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Commercio, pressing Antitrust. Torna l’ipotesi di saldi tutto l’anno

La liberalizzazione totale dei saldi, insieme a quella degli orari dei negozi, rilanciata dall’Antitrust nella segnalazione a governo e Parlamento

di Carmine Fotina

3' di lettura

Solo l’ipotesi, inserita in una bozza dagli uffici tecnici del ministero delle Imprese e del made in Italy, aveva rischiato di far saltare la legge sulla concorrenza per il 2022. Ora la liberalizzazione totale dei saldi, accompagnata dalla rimozione di vincoli locali che ancora resistono sugli orari dei negozi, viene rilanciata dall’Antitrust che la mette tra le priorità segnalate a governo e Parlamento. Non è un’indicazione di poco conto, perché se vorrà riproporre l’intervento l’esecutivo potrà contare adesso su una sponda significativa: come dire, lo chiede anche l’Antitrust.

«Troppe restrizioni sui saldi»

La segnalazione dell’Autorità, come ogni anno, è stata predisposta in vista della futura legge per la concorrenza (quella del 2023). Nel corposo documento, che in tutto contiene suggerimenti e richieste relativi a una decina di settori economici, il garante chiede espressamente di aumentare il grado di liberalizzazione nel commercio al dettaglio, nel quale, osserva, «persistono diffuse restrizioni all’accesso e all’attività economiche», oggetto anche di rilievi della Commissione europea e dell’Ocse. Secondo l’Antitrust andrebbe espunto dalla riforma del 1998 (Dlgs 114) il riferimento alla disciplina da parte delle Regioni dei periodi e della durata delle vendite di liquidazione e delle vendite di fine stagione (i saldi). In pratica, cancellati «periodi e durata», i saldi diventerebbero liberi, praticabili dai negozianti tutto l’anno.

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Più flessibilità anche sulle vendite promozionali

Al tempo stesso, il garante chiede che sia permesso di organizzare vendite promozionali anche nei periodi immediatamente precedenti i saldi avviati per i medesimi prodotti, mentre oggi c’è un divieto che in base alle Regioni varia tra i 15 e i 40 giorni antecedenti. Entrambe le misure, come detto, erano state inserite in una bozza iniziale della legge per la concorrenza 2022, approvata in ritardo dal consiglio dei ministri lo scorso aprile. Poi, le immediate e decise critiche arrivate dalle principali associazioni dei commercianti, a partire da Confcommercio e Confesercenti, avevano portato allo stralcio con la motivazione ufficiale che il tema sarebbe stato poi trattato in modo più concertato sentendo regioni e operatori (tuttavia nessun tavolo sull’argomento, nel frattempo, è stato convocato).

Eliminare le barriere locali sugli orari

Ma l’Antitrust va anche oltre le ipotesi valutate ad aprile. E sottolinea che a livello locale restano vincoli e limitazioni contrarie a quanto previsto dal decreto Salva-Italia varato nel 2011 dal governo Monti, che integrando il Dl 223/2006 in linea generale aveva liberalizzato gli orari del commercio al dettaglio eliminando gli obblighi di rispettare orari di apertura e chiusura, della chiusura domenicale festiva e della mezza giornata di chiusura infrasettimanale. Secondo l’Antitrust tuttavia occorrerebbe un intervento normativo per abrogare in modo esplicito anche i commi 4 e 5 del Dlgs 114 del 1998 in cui si fa riferimento alla competenza diretta dei Comuni che «possono derogare all’obbligo di chiusura domenicale e festiva». Un’interpretazione possibile dell’affondo del garante è che, su questo punto, si intenda prevenire il ritorno di spinte più conservative, che ad esempio erano state espresse all’epoca del governo Conte-I con una proposta di legge firmata dalla Lega (oggi in maggioranza) e da M5S per arrivare almeno a una domenica chiusa su due.

Il no delle associazioni dei commercianti

Per quanto riguarda invece il tema dei saldi, la proposta del garante è destinata a riattualizzare le contestazioni di Confcommercio e Confesercenti proprio nei giorni in cui in tutta Italia ripartono le vendite straordinarie di luglio. La tesi è che la liberalizzazione totale possa risultare a conti fatti un favore per le grandi catene distributive, a partire dalle multinazionali, soprattutto quando possono godere oltre che del canale fisico anche di una forte presenza sulle piattaforme di vendita online. Le imprese medio-piccole considerano gli sconti temporanei anche come strumenti utili a vendere di più per liberare il magazzino e avere maggiore liquidità. E ritengono al contrario che margini di guadagno troppo ridotti durante tutto l'anno amplierebbero il gap competitivo con la grande distribuzione anche in ragione della maggiore possibilità per quest’ultima di investire somme rilevanti nella promozione.

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