AnalisiL'analisi si basa sulla cronaca e sfrutta l'esperienza e la competenza dell'autore per spiegare i fatti, a volte interpretando e traendo conclusioni. Scopri di piùAl G20

Clima, i grandi della terra si dividono sui costi

Al G20 tutti i governanti sono d’accordo sugli obiettivi e sugli impegni ma nell’applicare le politiche ambientali ci sono interessi economici e scelte contraddittorie

di Jacopo Giliberto

Clima, il ghiaccio piu' antico delle Alpi sara' al sicuro in Antartide

6' di lettura

C’è una locuzione inglese, virtue signal, che significa esibire con molta enfasi propositi virtuosi. Ancora in inglese, Bernard de Mandeville nel 1705 coniò private vices publick benefits, vizi privati e pubbliche virtù.
La sfida del clima presentata al G20 di Venezia ancora una volta esibisce in pubblico i toni muscolari di impegni e investimenti ma il procedere dei fatti è molto più ondivago e basato su scelte tattiche spesso di portata assai limitata.

Il 18 maggio l’Aie (Agenzia internazionale dell’energia) ha detto qual è la via per decarbonizzare il pianeta entro il 2050.
La ricetta della roadmap Net Zero by 2050 è semplice e difficilissima al tempo stesso.
Non aprire nuove miniere e nuovi giacimenti; correre sulle fonti rinnovabili come il vento e soprattutto il sole; elettrificare a tutta manetta, a cominciare dalle auto; tecnologie per reti intelligenti e per accumulare la corrente elettrica prodotta; idrogeno e bioenergie; accelerare con il nucleare e con la tecnologia ancora incerta del Ccsu (catturare l’anidride carbonica e riutilizzarla, o seppellirla in vecchi giacimenti vuoti).

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Problema. Tutto ciò ha costi rilevanti. Il reddito medio annuo nei Paesi che dipendono dai giacimenti sarà spazzato del 75% scendendo da 1.800 a 450 dollari [Fonte: Aie]: sarà un costo sociale devastante che porterà alla migrazione economica milioni di nuovi poveri ma comunque, assicurano gli esperti, sarà un costo assai inferiore al disastro climatico promesso.

Ed è il costo, il motivo delle divisioni. I grandi sorridono davanti all’obiettivo fotografico della difesa del clima ma, dietro, si dividono sui valori economici sottesi.

Ecco alcuni dei punti di divisione fra le diverse politiche.

A tutte rinnovabili

Non c’è dubbio che le fonti rinnovabili d’energia siano quelle del futuro. Fotovoltaico ed eolico sono sempre più efficienti e il chilowattora prodotto è sempre più competitivo, soprattutto quando i combustibili fossili come carbone, petrolio e gas stanno rincarando.

Il panorama però è molto variegato e non mancano contestazioni ai progetti verdi, come sottolinea questa analisi di Enrico Mariutti su Econopoly del Sole24Ore.
Mentre per ridurre le bollette elettriche l’Italia il 1° luglio ha usato i fondi raccolti tramite le aste per assegnare i diritti di emissione di CO2, invece la Spagna ha scelto di ribassare le bollette prendendo i soldi da chi non emette CO2. Il Governo di Madrid su proposta della ministra della Transizione ecologica Teresa Ribera ha deciso di ridurre i profitti di alcuni impianti che producono energia elettrica (tra cui quelli eolici) per finanziare la riduzione del costo delle bollette pagate da famiglie e imprese, su cui pesa il rincaro dei prezzi della CO2. Verrà tagliata la remunerazione percepita dagli impianti non emettitori di CO2 entrati in attività prima del 2005: centrali nucleari, impianti idroelettrici e parchi eolici di potenza superiore a 10 megawatt.

Un caso particolare e contraddittorio è l’Australia, Paese forte esportatore di carbone. Mentre investe sulla diversificazione rinnovabile, la ministra dell’Ambiente Sussan Ley ha bocciato un importante progetto di fonti rinnovabili nell’Australia Occidentale, il progetto Pilbara, che prevede fotovoltaico e solare in oltre 666mila ettari. Secondo la ministra, il progetto sarebbe devastante per le piante e gli animali.

A tutta carbon tax

La settimana prossima la Commissione Ue presenterà il pacchetto clima Fit for 55. L’obiettivo è accelerare la decarbonizzazione della produzione di corrente elettrica, cessare entro la fine del 2021 ogni nuovo finanziamento internazionale alla costruzione di centrali a carbone privi di sistemi Ccsu che catturino le emissioni, eliminare i sussidi “inefficienti” ai combustibili fossili entro il 2025.

Ma il progetto europeo prevede anche una carbon tax per far pagare i costi dell’anidride carbonica ai produttori che esportano verso l’Europa.
È un dazio ambientale che serve a limitare i danni del carbon leakage, cioè la fuga delle produzioni dalla costosa Europa versi Paesi meno eco-esigenti.

L’Europa ha anche un altro meccanismo, l’Ets, che finalmente sta rendendo visibile il costo della CO2. Anche troppo visibile, addirittura da portare al fallimento economico, protestano i settori industriali più esposti. Quotazione classica di una tonnellata di CO2 emessa: 20 euro. Quotazione attuale: circa 45 euro. Valore atteso: 75 euro la tonnellate.

Esperti stimano che per avere effetto e riuscire modificare gli stili di consumo sui carburanti una carbon tax dovrebbe pesare 7,5 centesimi su ogni litro di benzina. In Italia forse non basta ancora a togliere competitività ai carburanti fossili, perché il disincentivo fiscale pesa 13 volte di più, cioè 1,02 euro al litro alla rilevazione del 6 luglio, circa il 160% in più di penalizzazione fiscale sul prezzo industriale. [Fonte: Sviluppo economico ]. Inoltre paghiamo già la carbon tax introdotta nel 1999 dall’allora ministro dell’Ambiente Edo Ronchi. Poco dopo la nobile destinazione ambientale venne dimenticata e il gettito di quella carbon tax venne incamerato nelle accise.

A tutto carbone

Con 2,15 miliardi di tonnellate petrolio-equivalenti, quest’anno la Cina dovrebbe raggiungere il primato di utilizzo del carbone [Fonte: Aie ] mentre ferma gli incentivi alle fonti rinnovabili.
In Germania, dove molti verdi hanno in tale odio il nucleare da preferirgli il carbone, anzi quel carbonaccio fumigoso che è la lignite nazionale, si annuncia la chiusura di centrali nucleari e di 84 centrali a carbone, si sventolano i successi rinnovabili della pulitissima Energiewende, ma intanto entra in pressione la nuovissima centrale a carbone di Datteln e si rinvia la chiusura di quella di Heyden per non far mancare la corrente ai tedeschi. [Fonte: BNetzA ].

Invece il Governo canadese frena l'aumento dell'estrazione di carbone a uso termoelettrico: nessun nuovo progetto minerario verrà più approvato, ha annunciato il ministro dell'Ambiente Jonathan Wilkinson.

A tutto nucleare

In Europa c’è divisione se considerare buono o cattivo il nucleare. Non emette anidride carbonica ma è una tecnologia che suscita molta paura.
La tassonomia europea degli investimenti verdi è quella che determina la destinazione dei flussi di denaro e in questa classifica l’energia atomica non ha ancora una collocazione definita.
I tedeschi, che ne fanno ampio uso, sono contrarissimi al nucleare; gli svizzeri nel recente referendum popolare hanno respinto le leggi climatiche e stanno dibattendo se allungare la vita utile delle loro centrali atomiche.
Nell’incertezza su come definire il nucleare, se dalla parte dei cattivi o tra i buoni, la Commissione europea ha chiesto mesi fa al suo centro ricerche Ccr-Jrc (Centro comune di ricerca, Joint research center) una valutazione scientifica per accertare se le centrali atomiche danneggiano l’ambiente o la salute. La risposta degli scienziati è stata serena e univoca: il nucleare non fa danno.

Nei giorni scorsi il tema è stato dibattuto anche in sede di Parlamento europeo a Strasburgo, dove la parlamentare cristiano-democratica svedese Sara Skyttedal ha promosso una raccolta di firme fra una novantina di parlamentari a sostengo di una risposta che assolva il nucleare.

La Francia è in Europa in Paese che del nucleare fa motivo di orgoglio nazionale e di business internazionale.
I reattori di tecnologia francese Epr in costruzione in Europa a Flamanville (Normandia) e Olkiluoto (Finlandia) faticano a essere finiti, e i costi stanno volando, ma la stessa tecnologia viene riproposta nel mondo insieme con i cinesi.
È questa la tecnologia di derivazione francese adottata dalla centrale cinese di Taishan, la quale a metà giugno ebbe alcune smagliature al sistema di raffreddamento, divulgate come allarme atomico dalla stampa concorrente degli Stati Uniti, dove è in sviluppo il piccolo nucleare come il TerraPower al sodio proposto da Bill Gates.

Ma i più formidabili sostenitori dell’energia atomica sono i russi.
La Rosatom ha reattori Vver ad acqua pressurizzata in costruzione in mezzo mondo, dalla Bielorussia alla Turchia, ma sta presentando all’affezionata clientela il nuovissimo reattore compatto da 300 megawatt a neutroni veloci, autofertilizzante, raffreddato al piombo fuso, ciclo del combustibile integrato sul sito, roba che per gli ingegneri nucleari di tutto il mondo vale la foto del mese nel paginone centrale.

Nota finale: una scelta difficile e bella per l’Enea

Una nota finale. Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha deciso chi sostituisce Federico Testa, il quale ha rinunciato all’incarico di presidente dell’Enea per motivi personali. Ancora una volta Cingolani ha scelto contraddicendo i luoghi comuni senza paura di suscitare orticaria: il ministro ha proposto per la nomina a presidente dell’Enea un oscuro tecnico, un funzionario ministeriale. Una scelta di valore che darà prurito a molti: il bravissimo Gilberto Dialuce.

Riproduzione riservata ©
  • Jacopo Gilibertogiornalista

    Lingue parlate: italiano, inglese

    Argomenti: ambiente, energia, fonti rinnovabili, ecologia, energia eolica, storia, chimica, trasporti, inquinamento, cambiamenti climatici, imballaggi, riciclo, scienza, medicina, risparmio energetico, industria farmaceutica, alimentazione, sostenibilità, petrolio, venezia, gas

    Premi: premio enea energia e ambiente 1998, premio federchimica 1991 sezione quotidiani, premio assovetro 1993 sezione quotidiani, premio bolsena ambiente 1994, premio federchimica 1995 sezione quotidiani,

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