Coldiretti porta in fiera i grappoli dell’Italia
L'Italia è un Paese contrassegnato dai vigneti da Nord a Sud, Isole comprese, dove spesso ogni territorio ha la propria uva di riferimento
di G.d.O
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Un giro d'Italia tra i grappoli è quello messo a punto dalla Coldiretti (padiglione 4 Stand D3) per celebrare la biodiversità del vino made in Italy nella giornata inaugurale della Vinitaly Special Edition.
Una grande esposizione delle centinaia di varietà coltivate in Italia (sono ben 608 i vitigni registrati nel nostro Paese contro i 278 della Francia) tipiche dei differenti territori con nomi che spesso rivelano una storia tutta da raccontare. L'Italia è infatti un Paese contrassegnato dai vigneti da Nord a Sud, Isole comprese, dove spesso ogni territorio ha la propria uva di riferimento.
Anche le regioni più piccole come Molise e Valle d'Aosta. In Molise imperversa infatti la Tintilia, vitigno di montagna che resiste bene al freddo, alle malattie e all'attacco delle muffe e solo da pochi anni riscoperto e rilanciato grazie all'iniziativa di alcune cantine molisane. In Valle d'Aosta si coltiva invece il Petit rouge, un vitigno “d'altura” che cresce fino ad 800 metri di altitudine ed è un “sopravvissuto” alle invasioni barbariche che causarono un abbandono della viticoltura nelle campagne della regione.
Nelle vigne lombarde – spiegano alla Coldiretti - si coltiva la Bonarda dal sapore zuccherino o la Croatina (che ha la caratteristica di avere una grande resistenza ai parassiti) varietà caratteristiche dell'Oltrepo pavese. Ma uve autoctone ci sono anche in Friuli Venezia Giulia come il Picolit dalla produzione molto ridotta (il simbolo del consorzio è un grappolo spargolo) già coltivato in epoca imperiale romana o lo Schioppettino che prende il nome dal fatto di diventare leggermente frizzante durante la fermentazione a causa dell’anidride carbonica, dando la sensazione al palato come di scoppiettare.
Vitigni spesso portati da viaggiatori nell'antichità come i fenici che probabilmente portarono in Sardegna il Nuragus, ma anche viaggiatori di medio raggio come i pastori abruzzesi che con la transumanza diffusero nella loro regione la Cococciola.
Non poteva non avere i propri vitigni autoctoni la Liguria sui cui vigneti terrazzati è piantato l'Ormeasco, da cui si ricava un vino rosso conosciuto fin dal ‘30. 0La Malvasia del Chianti è una tipicità toscana di origine mediterranea – prosegue Coldiretti - che ha una grande versatilità, tanto da essere utilizzata anche nell'uvaggio del Chianti per smussare le asperità del Sangiovese.
Sangiovese, che invece è vitigno principe della Toscana dove declinato nei diversi territori dà origine alle celebri griffe toscane dal Chianti Classico al Brunello di Montalcino, da Nobile di Montepulciano al Morellino di Scansano (in questo caso il terroir è quello della Maremma toscana).
Il Sagrantino umbro è invece considerato dagli studiosi il vino più tannico al mondo, dopo un passato nel quale i contadini lo coltivavano per produrre un vino passito utilizzato sia nel mondo ecclesiastico, sia dalla popolazione, durante la celebrazione di funzioni e festività religiose come la Pasqua. Una grande capacità di sopportare le avversità – sottolinea la Coldiretti - e i cambiamenti climatici contraddistingue il vitigno Lambrusco Grasparossa di Castelvetro, che si coltiva nei terreni asciutti dell'alta pianura e della collina modenesi.
L'Erbaluce di Caluso è, invece, un piccolo gioiello del Piemonte che deve il suo nome al colore che assumono gli acini in autunno, un giallo intenso con riflessi dorati. Descritto già nel 1600 è oggi usato per produrre un bianco, uno spumante e un rarissimo passito.
Il (o secondo alcuni “la”) Glera veneto è la star delle colline di Conegliano Valdobbiadene dichiarate patrimonio dell'umanità dall'Unesco, ma anche l'uva dalla quale nasce il Prosecco, il vino italiano più popolare all'estero. «Oltre all'Asprinio in Campania – prosegue la Coldiretti - resiste la coltivazione alle falde del Vesuvio della Coda di Volpe, chiamata così per la forma curva del grappolo, simile alla coda della volpe. Predilige i suoli di origine vulcanica anche il Bellone, vitigno laziale conosciuto già in epoca romana tanto da essere citato da Plinio il Vecchio dal sapore fruttato, minerale e dai grappoli medio-grandi. Nelle Marche si coltiva la Passerina, che deriva il suo curioso nome dal fatto che i passeri sono ghiotti dei suoi piccoli acini, riscoperto negli ultimi anni per la produzione di un apprezzatissimo bianco».
È' finito invece sui palcoscenici di tutto il mondo il Trentino Marzemino, autoctono italiano a bacca blu-nerastra, grazie alla citazione nell’opera Don Giovanni di Lorenzo da Ponte musicata da Wolfgang Amadeus Mozart: «Versa il vino! Eccellente Marzemino!». Viene direttamente dall'Etna il Nerello Mascalese, vitigno siciliano che nasce su dei terreni costituiti, per gran parte, da sabbie vulcaniche e oggi al centro di una delle Doc italiane in maggiore ascesa.«Ha, invece, ascendenze omeriche il Nero di Troia – concludono alla Coldiretti - vitigno proveniente dalla città di Troia in Asia minore, rifondata in Puglia probabilmente da coloni greci».
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