LA PROPOSTA

Commissione Ue: denominare in euro i contratti di petrolio e gas

di Antonio Pollio Salimbeni

Il commissario europeo all’Economia Piere Moscovici (Ap)

5' di lettura

Promuovere un uso più ampio dell'euro negli accordi e nelle transazioni internazionali nel settore energetico. È questa la raccomandazione della Commissione europea agli Stati e alle imprese. L'esecutivo Ue ha indicato che avvierà consultazioni con le parti interessate sul mercato potenziale per denominare in euro le transazioni in petrolio, prodotti raffinati e gas.

Sulle materie prime, come metalli e minerali, e materie prime agroalimentari, consulterà gli attori di mercato per identificare il modo in cui incrementare il commercio denominato in euro. Infine lancerà una consultazione per definire possibili azioni per promuoverne l'uso dell'euro nel settore manifatturiero e dei trasporti. L'iniziativa comunitaria è volta a rafforzare l'euro come moneta centrale nel sistema valutario internazionale a tutela degli interessi commerciali europei. E per cautelarsi nei confronti della svolta protezionista americana: «Il dominio storico del commercio energetico in dollari implica che le recenti iniziative unilaterali da parte di giurisdizioni non Ue, insieme con il calo al sostegno della governance internazionale fondata su regole comuni e il commercio, possono impedire o rendere più difficile il commercio in tale settore», dice la Commissione. In questo senso si può parlare di una vera e propria svolta politica da parte della Ue che non mancherà, se praticata davvero, di suscitare aspre reazioni a Washington.

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EUROGRUPPO: INTESA PER LA RIFORMA DELL’EUROZONA

«La Ue è l'importatore più grande di energia con una ‘fattura' media di 300 miliardi di euro l'anno e con un mercato interno aperto e concorrenziale: rafforzare il ruolo internazionale dell'euro in questo settore ridurrà i rischi di rottura delle fornitura e promuoverà l'autonomia del business europeo», indicato il commissario a clima ed energia Arias Canete. E Pierre Moscovici, commissario agli affari economici: «Un uso più ampio dell'euro proteggerà cittadini e imprese dagli shock esterni».

Spiega la Commissione che «la decisione di usare una valuta nel commercio è fatta in ultima istanza dai soggetti di mercato e l'obiettivo non è interferire nella libertà di commercio o limitare le scelte, tuttavia un rafforzamento del ruolo dell'euro aiuterebbe a migliorare la solidità del sistema finanziario internazionale rendendo l'economia meno vulnerabile agli shock». In sostanza, l'indicazione agli Stati membri della Ue è «promuovere l'uso dell'euro nei settori strategici perché nonostante la loro posizione come grandi acquirenti e maggiori produttori, le imprese europee commerciano in dollari americani anche nelle transazioni tra loro e questo espone il business a rischi valutari e politici, comprese le decisioni unilaterali che possono avere un effetto negativo sulle transazioni denominate in dollari».

Scudo contro il protezionismo
L'idea è di superare una situazione nella quale il valore del dollaro non è un problema per gli Stati Uniti ma può essere (ed è) un problema per tutti gli altri, europei compresi. Soprattutto con i radicali cambiamenti della politica americana sotto Trump, per la Ue, questo il ragionamento comunitario, è l'ora di tutelarsi anche dal punto di vista dell'uso della moneta nelle transazioni internazionali «riducendo l'esposizione ad azioni legali prese dalle giurisdizioni non Ue». Attualmente l'euro è la seconda valuta più usata dopo il dollaro con 60 Paesi che hanno variamente agganciato la loro valuta alla moneta unica europea. La quota in euro di riserve internazionali detenute dalle banche centrali non Ue e di emissione di debito nei mercati internazionali è significativa. Circa il 36% del valore delle transazioni internazionali nel 2017 era denominato o regolato in euro e l'euro rappresenta circa il 20% delle riserve delle banche centrali internazionali (è un valore superiore alla quota Eurozona nel prodotto mondiale annuale).

L'idea di fondo della Commissione è che il momento è opportuno per fare un salto di qualità nel ruolo internazionale dell'euro a fronte dello sviluppo rapido di nuove tecnologie che sostengono un potenziale cambiamento radicale verso un sistema diversificato e multipolare di diverse valute globali. «Il tempo per incoraggiare tale processo è ora», dice Bruxelles. In gioco ci sono le relazioni transatlantiche come le relazioni con la Cina. È da vedere, però, come un processo di tal genere possa essere incoraggiato e accelerato in assenza di una maggiore integrazione politica dell'Eurozona con cambiamenti decisivi sul piano ipistituzionale che al momento non sono alle viste.
Il settore energetico è il primo per il quale viene richiesta una iniziativa. Negli ultimi cinque anni il conto delle importazioni energetiche della Ue si è attestato su 300 miliardi di euro, circa l'85% dei quali pagati in dollari. “L'esposizione al regime del dollaro pone incertezze, rischi e costi che possono essere mitigati usando di più l'euro nei contratti”, dice Bruxelles. E ancora: «Il dominio storico del commercio energetico in dollari implica che le recenti iniziative unilaterali da parte di giurisdizioni non Ue, insieme con il calo al sostegno della governance internazionale fondata su regole comuni e il commercio, possono impedire o rendere più difficile il commercio in tale settore», dice la Commissione. In sostanza, si tratta di rispondere anche sul terreno valutario alla scelta protezionista dell'Amministrazione Trump.

Impatto sulla fattura energetica
Spiega la Commissione che le fluttuazioni del dollaro verso l'euro «possono risultare in cambiamenti significativi della fattura dell'import da un anno all'altro e un uso maggiore dell'euro nel settore energetico può mitigare il rischio di cambio e ridurre i costi dell'energia in Europa».
Un'area internazionale con un euro più forte (in termini di valuta di riferimento) richiede un'ampia offerta di asset denominati nella valuta europea di alto credito perché una scarsità di offerta può influenzare negativamente la disponibilità e il costo di finanziamento per l'economia e la trasmissione della politica monetaria, dice la Commissione. Per cui sarà necessario aumentare la disponibilità di tali asset denominati in euro il che presuppone «un ulteriore sviluppo del settore finanziario europeo e un aumento della sua rilevanza globale sia per quanto concerne la regolazione finanziaria che per i sistemi di pagamento Ue».

L'iniziativa Ue ha anche a che vedere con la Brexit. Non a caso la Commissione indica che «i mercati finanziari e le infrastrutture nella zona euro giovano un ruolo importante per rafforzare il ruolo internazionale dell'euro». Di qui l'incoraggiamento a estendere le opportunità di transazione per i contratti derivati coperti dagli obblighi di ‘clearing' rafforzando l'uso dell'euro: «L'ampia disponibilità di mercati e infrastrutture che operano in euro rafforzerà l'uso della moneta unica».

Con le consultazioni che organizzerà, la Commissione cercherà di capire esattamente il grado di triangolazione nel trading tra particolari valute che coinvolgono l'euro e se ciò è legato all'inadeguatezza della liquidità di mercato per quelle valute. La triangolazione è un processo in cui il trading tra valute non coinvolge il dollaro, si svolge indirettamente via dollaro: per lo scambio tra la valuta A e la valuta B, la prima viene innanzitutto scambiata in dollari e poi nella seconda.

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