Collezione Righi, 26 opere all’asta da Phillips
Il noto collezionista italiano vende un nucleo di opere per reinvestire sui giovani internazionali. Ad Arteconomy24 ha anticipato alcuni dei nomi a cui sta guardando
di Silvia Anna Barrilà
5' di lettura
Il 16 aprile il noto collezionista privato italiano Enea Righi mette all'asta da Phillips a Londra 26 opere della sua collezione, per una stima totale di 2.537.000-3.675.000 sterline.
Tra le opere più importanti ci sono “Senza titolo (1977 per 1978)” (1977-78) di Alighiero Boetti, un artista a cui Righi è particolarmente legato (stima 400-600.000 sterline), e “Mirror #2” (2006) di Glenn Ligon, con una stima di 600-800.000 sterline. Altri artisti inclusi nell'asta sono Anselm Kiefer, Daniel Buren, Candida Höfer, Etel Adnan.
“Nella mia attività di collezionista ho sempre cercato, quando un artista mi piace, di acquistare un nucleo di opere per seguire l'evoluzione dell'artista, come nel caso di Roni Horn e Kiki Smith” ha spiegato ad Arteconomy24 Enea Righi. “Quando ho selezionato – con grande sofferenza – le opere da mettere all'asta, ho scelto artisti di cui avevo diverse opere e che, quindi, rimangono rappresentati nella collezione”. D'altro canto, il nucleo di opere che va all'asta è una piccolissima selezione degli oltre 1.000 lavori della collezione di Righi, messa insieme nell'arco di 35 anni insieme al curatore Lorenzo Paini. “Mi viene un po' da ridere quando sento dire ‘Righi ha messo in vendita la collezione – così il collezionista – io ci ho messo la faccia, molti parlano male delle aste, invece poi le usano. Io ci ho messo il mio nome”.
Reinvestire nei giovani internazionali
I proventi della vendita verranno reinvestiti nella collezione per comprare opere di artisti emergenti. “Chi ama l'arte non riesce mai a fermarsi, è una malattia incurabile. Stiamo già valutando alcuni acquisti – ha dichiarato Righi, – sono artisti internazionali, purtroppo pochi italiani, ma questo è caratteristico della collezione. Per esempio, Alex Ayed, Adam Gordon, Dineo Seshee Bopape, Lawrence Abu Hamdan, Ima Abasi Okon, Yu Ji, Lewis Hammond, Thao Nguyen Phan, Tommy Malekoff. Altri non più emergenti, ma sempre fantastici sono Darren Bader, Mario Garcia Torres, Jason Dodge, Michel E. Smith, Annika Hi, David Horvitz. Abbiamo sempre comprato artisti non alla prima mostra, ci siamo affidati a galleristi che hanno fiuto formidabile, come Raffaella Cortese, Franco Noero, Zero…, gb agency. Il nostro interesse si è rivolto anche verso il mondo dell'Europa orientale e del Medioriente e, ogni tanto, abbiamo fatto incursioni nel passato, con grandi artisti concettuali come Baumgarten e Hans Haacke. Più vai avanti, più capisci che è tutto già visto, ci sono stati momenti in cui mi sono sentito stanco del contemporaneo, per cui mi sono rifugiato negli artisti degli anni ’60”.
La storia della collezione
Molte opere in vendita provengono dalla galleria di Yvon Lambert, a cui Righi è stato molto legato e con cui tuttora condivide la passione per i libri d'artista. I Boetti da La Bertesca di Genova o da collezioni private. “Pur avendo altri Boetti degli anni ’60, per me è come tagliarmi un braccio – dice Righi – Boetti è per me l'elemento chiave della collezione, è la grande cerniera tra il moderno e il contemporaneo, infatti, tuttora è fonte di ispirazione per gli artisti che lavorano con il concettuale, basti pensare al lavoro che Mario Garcia Torres ha svolto su di lui”. L'opera di Tom Sachs proviene dalla galleria di Thaddaeus Ropac, con cui Righi ha instaurato rapporti all'inizio della sua attività di collezionista. “Malcom Morley l'ho comprato da un grande gallerista che mi ha insegnato moltissimo, Emilio Mazzoli”.
Non sono tutte opere dei primi anni della collezione
“I Boetti sì – racconta Righi – cominciai con uno Schifano, poi continuai con la pittura americana degli anni ’80 (è in questo periodo che acquistai da Emilio Mazzoli). Poi ci siamo spostati sull'installazione, la fotografia concettuale, l'arte dei paesi dell'Est, abbiamo spaziato molto e ancora lo facciamo. Faccio molta fatica con l'arte digitale, non so se rappresenterà una trasformazione radicale nel mondo dell'arte.”
Gli artisti italiani
Gli italiani in collezione sono nomi già affermati: oltre a Boetti e Schifano, gli artisti della Transavanguardia, Agnetti, Bartolini, Vezzoli, De Dominicis, Lisetta Carmi (un acquisto recente), Cuoghi Corsello, Enzo Mari, Franco Vimercati, Lara Favaretto, Diego Marcon tra i più giovani, ma faccio fatica con gli artisti emergenti italiani, poiché spesso ho l'impressione di avere un déjà-vu. Un collezionista ha bisogno di novità, di vedere come si evolve il mondo attraverso gli occhi degli artisti, e con gli artisti italiani faccio fatica”.
L'impegno nel pubblico
Molte delle opere di Righi sono in prestito presso musei italiani. Circa 150 opere della collezione sono ancora al Museion, con il quale Righi ha rinnovato il deposito per altri cinque anni. “Letizia Ragaglia ha fatto lavoro strepitoso con la collezione, le opere in prestito non vanno solo esposte, vanno usate anche come elemento di scambio per ottenerne altre. Avevo prestato anche alcune opere al Madre di Napoli, ma col cambio di direzione le abbiamo ritirate. Altre 30 circa sono in giro per mostre temporanee”.
Ora che Righi ha dato le dimissioni da Servizi Italia, leader nel mercato dell'outsourcing di servizi ospedalieri in Italia e altri paesi come India, Turchia, Marocco, Singapore e Brasile, avrà ancora più tempo per dedicarsi all'arte, ma non ha intenzione di aprire la sua collezione al pubblico. “Stiamo ristrutturando uno spazio per la collezione, perché abbiamo tante opere nei magazzini, ma non per farne uno spazio pubblico” spiega Righi. “Preferisco collaborare con i musei per una visione politica dell'istituzione pubblica. Il vero messaggio culturale viene dai musei, che fanno veramente fatica a sostenersi”.
Phillips in Italia
“A differenza di altre case d'aste abbiamo offerto a Enea Righi una single-owner sale per dare maggiore visibilità alla collezione e anche per restituire in questo modo lo spirito del collezionista” ha spiegato Carolina Lanfranchi, Senior International Specialist di Phillips per l'arte del XX secolo e contemporanea e direttrice di Phillips in Italia. “Le opere sono rappresentative della collezione. Non sono scarti, ma opere a cui il collezionista è molto legato e che costituiscono un nucleo significativo. Lavorando con il collezionista abbiamo la possibilità di avere uno scambio, si parla naturalmente di termini finanziari, ma c'è anche un lavoro sui contenuti e a livello curatoriale. E, poi, in una single-owner sale ogni opera sostiene l'altra, perché diventano parte di un discorso”. L'asta, che si intitola “Out of the Blue” in riferimento all'idea di improvvisazione con cui è nata, si terrà in formato live (probabilmente con battitore in sala ma senza pubblico), e sarà preceduta da una mostra a Londra dal 12 al 15 aprile (online dal 7 all'11 aprile). “L'intenzione di Phillips in Italia è quella di creare una struttura leggera e flessibile, decentralizzata – spiega Lanfranchi –. Non intendiamo avere uno spazio per mostre, preferiamo essere noi ad andare dai clienti e affittare spazi temporanei quando necessario. Purtroppo, il mercato dell'arte italiana sta affrontando un momento di down, per quanto le blue chips siano sempre molto ricercate. Anche Christie's e Sotheby's hanno integrato le Italian Sales nelle aste di Londra. C'è stato uno shift internazionale in direzione di tendenze speculative, come l'arte africana. Comunque, il mercato è ciclico, per cui anche dopo questa crisi si ritornerà a crescere” conclude Lanfranchi.
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