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Muro, cittadini e imprese in fuga dall’Est: riunificazione tedesca incompiuta

La riunificazione è costata cara ma resta incompiuta, anche per effetto di importanti fattori demografici - il flusso incessante di cittadini e imprese da Est a Ovest - con ricadute su Pil, salari e produttività

di Isabella Bufacchi

Berlino, 30 anni senza il muro

6' di lettura

FRANCOFORTE (Dal nostro corrispondente) - A 30 anni dalla caduta del Muro di Berlino, quest’anno la Germania ha deciso di abolire quasi totalmente (90%) dal 2021 la “Soli”, la tassa di solidarietà introdotta nel 1991 per sostenere i costi della riunificazione. Questo flusso di entrate fiscali non di scopo, che nel 2019 porterà alle casse dello Stato federale 19,45 miliardi di euro, si prosciugherà come via via negli anni è diminuito il travaso dei fondi federali mirati a sostegno della Germania Est, dai 16 miliardi di euro del 2005 ai 4 nel 2018.

Il “conto” totale della riunificazione è tuttavia stato stimato nella cifra da capogiro di 2mila miliardi di euro, ma questo numero è gonfiato a dismisura perché contiene anche le spese delle pensioni e dei sussidi di disoccupazione per i cittadini nei cinque Länder ex-Ddr.

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In fuga sall'Est
La riunificazione è costata cara, a detta dei tedeschi, ma resta incompiuta perché al flusso del denaro in entrata nella Germania dell’Est va contrapposto il flusso in uscita di cittadini e grandi aziende da Est verso Ovest: dalla caduta del Muro, milioni di tedeschi si sono trasferiti dalle regioni orientali a quelle occidentali, provocando una vera a propria “crisi demografica”: 3,68 milioni “in fuga” tra il 1991 e il 2007. Ma anche tra la fine della Seconda guerra mondiale agli anni prima del Muro, questo esodo ha superato il milione.

La sede di Dresda dell’istituto Ifo ha lanciato di recente l’allarme: la popolazione delle regioni ex-Ddr è scesa tanto da essere tornata al livello del 1905. Fino a 70 anni fa la Germania si è sviluppata, sotto il profilo demografico, in maniera uniforme in tutto il territorio. Anche in questo nuovo trend, resta divisa.

IL TREND DEMOGRAFICO

Popolazione della Germania occidentale e orientale (1936 = 100) (Fonte: IFO)

IL TREND DEMOGRAFICO

Oggi i Länder orientali sono tra i meno popolati e le loro “grandi città” hanno stentato a svilupparsi come quelle dell’Ovest. La Sassonia nel 2017 aveva 4 milioni di abitanti contro per esempio i 18 della Renania Settentrionale-Vestfalia, la Sassonia Anhalt 2,2 milioni contro i 13 della Baviera, Meclemburgo-Pomerania occidentale 1,6 milioni contro gli 11 del Baden-Württemberg , Brandeburgo (che circonda la città-Stato di Berlino ma non la include) 2,5 milioni contro i 3,5 di Berlino e infine la Turingia con poco più di 2 milioni contro l’Assia che ne ha poco più di 6.

L’Ifo ha stimato che città come Dresda e Lipsia, se la Sassonia si fosse sviluppata dopo la riunificazione ai tassi dell’Ovest, sarebbero cresciute il doppio invece sono rimaste «piccole o sottosviluppate», hanno adesso 550.000 abitanti circa.

Le ricadute economiche
La demografia dunque ha contribuito pesantemente a far sì che il Pil, il Pil pro-capite, la produttività, i salari nell’ex-Ddr a trent’anni dalla caduta del Muro non siano ancora equiparabili a quelli della ex-Germania Ovest: anche se le regioni ex-Est hanno comunque registrato forti tassi di crescita e occupazione nel corso della riunificazione. La Turingia per esempio ha un tasso di disoccupazione allineato alla media federale.

IL GAP DI PRODUTTIVITÀ DELLE AZIENDE DELL’EST

(Fonte: Diw)

IL GAP DI PRODUTTIVITÀ DELLE AZIENDE DELL’EST

La demografia spiega inoltre in parte perché AfD, il partito di estrema destra xenofobo, trovi terreno fertile proprio nei Länder ex-Ddr, dove c’è maggiore invecchiamento (per esempio un’età media di 47,3 anni in Sassonia contro i 44,85 della media federale) e attecchisce nelle regioni rurali «dissanguate dall’esodo». Ma paradossalmente l’Est registra meno immigrati residenti rispetto all’Ovest, con quote nell’Est attorno al 4% della popolazione contro il 10-17% dei Länder occidentali più popolati.

Una storia di grandi flussi
La storia delle due Germanie, iniziata nel 1945 con la suddivisione del territorio occupato da Usa, Gran Bretagna, Francia e Unione Sovietica e segnata dal Muro eretto nel 1961 e crollato nel 1989, è infatti anche una storia di grandi flussi da Est e Ovest e da Ovest ad Est: non solo i fiumi di denaro, ma anche e soprattutto i movimenti di “Ossis e Wessis”. Sono stati tre i grandi flussi: dal 1950 al 1961, dal 1989 al 1990 e tra il 1998 e i primi anni del 2000, come ha ricostruito la testata Zeit.

I primi e più importanti flussi tra la Germania occupata da Usa, Gran Bretagna, Francia da un lato e dall’altro lato dall’Urss sono stati quelli dei tedeschi e delle grandi aziende che sono fuggiti nell’Ovest per scappare dalla soppressione sovietica e per trarre vantaggio dall’occupazione “filocapitalista” degli alleati. Già nel 1952, poco prima che Stalin morisse, il numero degli emigrati da Est ad Ovest era triplicato, da 22.000 a 58.000. Nel luglio 1961, 30.442 scapparono a Ovest in un solo mese. E il giorno prima del Muro, il 12 agosto 1961, furono in 2.400 a cercare rifugio nella Berlino Ovest, un picco che non si vedeva dal 1953.

L'esodo delle aziende
A questo flusso, va ad aggiungersi quello delle aziende: la più simbolica è stata l’Audi. Nel giugno 1932, Audiwerke, Horchwerke e Zschopauer Motorenwerke J. S. Rasmussen AG (DKW) si erano fuse nella Auto Union AG, con sede a Chemnitz, Sassonia, formando il secondo gruppo automobilistico in Germania. I sovietici lo smantellarono, lo fecero a pezzi e Audi risorse a Ingolstadt, tra Monaco e Norimberga in Baviera e fiorirà sotto l’occupazione americana che trasforma la regione da agricola a polmone industriale.

Come Audi ve ne sono state altre come Wella, gruppo industriale specializzato in prodotti di cosmetici, fondata in Rothenkirchen Sassonia, e Osram, gruppo specializzato nell’elettronica e nell’illuminotecnica, nata a Berlino e ora con sede centrale a Monaco di Baviera. I grandi gruppi si delocalizzarono, e dopo la riunificazione la Treuhaus “privatizzò” 12.000 aziende nella Germania orientale, mentre il management e i quadri delle istituzioni pubbliche vennero rimossi, innescando un risentimento che ha ancora focolai.

Un Est dominato dalle Pmi
Oggi le regioni ex-Est hanno un tessuto industriale dominato da micro, piccole e medie imprese che stentano a internazionalizzarsi e ad affrontare la globalizzazione: anche loro, terreno fertile per AfD e il movimento Pegida fondato a Dresda. La forte presenza di Pmi, salvo eccezioni come il leader mondiale Kirow Works o il gioiello dell’ottica Zeiss, tra l’altro mantiene la produttività e la media dei salari nell’Est a livelli più bassi rispetto all’Ovest.

«La produttività è ancora bassa nella Germania orientale rispetto a quella occidentale ma questo dipende anche dalla struttura delle aziende, che sono prevalentemente Pmi meno produttive, e che hanno difficoltà ad adattarsi alla globalizzazione, a internazionalizzarsi, a investire in digitalizzazione e innovazione», spiega Joachim Ragnitz, capo economista della sede di Dresda dell’Ifo, aggiungendo che «le Pmi pagano salari più bassi rispetto alle grandi aziende che hanno accordi salariali con i sindacati applicati su scala federale».

«Un altro fattore che ha rafforzato la disparità è la fuga dei cervelli dall’Est all’Ovest – sottolinea Ragnitz -. In quanto alla delocalizzazione delle imprese dall’Ovest all’Est per sfruttare il costo del lavoro più basso, questo fenomeno è stato limitato perché è stato visto come un vantaggio di breve termine, in quando i salari nell’Est sono saliti per avvicinarsi a quelli dell’Ovest».

La scarsa urbanizzazione e la permanenza di estese aree rurali secondo il think tank Diw è un altro importante fattore che contribuisce all’arretratezza economica dell’Est. «Permane una marcata differenza di livelli di produttività – afferma Alexander Schiersch, economista DIW -. Questo è anche dovuto al fatto che l’Est ha una struttura molto più rurale rispetto all’Ovest, e questo è un fattore di cui bisogna tener conto per fare investimenti mirati nelle infrastrutture».

La fuga di cervelli
I flussi in uscita dall’Est prima del Muro e fino al suo crollo sono continuati subito dopo la riunificazione ma anche all’inizio del 2000, con una “fuga” di cervelli stimata in centinaia di migliaia, prevalentemente giovani e donne, spinti dall’ambizione di trovare un futuro migliore nell’Ovest. Angela Merkel, riuscita a sottrarsi alla rete di informatori della polizia Stasi e per questo con tutte le carte in regola entrare nella Cdu ed ambire a quella che è poi stata una folgorante carriera politica, ha detto che il 9 novembre vide la libertà come «una delle più grandi sorprese della mia vita». Oggi questa voglia di libertà resta nell’Est guardando ad Ovest: ma non è più una libertà di espressione e di movimento, è una libertà di scelta in termini di occupazione e qualità della vita.

Per approfondire:
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