REGOLARIZZAZIONE DEGLI STRANIERI

Colf, badanti e baby sitter: la sanatoria in 9 domande e risposte

Le soluzioni ai principali dubbi: dai costi ai requisiti reddituali, fino alle forme contrattuali e agli impegni da prendere con il lavoratore

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3' di lettura

È previsto un click day per la sanatoria 2020?
No. Le domande possono essere presentate dal 1° giugno al 15 luglio 2020.

Quali posizioni possono essere sanate?
Nelle sanatorie passate potevano essere regolarizzate solo posizioni lavorative pregresse, ovvero rapporti di lavoro già in corso. La grande novità del Dl 34/2020 è il doppio binario a disposizione dei datori di lavoro, che possono sanare rapporti già esistenti ma anche dichiararne di nuovi nel caso di cittadini stranieri extra Ue.

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Quali sono i costi a carico del datore che regolarizza un lavoratore?
Nel caso di un rapporto di lavoro che si instaura ex novo e che decorre dal momento della presentazione dell’istanza, il datore che assume dovrà aver pagato un contributo di 500 euro, oltre a una marca da bollo da 16 euro. Se invece il rapporto di lavoro fosse già in corso, oltre a questi due contributi il datore dovrà versare anche un forfait a copertura degli oneri contributivi, retributivi e fiscali. Tuttavia, questa cifra non è stata ancora definita dal ministero del Lavoro.

Qual è il reddito che deve avere il datore per regolarizzare un lavoratore?
Meno restrittivi rispetto al passato anche i criteri reddituali richiesti al datore di lavoro che presenta istanza di regolarizzazione. Nel caso dell’assunzione di una colf o di un’assistente a persona non autosufficiente per terzi, il reddito imponibile del datore di lavoro non potrà essere inferiore a 20mila euro annui in caso di nucleo familiare composto da un solo soggetto percettore di reddito, e non inferiore a 27mila euro annui in caso di nucleo familiare inteso come famiglia anagrafica composta da più soggetti conviventi.
La norma non stabilisce un quoziente legato al numero dei componenti il nucleo familiare specificando tuttavia che il coniuge e i parenti entro il secondo grado possono concorrere alla determinazione del reddito anche se non conviventi e che nella valutazione della capacità economica del datore di lavoro può essere presa in considerazione anche la disponibilità di un reddito esente da dichiarazione annuale e/o da una Cu (ad esempio l’assegno di invalidità).

I 500 euro saranno restituiti al datore se la procedura non andrà a buon fine?
No. In caso di inammissibilità, archiviazione o rigetto della domanda di emersione non si procederà alla restituzione delle somme versate precedentemente all'invio telematico della domanda. È consigliabile dunque a chi vorrà aderire alla procedura verificare che ci siano tutti i requisiti indicati nella legge, sia sulla condizione del datore, sia su quella del lavoratore.

Quali prove sono a carico del lavoratore?
Il lavoratore extracomunitario per il quale si presenta istanza di regolarizzazione, oltre a dover fornire un documento valido o in fase di rinnovo, dovrà dimostrare di essere sul territorio italiano prima dell’8 marzo 2020. La legge parla di rilievi fotodattiloscopici prima dell’8 marzo 2020, di dichiarazione di presenza resa in base alla legge 66/2007 o di attestazioni rilasciate da organismi pubblici.
Può essere sufficiente una certificazione medica proveniente da struttura pubblica, un certificato di iscrizione scolastica dei figli, le tessere nominative dei mezzi pubblici, certificazioni provenienti da forze di Polizia, titolarità di schede telefoniche o contratti con operatori italiani. E ancora, documentazione proveniente da centri di accoglienza e/o di ricovero autorizzati anche religiosi, attestazioni rilasciate dalle rappresentanze diplomatiche o consolari in Italia.

Quale impegno bisognerà assumere con il lavoratore?
In base alla circolare del 30 maggio del ministero dell’Interno, la retribuzione non deve essere inferiore all’importo dell’assegno sociale (459,83 euro per il 2020) e non inferiore ai minimi del Ccnl sottoscritto dalle organizzazioni sindacali e datoriali più rappresentative a livello nazionale. L’orario di lavoro minimo dovrà essere dunque di 20 ore alla settimana.

Servirà un contratto a termine o a tempo indeterminato?
La legge consente al datore di assumere il lavoratore a tempo determinato o indeterminato. Tuttavia, consigliamo alle famiglie di privilegiare il tempo indeterminato, sia perché i contributi previsti sono meno onerosi; sia perché il datore potrà sempre licenziare senza giusta causa o giustificato motivo, fermo restando il rispetto dei termini di preavviso. Se il rapporto di lavoro cessa, la pratica non decade: al lavoratore sarà rilasciato un permesso per attesa occupazione.

Servirà un contratto a termine o a tempo indeterminato?
La norma non esplicita l’arco temporale che può intercorrere tra la presentazione dell’istanza di regolarizzazione del cittadino straniero e la sottoscrizione del contratto di soggiorno.

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