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Circolarità, tecnologia e competenze ibride: così cambiano i corsi

L’offerta punta a preparare nuove figure professionali in grado di integrare discipline diverse e dal respiro internazionale

di Marta Casadei

Uno dei laboratori di Istituto europeo di Design (Ied) che è presente in 12 città tra Italia, Brasile e Spagna

3' di lettura

Tenere il passo con i progressi della tecnologia e con le richieste del mercato. Puntando sull’evoluzione di una figura che deve quotidianamente confrontarsi con discipline diverse.

Le scuole di design hanno sfruttato il biennio Covid per ripensare e attualizzare l’offerta formativa dedicata agli studenti diplomati o già laureati. E orientata sempre più a un pubblico internazionale.

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Focus sulla tecnologia

«Negli ultimi due anni abbiamo lavorato per inserire temi “sperimentali” come realtà aumentata, metaverso, per preparate nuove figure professionali capaci di dare supporto alla trasformazione del mercato - spiega Stefania Valenti, managing director di Istituto Marangoni -. Per esempio, abbiamo pensato di proporre un concetto di product design più allargato: ci aspettiamo uno spostamento della robotica dall’industria ai servizi e quindi, con i nostri studenti, lavoriamo a come creare una relazione tra estetica dei robot e interazione con gli esseri umani». L’offerta di Marangoni, che ha nove sedi nel mondo, è sempre pensata per essere replicata all’estero: «Nell’area master, per esempio, abbiamo un corso in interior contract design che porteremo a Londra e poi a Dubai», spiega Valenti. L’emirato è l’ultima sede in ordine cronologico in cui è sbarcato Marangoni: «Siamo molto soddisfatti: abbiamo presenze dalla Russia, da Uae e Arabia Saudita, e anche da alcuni Paesi africani come la Nigeria».

Obiettivo studenti esteri

Anche l’ Istituto europeo di design (che ha 10mila studenti in 12 città tra Italia, Spagna e Brasile) sta pensando a un’offerta sempre più internazionale: «Abbiamo registrato un aumento dell’attrattività da parte degli studenti stranieri - spiega Riccardo Balbo, direttore accademico di Ied a livello globale - e punteremo fortemente sull’internazionalizzazione nelle sedi di Milano e Roma con corsi in inglese». Ied sta investendo anche in tecnologia: «Nei prossimi tre anni investiremo circa 12 milioni di euro in una trasformazione digitale a tutto campo: dalla biblioteca alla trasparenza digitale - spiega Balbo-. L’idea poi è di aggiornare l’offerta formativa “dall’interno”, continuando a proporre corsi che non inseguono i trend ma partono da domande su temi chiave. Per esempio: come impatta la circolarità nei diversi campi d’interesse di chi lavora e lavorerà nel design».

Circolarità e soft skills

La circolarità è uno dei temi chiave su cui sta lavorando anche Naba (che come Istituto Marangoni fa parte del gruppo Galileo Global Education): « La sostenibilità, così come la tecnologia, è uno dei pilastri della nostra offerta- spiega Donato Medici, managing director di Naba - e ora stiamo lavorando a un progetto che si basa sull’upcycling dei materiali. Tra la fine di questo e l’inizio del prossimo anno accademico vogliamo diventare un punto di riciclo del Comune di Milano  con  macchinari per tritare e forni per rimodulare la plastica». Naba ha in programma anche una serie di investimenti per la sede di Roma, dove i corsi di design partiranno nel 2024: «Rinnoveremo alcuni spazi adiacenti a quelli attuali (la sede ha aperto nel 2019, ndr) passando da 3.500 a 6.000 metri quadrati», dice Medici. Anche Naba punta a formare professionisti specializzati ma “ibridi”: «Le soft skills sono fondamentali tanto quanto le competenze “verticali”. Per questo noi offriamo corsi complementari gratuiti».

Il designer evoluto

A sottolineare l’importanza di figure capaci di gestire situazioni complesse è anche il professor Francesco Zurlo, preside della Scuola di Design del Politecnico di Milano: «Gli stakeholder ci chiedono profili capaci di dialogare con altre competenze e professionalità, di gestire la complessità dei problemi e del lavoro in gruppi multidisciplinari. Insomma, persone in grado di affrontare tutte le sfide che impone la  professione di designer “evoluto”». Il Politecnico sta investendo molto nelle nuove frontiere di questa disciplina, che hanno a che fare con la user experience digitale, con l’intelligenza artificiale e con il design thinking «una delle tecnologie sociali nate per gestire e interpretare l’evoluzione di business, bisogni e tecnologie». Nel 2024/25, poi, al Politecnico verrà lanciata la prima laurea triennale in lingua inglese in Digital interaction design.

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