Ho 200 dipendenti che non hanno mai conosciuto la cassa integrazione, se non quella forzata del Covid”) ha dato i suoi frutti: 28 milioni di euro fatturati nel 2019, un calo del 15-20% nel 2020, un recupero che porta la previsione di chiusura per l'anno in corso a 26 milioni. Un sell out del 90-95%, 340 capispalla prodotti al giorno dai 200 operai che arrivano a 500 con l'indotto.

Questi sono i tempi tecnici, della fabbricazione. Poi ci sono i tempi della creatività. «Dalla giacca insellata di cinquant'anni fa a quella morbida di oggi, siamo pronti a interpretare ciò che il mercato ci chiede, accorciando le distanze con il cliente», spiega Lerario. «In azienda c'è immediatezza. Capita vengano a trovarmi buyer che mi spiegano le loro necessità, io seguo le loro esigenze e riesco a trasferirle subito in un disegno». E così «salto molti passaggi che se lavorassi con modellisti e sarti esterni dovrei invece percorrere. Metto a terra tutto e sono in grado di industrializzare subito il prodotto, muovendomi per non lasciare buchi nella produzione».

Collezione Donna A/I 22

Il prossimo tempo dell'imprenditore-creativo prevede di ampliare gli spazi espositivi dello showroom milanese, ma anche di crescere in modo organico per riuscire a espandersi in nuovi mercati. «Oggi l'Italia vale per noi il 60%, siamo ben posizionati in Turchia, Germania, Francia, Giappone, Paesi Scandinavi e Corea del Sud. Ma guardiamo con interesse a Cina e Stati Uniti, ancora da scoprire». Infine, il grande sogno, il negozio monomarca. In un tempo futuro, ma nemmeno lontano.

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