Diritti

Class action ancora lenta in Italia. Doppio binario con le vecchie regole

La riforma del 2019 è in vigore da maggio ma manca il decreto che abilita le associazioni. Per gli illeciti precedenti vale il Codice del consumo

di Valentina Maglione e Bianca Lucia Mazzei

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4' di lettura

A più di due anni e mezzo dalla sua approvazione, la nuova class action stenta ancora a partire. Qualcosa inizia a muoversi ma non è certo la rivoluzione annunciata quando, il 3 aprile del 2019, la legge 31 fu a varata dal Parlamento a larghissima maggioranza, proprio al fine di allargare il ricorso all’azione di classe, ancora molto poco utilizzata. Prorogata per due volte, la riforma è entrata in vigore solo il 19 maggio di quest’anno e sulla piattaforma online del ministero della Giustizia figura appena un procedimento (peraltro estinto) e pochi altri sono in arrivo.

La class action viaggerà così su due binari. Nonostante il debutto delle nuove disposizioni, le vecchie (e più restrittive) regole previste dal Codice del consumo continueranno a essere applicate alle violazioni messe in atto fino al 19 maggio, mentre la riforma riguarderà gli illeciti successivi a tale data. Ma la linea di demarcazione tra l’applicazione di vecchia e nuova procedura non è così netta poiché le violazioni alla base delle azioni di classe spesso continuano nel tempo.

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L’impasse

L’avvio al ralenti della nuova class action è dovuto al ritardo nell’entrata in vigore delle nuove disposizioni - avvenuto 25 mesi dopo la loro approvazione - e a un’attuazione ancora incompleta, benché la legge prevedesse il varo di tutti i decreti i prima della partenza, in quanto necessari a far funzionare la riforma. Pesa soprattutto la mancanza del decreto che fissa i requisiti di ingresso nell’elenco delle associazioni e delle organizzazioni legittimate a presentare le azioni di classe: previsto entro il 19 ottobre 2019, sarà varato dal ministero della Giustizia nei prossimi giorni.

In attesa dell’elenco, le associazioni dei consumatori sono quindi rimaste fuori gioco, nonostante rappresentino il canale da cui in passato è arrivato il maggior numero di azioni. Il decreto della Giustizia (che è all’esame dello Sviluppo economico per il concerto) fa entrare automaticamente nel nuovo elenco le associazioni e le organizzazioni presenti nell’attuale elenco tenuto dal Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti. Secondo Paolo Martinello, presidente di Altroconsumo, alcuni punti sono però molto critici. «L’obbligo di convocare tutti gli iscritti almeno una volta l’anno può funzionare solo per organizzazioni piccole, non per la nostra che ha 350mila iscritti. Anche la richiesta del possesso dei requisiti di onorabilità per gli associati e non solo per gli amministratori è assurda». Nel frattempo le associazioni continuano a lavorare con la “vecchia” class action.

Le nuove azioni

Fino al varo del decreto sulle associazioni legittimate, le nuove class action possono essere avviate solo dai componenti della classe, cioè coloro che hanno subito la violazione dei loro diritti. È il caso del ricorso proposto il 4 novembre da tre investitori (ma altri sarebbero pronti ad aderire) contro il gruppo Binance, uno dei principali exchange di criptovalute, per disservizi e mancanza di trasparenza della piattaforma Binance futures.

Il ricorso, presentato da Lexia avvocati al Tribunale di Milano, affronta il nodo della decorrenza temporale: «Le violazioni sono iniziate prima del 19 maggio - spiegano Roberto Ghio e Michele Mennoia, che seguono l’azione - ma sono proseguite anche dopo, finché Consob, a seguito dell’iniziativa di Lexia e Swiss Blockchain Consortium, ha emesso il warning del 15 luglio e il sito di Binance Futures è stato oscurato in Italia e in altri paesi Ue. Quella di Binance è stata dunque una condotta reiterata e continuativa, che abbiamo scelto di contrastare con la nuova azione di classe, varata proprio perché le norme precedenti si sono rivelate inadeguate».

Ha una natura in parte diversa l’unica procedura presente sul portale dei servizi telematici della Giustizia: è un’azione inibitoria collettiva, avviata contro il Comune di Roma per bloccare un appalto (ed estinta dopo la sua aggiudicazione). Lo stesso strumento, sempre disciplinato dalla riforma della class action, è stato usato con il ricorso proposto ad agosto dalla Cgil per bloccare l’applicazione del contratto nazionale Ugl rider.

Il confronto

La nuova class action

Il raggio d’azione

Può essere proposta da cittadini, imprese e professionisti e riguardare sia le responsablità contrattuali che quelle extracontrattuali. Le norme sono inserite nel Codice di procedura civile

L’adesione alla classe

La riforma consente di aderire alla class action in due momenti: dopo l’ordinanza del giudice che dichiara l’ammissibilità; e anche dopo la sentenza che accoglie la domanda

I risarcimenti

La pronuncia di accoglimento apre una terza fase che conduce a definire i risarcimenti (solo quelli individuali relativi ad azioni non proposte da associazioni vengono decisi dal giudice che decide l’accoglimento)

Applicazione temporale

Le nuove regole riguardano le violazioni poste in essere dal 19 maggio 2021

La vecchia class action

Il raggio d’azione

Può essere proposta solo da consumatori e può riguardare le violazioni di carattere contrattuale. È disciplinata dall’articolo 140-bis del Codice del consumo

L’adesione alla classe

Il consumatore può avviare il procedimento giudiziale direttamente o tramite un’associazione. Altri consumatori che si trovano nella stesa situazione possono aderire all’iniziativa fin dall’inizio o dopo la dichiarazione di ammissibilità entro il termine fissato dal tribunale (sempre prima della sentenza che accoglie o respinge la domanda)

I risarcimenti

Se accoglie la domanda, il giudice liquida le somme a chi ha aderito alla class action

Applicazione temporale

Si continua ad applicare per tutte le violazioni realizzate prima del 19 maggio 2021

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