Cinque poeti stranieri per orientarsi nel contemporaneo
Nella nostra selezione dedicata al genere Charles Simic, Philippe Jaccottet, Anne Carson, Cees Nooteboom e Durs Grünbein
di Matteo Bianchi e Alberto Fraccacreta
4' di lettura
Scommesse editoriali come la collana “CapoVersi” di Bompiani, ideata nel 2019 da Gerardo Masuccio e curata da lui insieme a Beatrice Masini e Paolo Maria Bonora, attestano il ritorno di migliaia di lettori alla poesia contemporanea, un genere letterario che non propone un'alternativa alla realtà, ma che utilizza la finzione per restituirle autenticità.
Secondo Harold Bloom le ultime due generazioni di romanzieri avrebbero fallito nell'impiego degli strumenti immaginativi e interpretativi, allontanando chi legge da un'improbabile presa di coscienza sul presente. Ma la poesia no, mai, fondendo a uno sviluppo illogico del contenuto – il coup de dés di Mallarmé – una griglia formale imprescindibile, affine all'interiorità del poeta stesso; in particolare quella in traduzione che, tramite le radici linguistiche e culturali di appartenenza, connette il resto del mondo al nostro orizzonte.
Charles Simic
Allargare lo sguardo sulla poesia che va oltre i confini nazionali è dunque un'operazione quanto mai interessante. All'alba del 2022 un ottimo pretesto per incominciare questo proficuo esercizio lo fornisce il poeta statunitense Charles Simic con Avvicinati e ascolta (traduzione di Moira Egan e Damiano Abeni, Tlon), silloge in cui il classico minimalismo americano si amalgama alla vena surrealistica della tradizione serba. Simic, nato a Belgrado ed emigrato con la famiglia negli States quand'era appena adolescente, calca i motivi esistenzialistici con una plasticità d'intimo che rende la sua lirica immediata e seducente, come accade in Quiz a notte fonda: «Charles Simic ha paura della morte? / Sì, Charles Simic ha paura della morte. [...] È pronto a incontrare il suo Creatore? / Come uno scoiattolo che attraversa la strada».
Philippe Jaccottet
Su lidi completamente diversi si adagia la poesia umile e deferente del compianto Philippe Jaccottet, di cui Crocetti ha recentemente pubblicato Quegli ultimi rumori… con la curatela di Albino Crovetto e Ida Merello. Jean Starobinski aveva sottolineato a ragione l'istintuale povertà dell'io lirico di Jaccottet, ma qui «nell'insidia della soglia» – per citare un altro grande autore francese, Yves Bonnefoy – sembra davvero che ogni tentativo di soverchieria soggettuale sia definitivamente scongiurato: «L'attaccamento a sé aumenta l'opacità della vita. Un momento di vero oblio e tutti gli schermi, uno dietro l'altro, diventano trasparenti, di modo che noi vediamo la chiarezza fin nel profondo, tanto lontano quanto consente la vista; e insieme più nulla pesa. Così l'anima è davvero trasformata in uccello». Parole alate, che liberano dalle costrizioni mentali, parole peraltro scritte en prose, secondo la lezione del Baudelaire di Mon coeur mis à nu.
Anne Carson
Della mescidanza di lirisimo e saggismo, in un pastiche tematico altamente concentrato, è maestra Anne Carson, poetessa canadese negli ultimi anni data dai bookmakers per papabilissima al Premio Nobel. Eros il dolceamaro (traduzione di Patrizio Ceccagnoli, con uno scritto di Emmanuela Tandello, Utopia Editore) è una trattazione sull'amore e sul desiderio affrontata con il taglio affilato dello studio citazionale – da Saffo a Catullo, da Dante a Virginia Woolf, da Nietzsche a Calvino – e al contempo con la vena oracolare e aforistica di chi fa della propria esperienza materia totale di letteratura: «Quando io ti desidero, una parte di me non c'è più: la voglia di te mi consuma. Quando io ti desidero, una parte di me non c'è più: la tua mancanza è la mia mancanza».
Cees Nooteboom
Lo scheletro di un'opera d'arte che diventa parola e trasmigra da una forma all'altra, è il telaio di Autoritratto di un altro (traduzione di Fulvio Ferrari, Crocetti) di Cees Nooteboom. Forzando i limiti del linguaggio, trentatré frammenti lirici tentano di rendere l'essenza di altrettanti disegni dell'artista tedesco Max Neumann. Il poeta si lascia così sopraffare dagli stimoli, da ricordi e visioni altrui che rinascono esteticamente tra le sue mani. È la stessa inclinazione che Nooteboom trasmette in Venezia. Il leone, la città e l'acqua (traduzione di Fulvio Ferrari, Iperborea), una guida immersiva nella città acquatica, dove la bellezza incontenibile si propaga effimera lungo i canali e attraverso le calli, stordendo il viaggiatore pronto a smarrirsi.
È il passato con i suoi molteplici strati a far emergere Venezia dal mare, e il rapporto con questo «mezzo bastardo dell'immaginario», come lo definisce Anna Maria Carpi, ha segnato anche la sua recente produzione poetica. La nota germanista ha vissuto a lungo in laguna con le finestre basse, vicino all'Accademia, dove Nooteboom è stato travolto da La tempesta di Giorgione: «C'era un significato che mi riguardava e non capivo quale. Lei era dipinta e io, per il momento, ero ancora reale. Volevo entrare nel quadro? Ma chi poteva dipingermi? Il muro del tempo che ci separa è invisibile, ma non posso attraversarlo o scavalcarlo».
Durs Grünbein
Se di Carpi sono rimasti in sospeso i versi della dichiarazione di smarrimento pubblicata da Marcos y Marcos nel 2020, E non si sa a chi chiedere, di Durs Grünbein, l'autore che lei traduce da oltre un ventennio, continuano a impressionare le connessioni tra sapere scientifico ed erudizione umanistica. L'attimo dopo che consacra la fine di un accadimento qualsiasi, per quanto possa apparire insignificante, è la scintilla che innesca il susseguirsi di immagini in Schiuma di quanti (traduzione di Anna Mari Carpi, Einaudi), l'ultima raccolta del poeta di Dresda.
Le associazioni mentali di Grünbein, che già dal titolo rimanda frammentazione e incertezza, non hanno margini spaziotemporali: «Non ci vuole dell'eros per resistere a questa vita da cani / per strade che ribollono, dove d'estate l'asfalto cuoce?», domanda provocatoriamente al lettore citando l'odi et amo di Catullo e denudando l'incapacità di gestire le passioni della società attuale, di renderle qualcosa di più di qualche impulso insensato, fine a sé stesso, associabile ai cartelloni pubblicitari sempre più invasivi in metropoli sempre più anonime.
loading...