Collezionisti e studenti sostengono il rilancio dell’Eli and Edythe Broad Art Museum
di Sara Dolfi Agostini
3' di lettura
Ci sono musei che nascono con una grande spinta, ma poi si perdono a causa di imprevedibili contingenze. È il caso dell' Eli and Edythe Broad Art Museum a Michigan State University, fondato nel 2012 e dotato di uno straordinario edificio di 4000 mq opera di Zaha Hadid, che nel 2015 ha perso il suo direttore Michael Rush, venuto a mancare inaspettatamente. Il museo, che ha preso il nome della nota coppia di collezionisti losangelini – Eli è un ex alunno dell'università – in cambio di una generosa donazione di 28 milioni di dollari su un costo totale di 45 milioni, aveva attirato subito l'attenzione del pubblico con una programmazione di richiamo, e una collezione che conta oggi 8 mila opere d'arte. Nonostante oltre 300 mila visitatori e ingresso gratuito, il museo ha tuttavia vissuto un vuoto di direzione per oltre un anno, fino alla nomina del noto curatore Marc-Olivier Wahler, già direttore del Palais de Tokyo di Parigi e dello Swiss Institute di New York, effettiva lo scorso luglio.
Ed è adesso, dopo un periodo si potrebbe dire di avviamento, che il museo si ricandida a punto di riferimento della scena artistica internazionale, con una data di inaugurazione, il 29 aprile prossimo, e il titolo di una nuova grande mostra, «The Transported Man». “Sarà un nuovo inizio per un'istituzione che punta a inserirsi nel dibattito sul museo del domani, insieme di due elementi, hardware e software, realtà fisica e piattaforma virtuale” spiega il nuovo direttore. E aggiunge: “Come andare oltre la realtà fisica senza perdere la propria identità istituzionale?”. La sua risposta è uscire dalle pareti del contenitore, e metaforicamente ridefinire il ruolo dell'arte, costruendo ponti con altri mondi della creazione e del sapere. “Il titolo della mostra, infatti, si ispira a un famoso gioco di prestigio del XX secolo, dove l'illusionista esce da una porta al lato del palco e rientra dal lato opposto” spiega Wahler, e invita a ripensare l'azione in termini artistici: “un'opera pittorica è composta di pigmenti su tela che a un tratto scompaiono e diventano arte”. La mostra, dunque, non tratta specificamente di magia, ma la richiama ad esempio, secondo un canone caro a molti artisti tra cui Marcel Duchamp, Ugo Rondinone e soprattutto Piero Manzoni, che sarà presente con la Base Magica (1961). “La mostra includerà prestiti importanti, ma anche nuove produzioni di artisti come J ason Dodge o Christian Jankowski, che realizzerà una performance durante la conferenza stampa basata sul romanzo Il Coccodrillo di Dostoevskij” anticipa il direttore.
Il budget per le mostre c'è, grazie a un'operazione di stampo privato che si aggiunge all'investimento da parte dell'Università, destinato a coprire stipendi e spese fisse della struttura. “Nel 2012 un numero di collezionisti si è impegnato in un piano di donazioni per cui ciascuno ha contribuito con un'offerta tra 500 mila dollari e un milione di dollari ogni anno per la durata di cinque anni: il tesoretto è adesso una sicurezza per lo sviluppo del progetto culturale, e il direttore per statuto può spendere il 4,5% dell'ammontare totale per iniziative di tipo espositivo” spiega Wahler. Accanto alla grande mostra, il direttore inaugurerà uno spazio di progetto per artisti emergenti con Alicja Kwade - che vedremo tra poco alla Biennale di Venezia – e una sala per installazioni video. La collezione, invece, sarà in mano a un comitato curatoriale di studenti: “saranno anche loro parte attiva nella definizione del museo del futuro” conclude il direttore, e dà appuntamento nella pancia del coccodrillo per la conferenza stampa “ad arte”.
loading...