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Come Blade Runner: l’eterno sogno delle «auto volanti» continua

Sono più di un centinaio i veicoli volanti in progettazione in tutto il mondo. Rappresentano la punta di diamante della mobilità urbana verticale, che in teoria ridisegnerà da capo a piedi non solo i trasporti, ma anche l’ecosistema delle nostre città. Airbus e Boeing sono i maggiori player di questo business, ma abbondano anche startup tipo la Tesla degli esordi. Ma si tratta davvero del nostro futuro o sono sogni?

di Enrico Marro

5' di lettura

Tutti ricordano “Blade Runner”. Correva l’anno 1982 e il Ridley Scott diventato famoso con “Alien” portava sul grande schermo un racconto di Philip Dick, morto pochi mesi prima dell’uscita del film, segnando una svolta nell'immaginario della science fiction. Pochi però ricordano, o sanno, che Blade Runner, con le sue macchine volanti che sfrecciavano tra i grattacieli nell’eterna e piovosa notte delle megalopoli del futuro, era ambientato nel 2019. Proprio quest’anno. E probabilmente ancora meno persone sanno che proprio quest’anno Boeing ha fatto alzare nel cielo il suo primo prototipo funzionante di automobile volante, veicolo che combina estetica e funzionalità di elicottero, drone e aereo ad ala fissa.

Il Boeing NeXt, che si è levato da terra il gennaio scorso in Virginia, è un veicolo a decollo verticale lungo oltre nove metri e largo otto e mezzo con un motore elettrico in grado di assicurare oltre 50 chilometri di autonomia di volo. Non pochi, se pensiamo a contesti urbani e a mezzi di propulsione a impatto zero. Il colosso di Seattle sta già lavorando anche a una versione cargo del NeXt, telecomandata e senza pilota a bordo, in grado di trasportare oltre 226 chili di merce. «Stiamo liberando il potenziale di mercato della mobilità aerea urbana - si entusiasma Steve Nordlund, vicepresidente e general manager di Boeing NeXt - nel nome di trasporti sicuri, efficienti e senza stress».

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L’eterna rivale di Boeing, Airbus, non resta certo alla finestra. Anzi, pensa ancora più in grande. Da tempo il consorzio europeo ha dato vita a Voom, una piattaforma di prenotazione on demand di piccoli elicotteri passeggeri, per di più relativamente “low cost”. «Sono atterrato all’aeroporto di San Paolo, in Brasile, e anzichè il taxi ho utilizzato Voom per raggiungere il mio hotel», racconta con orgoglio Joerg Muller, capo dei programmi e delle strategie di mobilità urbana di Airbus. «Il risultato? Sono arrivato in albergo in dieci minuti invece che in due ore». Il servizio di “taxi aereo” urbano firmato Airbus per ora è disponibile in due tra le più congestionate aree urbane mondiali, San Paolo in Brasile e Città del Messico, ma visto l’incredibile successo verrà esteso ad altre megalopoli già nel corso di quest’anno.

Uno degli elicotteri del servizio di mobilita' Voom (Airbus), disponibile a Rio in Brasile e a Citta' del Messico

Ma Voom è solo la punta dell’iceberg del lavoro di Airbus. Il colosso aerospaziale europeo sta adottando un approccio a tutto tondo per cercare di risolvere i problemi di mobilità di megalopoli destinate nei prossimi anni a diventare sempre più enormi. Nella sua divisione di mobilità aerea (Urban Air Mobility unit), Airbus ha messo assieme un team multidisciplinare composto di architetti, sociologi, designer e urbanisti, incaricati di studiare i big data sui flussi di traffico in città come Pechino o Parigi per poter sviluppare le strategie di mobilità urbana del futuro nel nome della sostenibilità.


Un’auto volante vola sulla città (adobe stock)

La parola chiave è “collaborazione”. Eduardo Dominguez Puerta, numero uno di Urban Air Mobility, mette l’accento sulla necessità di coinvolgere il maggior numero di stakeholder in quest'opera di ridefinizione complessiva delle strategie di sviluppo urbano, un mosaico complesso di cui la mobilità aerea rappresenta solo una tessera. «È molto importante coinvolgere il prima possibile autorità politiche, amministrazioni comunali, enti di regolamentazione del traffico aereo e cittadini - spiega Dominguez Puerta - . Stiamo sviluppando le tecnologie di cui abbiamo bisogno per realizzare la nostra visione di mobilità aerea urbana del futuro, cercando allo stesso tempo di coinvolgere il maggior numero possibile di stakeholder per garantire i massimi benefici sociali e un impatto ambientale minimo».


Un dettaglio del veicolo volante Vahana, costruito da Airbus

Nel 2017 la Commissione europea ha incaricato Airbus di guidare il programma “Urban Air Mobility”, parte del più vasto programma “European Partnership on Smart Cities and Communities”, cercando appunto di coinvolgere il più ampio spettro possibile di stakeholder. Al programma partecipano al momento 17 città europee con diversi progetti, dai taxi volanti ai droni ambulanza, fino all'uso di velivoli senza pilota per la logistica o le emergenze.

La sfida della mobilità urbana verticale è destinata a rivoluzionare anche il sistema di gestione del traffico aereo, progettato molto tempo fa per i voli commerciali dei velivoli ad ala fissa: ancora fondato sulle comunicazioni vocali e sull’interazione tra umani, oggi si ritrova vicino alla soglia di saturazione anche solo per gli aerei con piloti in carne e ossa. È insomma un sistema chiaramente inadeguato per la mobilità urbana di domani, con miriadi di oggetti volanti a guida autonoma, senza piloti umani a bordo. Il futuro sarà invece dominato da sistemi intelligenti, autonomi e decentrati di gestione del traffico aereo, robotizzati e privi di personale in carne e ossa, teorizza Isabel Del Pozo, a capo della divisione Airspace Management di Airbus.

La mobilità urbana aerea di domani rivoluzionerà insomma spazi urbani, tempi di percorrenza e non da ultimo le nostre vite. Si tratta in teoria di un grande business, di cui Boeing e Airbus rappresentano solo la punta di diamante: in totale sono oltre cento i velivoli elettrici in via di progettazione da parte di giganti dell'industria aerospaziale, da colossi del car sharing come Uber a startup a caccia di soldi. Anche se, quando si parla di auto volanti, è bene restare con i piedi per terra: molti di questi progetti sono destinati a restare sulla carta, o a fare sognare con qualche concept car per dare una lucidata ai brand in chiave tecnologica e anche magari per sostenere le proprie azioni in Borsa,

Tra i brand da ricordare c’è comunque Terrafugia, fondata nel 2006 da cinque laureati del MIT di Boston, che oggi ha realizzato due concept flying car: la sofisticata Transition, in grado secondo gli intenti di volare alla velocità degli aerei commerciali, e la TF-X, che vorrebbe essere l’auto volante del mercato di massa così come lo è stata, sulle strade italiane del boom economico del secolo scorso, la Fiat 500.

Pop.up la prima auto modulare in grado di volare

C’è poi la slovacca Aeromobil, costruttrice dell’omonima auto volante; la californiana Zee.Aero che ha di recente incassato finanziamenti per 100 milioni di dollari nientemeno che da Larry Page, fondatore di Google. E molte altre, ma sempre con in prima fila Airbus, che di recente ha alzato il velo sulla sua “macchina volante” Vahana, a guida autonoma, dopo aver presentato un paio di anni fa la concept modulare The Pop.up, mezza auto mezza drone, realizzata assieme a Italdesign. La prima piacerebbe moltissimo ai fratelli Wright, la seconda non farebbe storcere il naso all’agente Rick Deckard di Blade Runner. Perché in fondo sono cose che noi umani non potevamo nemmeno immaginare, almeno fino a ieri. Ma che probabilmente sono destinate a restare nel cassetto dei sogni ancora molto, molto a lungo.

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