Climate change, Italia il Paese più vulnerabile fra le maggiori economie europee
Secondo l’agenzia Scope Ratings, nello scenario peggiore, la transizione potrebbe costare all’Italia 17,5 trilioni nell’arco di 30 anni. Minori rischi invece per la Germania
di Chiara Di Michele
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L’Italia è il Paese più vulnerabile in Europa ai rischi legati al cambiamento climatico e, nello scenario peggiore, la transizione potrebbe arrivare a costare fino a 17,5 trilioni di euro nell’arco di trent’anni. È il risultato dello stress test climatico sulle grandi economie europee effettuato da Scope Ratings, agenzia di rating che valuta - con il Macroeconomic Climate Stress Test (Mcst) di Scope Esg - l’impatto dei rischi nei prossimi decenni. L’indice esamina sia i rischi fisici, associati alla temperatura (rischio cronico), alle inondazioni fluviali e alla siccità (rischio acuto), sia quelli di transizione lungo l’intera catena del valore economico, legati alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra (Scope-1, Scope-2 e Scope-3).
Un impatto sul Pil cumulato pari al 14,5%
«Applicando Mcst alle cinque maggiori economie europee - Germania, Francia, Italia, Spagna e Paesi Bassi - emerge come l’Italia sia il Paese maggiormente a rischio, qualora lo scenario diventasse ancora più avverso nei prossimi decenni», spiega Hazem Krichene, senior director climate economist presso Scope Esg, aggiungendo che «il cambiamento climatico in una transizione ritardata potrebbe costare ipoteticamente 17,5 trilioni di euro tra il 2020 e il 2050, pari al 14,5% del Pil».
Al contrario, la Germania risulta essere il paese meno esposto al rischio climatico, in uno scenario del genere, con un costo stimato pari a 7,1 trilioni di euro (il 3,2% del Pil cumulativo tra il 2020 e il 2050). Per le cinque maggiori economie dell’Unione europea i costi legati a una transizione tardiva sono complessivamente pari a 41 trilioni di (6,3% del Pil cumulato) ma le perdite non sono distribuite in modo uniforme nel trentennio e saranno più elevate in alcuni anni rispetto ad altri con un’impennata dal 2035.
I tre scenari
La metodologia Mcst proietta i rischi climatici nei tre scenari sviluppati dal Network for Greening the Financial System (Ngfs): scenario ordinato, che prevede l’introduzione graduale di politiche stringenti; scenario disordinato (ritardato), con politiche divergenti tra settori per il raggiungimento del Net Zero e più stringenti a partire dal 2030; scenario della serra, equivalente a una inattività sul fronte delle politiche per il contenimento dei cambiamenti climatici.
Dal report si evince che i costi sono distribuiti in modo sproporzionato, con la Spagna che segue a ruota l’Italia mostrando un impatto economico, in caso di transizione tardiva, pari a circa il 10,5% del Pil, mentre sono più distanziati i Paesi Bassi (vicini al 6%) e la Francia (poco sopra il 4,5%), oltre alla Germania. I due Paesi del Mediterraneo (Italia e Spagna) – secondo le stime del report - sono inoltre esposti al rischio fisico cronico associato all’aumento delle temperature, con perdite economiche annue rispettivamente dell'8,7% e del 6,5%, a causa della siccità.
Francia e Germania
Francia e Germania invece sono esposte al rischio di alluvioni fluviali con perdite annue rispettivamente del 3,7% e del 3,2% del Pil nello scenario della serra. Complessivamente, nel periodo 2020-2050, gli scenari disordinati e serra mostrano perdite economiche più elevate rispetto allo scenario ordinato. «Se verrà raggiunto il Net Zero entro il 2050, le economie dell’Ue non dovranno affrontare ulteriori rischi di transizione nella seconda metà del secolo e potrebbero limitare l’impatto del rischio fisico a +2°C (o +1,5° C) rispetto allo scenario della serra», afferma Tetiana Markiv, analista di Scope Esg. «Una transizione costosa nella prima metà del secolo consentirebbe ai cinque grandi Paesi dell’Ue di evitare danni economici potenzialmente catastrofici e irreversibili dello scenario della serra nella seconda metà del secolo».
Esaminare le economie sulla loro esposizione agli scenari di cambiamento climatico, spiega il report, è fondamentale per scoprire i rischi nascosti anche nei portafogli degli investitori.
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