Compagnie aeree pronte ad azzerare le emissioni di Co2
Alla Cop26 di Glasgow il settore del trasporto aereo concorde nell’obiettivo Net-Zero Emissions entro il 2050 ma la domanda è prevista salire di 5 volte
di Mara Monti
3' di lettura
Le principali compagnie aeree si impegnano a raggiungere l’obiettivo Net-Zero Emissions entro il 2050, nonostante si preveda di quintuplicare i passeggeri entro lo stesso periodo. Responsabili di circa il 3% delle emissioni nocive nell’aria in capo al 10% della popolazione globale che utilizza il trasporto aereo, per i vettori raggiungere questo obiettivo non sarà facile, come emerso nel corso di di Cop26 di Glasgow e soprattutto avrà ricadute sui consumatori.
Biofuel troppo caro e ancora poche quantità
Al momento l’unico strumento a disposizione per abbattere le emissioni di CO2 nell’aria è il Sustainable Aviation Fuel (SAF) che le compagnie miscelano con il carburante da almeno un decennio sulla base degli accordi firmati nel 2009 dall’ ICAO, l’Organizzazione internazionale dell’aviazione civile in capo alle Nazioni Unite. Il vantaggio nell’utilizzo di questo sostituto del cherosene per jet è che ha le stesse proprietà, ma è meno inquinante. Inoltre può essere utilizzato senza modifiche ai velivoli.
Volare green costerà di più
Il problema di questo carburante prodotto dagli scarti delle piante e degli olii è il costo cinque volte superiore rispetto al normale carburante e con quantità disponibili irrisorie solo lo 0,1% rispetto alle necessità del settore. La forte domanda sta facendo salire i prezzi costingendo le compagnie aeree a correre ai ripari. Come nel caso della start up Velocys quotata all’AIM della Borsa di Londra, il cui business plan prevede la costruzione di un impianto nel Mississippi, ancora tutto sulla carta, per la produzione di SAF dalle energie rinnovabili. Di recente ha firmato un contratto per la fornitura decennale di biofuel con British Airways e Southwest Airlines, un accordo che ha fatto salire il titolo del 40% in una seduta. Un altro esempio è United Airlines: la compagnia americana ha investito in una società in grado di compensare il carbonio, con una tecnologia che cattura più di 1 milione di tonnellate di CO2 nell’aria ogni anno, equivalente a quello che sarebbero in grado di catturare 40 milioni di alberi. Investimenti ingenti sulla green aviation che avrà come conseguenza l’aumento dei biglietti aerei come ha affermato il ceo di United Airlines Scott Kirby in un panel di COP26: «I prezzi dei biglietti dovranno essere un po’ più alti per compensare l’impatto sull’ambiente».
La soluzione estrema: limitare i voli aerei
Per scongiurare questo scenario, il chairman di Airlines for Europe e ceo di easyJet, Johan Lundgren si è fatto portavoce della necessità di collaborare con i governi per raggiungere gli obiettivi prefissati. A concorrere al risultato non c’è solo il biofuel: secondo la roadmap dell’aviazione europea, presentata da Airlines for Europe, un'associazione delle compagnie aeree europee, entro il 2050 SAF conterà per il 46% nell’abbattimento delle emissioni nocive nel trasporto aereo, il 38% sarà rappresentato dagli aerei elettrica e dai motori meno inquinanti, il 6% da una migliore gestione del traffico aereo e infine il 10% dalle misure economiche: «Come settore dobbiamo puntare a collaborare con i governi e con le istituzioni affinchè sostengano questa transizione», ha detto Lundgren nel corso della tavola rotonda a Glasgow sul futuro dell’aviazione civile. Le compagnie aeree temono che passi il concetto del drastico taglio delle emissioni attraverso la riduzione dei voli, in particolare quelli domestici e a corto raggio a favore dei bus e dei treni, come sostengono le associazione ambientaliste presenti a Cop26. «Stayed grounded» è il loro motto. Qualcuno ci sta provando: in Gran Bretagna un gruppo ambientalista Campain for better Transport ha chiesto al governo di Boris Johnson di limitare i voli domestici a favore dei collegamenti ferroviari che proprio nel Regno Unito spesso sono più costosi del biglietto aereo.
Dubai l’aeroporto più inquinante
L’Europa da sola non può concorrere agli obiettivi di azzeramento delle emissioni se le altre aree del mondo continuano ad inquinare: Stati Uniti, Europa e East Asia, le aree più ricche del mondo, hanno la maggiore concentrazione di collegamenti aerei e generano le maggiori quantità di CO2 rispetto al Centro e Sud America, Africa e Australia, secondo l’Airport Tracker presentato a Cop26. Guardando agli aeroporti, il numero uno al mondo per produzione di emissioni inquinanti è il Dubai Airport, seguito da Heathrow di Londra, Los Angeles Airport, JFK di New York e il Charles De Gaulle di Parigi. La strada per la neutralità climatica è ancora molto lunga: dopo cento anni dal suo debutto il settore dell’aviazione si prepara una nuova trasformazione radicale.
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