Cloud aperto e intelligenza artificiale, la trasformazione digitale secondo Google
Al via Next 22, l’evento in cui la casa di Mountain View traccia il presente e il futuro delle applicazioni del computing nella nuvola.
di Gianni Rusconi
4' di lettura
Essere preparate per il domani prendendo le decisioni giuste oggi. È partito da un assunto molto esplicito Thomas Kurian, Ceo di Google Cloud, nel dare il benvenuto alla platea di Next 22, evento in cui la casa di Mountain View traccia il presente e il futuro delle applicazioni del computing nella nuvola. Il monito che il manager rivolge alle aziende si inquadra in un momento di svolta nel settore del cloud, in cui i dati e l'intelligenza artificiale stanno trasformando tutto ciò che ci circonda e gli ecosistemi aperti e connessi diventano essenziali per tutto ciò che facciamo. Apertura e interoperabilità sono dunque le parole chiave, secondo Google, per affrontare le turbolenze del mercato e portare a termine quel processo di trasformazione digitale che la pandemia ha accelerato.
Chi ha scommesso su Google Cloud
L'esempio da seguire, ha aggiunto ancora Kurian, sono le aziende che hanno già scelto Google Cloud per impattare sui costi di gestione dell'infrastruttura It e sulle capacità di elaborazione dati. Si va dalle organizzazioni di classe enterprise (i principali retailer al mondo, grandi banche come HSBC o importanti case automobilistiche come Ford o Toyota) ad aziende emergenti come Tokopedia, uno dei più grandi e-commerce indonesiani, o Doordash, colosso americano del food delivery con una rete di 340mila commercianti. Oggi la nuvola di BigG serve il 70% dei primi 100 “unicorni” del mondo e l'80% dei principali attori del mondo banking e automotive, senza contare la miriade di enti pubblici e governativi.
Una nuvola di dati più aperta
Il messaggio che Google invia alla sterminata platea di utilizzatori della sua tecnologia è da anni sempre lo stesso: continuità nell'innovazione. Nella prima metà del 2022, ha sottolineato Kurian, sono state diverse le novità di prodotto e le partnership introdotte per aiutare a lavorare meglio i decision maker, gli sviluppatori, i team informatici, gli esperti di cybersecurity e ora il focus dell'azienda è quello di fare passi in avanti significativi per fornire un cloud di dati ancora più aperto, estensibile e potente. L'obiettivo, in altre parole,
è mettere nelle mani dei Cio e di tutto il management di un'organizzazione gli strumenti – intelligenza artificiale ovviamente compresa (Google AI) - per utilizzare le informazioni provenienti da tutte le fonti e in tutti i formati di archiviazione disponibili. Proprio per ampliare la possibilità di lavorare con tutti i tipi di dati è in arrivo in BigQuery (il data warehouse di analisi multi-cloud con capacità di petabyte di Google) una nuova funzionalità per il supporto dei dati non strutturati e in streaming che amplierà in modo significativo mentre la “fusione” fra due strumenti di business intelligence come Looker e Google Data Studio va nella direzione della sempre più stretta integrazione fra questi tool e le tecnologie proprietarie di machine learning e delle conseguenti maggiori capacità di portare intelligenza nelle applicazioni per prendere decisioni “data driven”. Un ulteriore mattoncino che Google ha posato in chiave open è infine il supporto di tutte le principali piattaforme di dati aziendali (Collibra, Elastic, MongoDB, Palantir Foundry e ServiceNow), con il dichiarato intento di rimuovere qualsiasi barriera tra i dati e di evitare il data lock-in.
Cinque nuove regioni di Google Cloud
Lo sforzo che BigG promette alla propria utenza è quella di semplificare loro il compito di costruire l'infrastruttura informatica più adatta al processo di trasformazione tramite una serie di aggiornamenti (di tipo software e hardware, vedi l'adozione dei processori Intel Xeon Scalable di quarta generazione) che i renderanno più semplice per le organizzazioni di ogni tipo e dimensione la migrazione al cloud anche di sistemi mainframe vecchi di oltre 20 anni. Per fare questo ecco il previsto nuovo step della rete globale di Google Cloud, con l'annuncio di cinque nuove regioni (Austria, Grecia, Norvegia, Sudafrica e Svezia) che si aggiungono alle quattro annunciate all’inizio di quest'anno: ad oggi sono 48 le regioni attive su scala globale e servono aziende di oltre 200 Paesi.
Un hub di collaborazione alimentato dall'AI
Al tema del lavoro ibrido e della sempre più spiccata esigenza di uno spazio di lavoro digitale e condiviso in cui collaborare e portare a termine progetti in modo sicuro, indipendentemente dal luogo in cui lavorano, Google dedica infine le ultime novità della propria suite Workspace. L'evoluzione della piattaforma Meet, per esempio, ha sposato da tempo il concetto delle connessioni immersive, e cioè la possibilità di rendere una videochiamata coinvolgente quanto una riunione di persona, e prossimamente aggiungerà nuove funzionalità tra cui l'inquadratura adattiva con le fotocamere pilotate dall'intelligenza artificiale di Huddly e Logitech e lo speaker spotlight, che consente ai presentatori di incorporare il loro video direttamente in Google Slides. E infine Smart Canvas, lo spazio di co-creazione intelligente di Workspace in cui gestire Documenti, Fogli e Presentazioni per rendere la collaborazione online ancora più fluida e con un'esperienza paragonabile a quella di avere accanto fisicamente un collega del team di lavoro. Oltre a nuovi blocchi di costruzione personalizzati in Google Docs, che renderanno più accessibili i modelli di collaborazione a tutti gli utenti aziendali, la grande novità è l'apertura di Smart Canvas alle applicazioni di terze parti, come Atlassian, Asana, Miro o Tableau (Salesfroce). Dati aperti, per l'appunto.
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