Come cambia la progettazione della supply chain con l’intelligenza artificiale generativa
C’è un nuovo termine per definire l’apporto degli algoritmi di machine learning alla gestione della supply chain, “Actionable AI”
di Gianni Rusconi
4' di lettura
Un’analisi di Gartner condotta la scorsa primavera su un campione di 500 responsabili della supply chain a livello mondiale evidenziava chiaramente come in cima alla lista delle tecnologie a maggiore impatto e ritenute più strategiche per aumentare l’efficienza operativa, ottimizzare la resilienza dei sistemi e abilitare processi decisionali in real time ci fosse l’intelligenza artificiale. Gli analisti della società americana hanno coniato un nuovo termine per definire l’apporto degli algoritmi di machine learning alla gestione della supply chain, “Actionable AI”, e cioè un’intelligenza caratterizzata dall’essere specificamente pensata per prendere decisioni coinvolgendo gli umani per convalidarle e apprendendo da modelli basati su esperienze passate per adattarsi alle circostanze presenti e future. La stessa, in occasione dell’ultimo Supply Chain Symposium/Xpo Emea tenutosi in giugno, puntualizzava però come tecnologie avanzate come la robotica intelligente e l’AI, pur avendo il potenziale per trasformare la funzione delle catene di fornitura, difficilmente riusciranno ad alzare i livelli storicamente bassi di produttività del lavoro in questo campo se le stesse tecnologie non saranno utilizzate come parte integrante di una strategia più ampia, che guardi necessariamente anche alla valorizzazione del capitale umano e al ripensamento delle strutture organizzative. In particolare, hanno spiegato gli esperti, a fare la differenza dovrebbe essere la capacità di integrare strumenti innovativi e persone, attraverso progetti mirati di formazione della forza lavoro e per lo sviluppo di competenze e conoscenza.
Appuntamento al 2030
Guardando ancora nella sfera di cristallo di Gartner (l’ Hype Cycle for Artificial Intelligence), gli esperti di Manhattan Associates, una dei principali fornitori al mondo di piattaforme tecnologiche per la supply chain, hanno rilevato come la complessità e la specificità dei modelli operativi che regolano questo comparto allungherà sensibilmente le tempistiche di impatto della Gen AI sulle catene di approvvigionamento. Rispetto a segmenti e mercati dove la tecnologia si prevede possa diventare mainstream fornitura entro due-cinque anni, nella supply chain i tempi di maturazione arrivano al limite dei dieci anni. I modelli di OpenAI che sfruttano Gpt-4, in altre parole, difficilmente troveranno spazio e applicazioni nel breve termine ma è indubbio che possano essere considerati strumenti utili, per aiutare ad automatizzare i processi e a facilitare la comunicazione e la collaborazione tra le diverse parti interessate. Non mancano ovviamente una serie di criticità, legate all’implementazione sul larga scala dell’AI generativa nelle catene di fornitura, non ultime quelle di natura legale ed etica. Da qui l’esigenza, suggerita dagli esperti di Boston Consulting Group, di affrontare questa tematica lavorando a stretto contatto con i dipendenti, i clienti finali e i partner di filiera per sviluppare principi di AI responsabili, generando fiducia fra questi stakeholder chiave e definendo precise linee guida per tenere sotto controllo la tecnologia all’interno dell’organizzazione e dell’intero ecosistema aziendale. Siamo solo all’inizio, confermano in proposito da Manhattan Associates, nella fase di “proof of concept” per la verifica e la validazione dei benefici di questa tecnologia, sia dal punto di vista dei vendor di soluzioni per la digitalizzazione della supply chain (gli strumenti di Gen AI potrebbero aiutare a configurare meglio e più velocemente specifiche soluzioni) sia per quanto riguarda il miglioramento della qualità delle esperienze d’uso dei clienti. Difficilmente assisteremo a una diffusione pervasiva di queste applicazioni nelle catene di fornitura prima del 2030 e nel frattempo andrà affrontato un altro livello di criticità, quello che rimanda alla sostenibilità della Gen AI in termini di maggiori consumi di risorse energetiche e computazionali per l’elaborazione in tempo reale dei dati.
Un mercato potenziale miliardario fra servizi e piattaforme no-code
Il dato che Abi Reserach ha invece reso pubblico a inizio agosto è sicuramente di peso, e guarda caso ha come collocazione temporale il 2030: ricavi calcolabili in oltre 60 miliardi di dollari grazie a un tasso di crescita composito annuo del 162%. Il business potenziale legato alle applicazioni dell’intelligenza artificiale generativa nell’ambito della supply chain è quindi decisamente rilevante ma, secondo gli esperti, dovrà fare leva sul consolidamento di modelli di offerta a pagamento. Niente ChatGpt o strumenti simili a costo zero per gestire i flussi delle forniture e tutti gli attori della catena, insomma, ma soluzioni di classe enterprise basati su modelli linguistici di grandi dimensioni (come Gpt-3, Claude, LLaMa, Titan e altri) opportunamente allenati ed addestrati. Lo studio (“Generative Ai: Identifying technology supply side revenue opportunities”) analizza in dettaglio i possibili sbocchi concreti della tecnologia in diversi mercati evidenziando come molte delle opportunità di monetizzazione della stessa siano in effetti distribuibili lungo tutta la catena di approvvigionamento: parliamo nello specifico di modelli pubblicitari simili a quelli utilizzati dai motori di ricerca, di creazione e gestione di dataset sintetici ma anche di modelli LLM open source sviluppati in chiave B2B. Un altro filone molto importante per i provider della Gen AI saranno inoltre la consulenza e la formazione (per ovviare alla mancanza di competenze di molti degli attori della supply chain) e l’offerta di piattaforme “low/no-code” (che non prevedono cioè la scrittura di codice sorgente) in grado di supportare lo sviluppo, l’implementazione e l’ottimizzazione di applicazioni basate sulle tecnologie di intelligenza artificiale generativa.
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