Compagnie e imprese supplenti dello Stato
di Franca Maino e Elena Barazzetta
3' di lettura
I nodi irrisolti del welfare “all'italiana”, esasperati dalla lunga crisi economica, e le trasformazioni demografiche e sociali in corso, contribuendo alla crescita e alla diversificazione dei bisogni, premono per un rinnovamento del modello di welfare che vada oltre l'assistenzialismo. Attualmente si contano in Italia 478 miliardi di euro di spesa pubblica annua per la protezione sociale a cui sono da aggiungere altri 70 miliardi di spesa privata a carico delle famiglie per sanità, istruzione dei figli e servizi di long term care. C'è quindi il welfare pubblico, che assicura la copertura dei rischi fondamentali (malattia, disoccupazione, disabilità), ma si assiste anche alla crescente diffusione del cosiddetto «secondo welfare», che garantisce forme di protezione sociale integrativa e volontaria fornite da una vasta gamma di soggetti non pubblici sempre più attivi nell'arena delle politiche sociali. Tra questi, le assicurazioni vanno assumendo un ruolo sempre più centrale nello sviluppo del nuovo welfare.
Il mondo assicurativo, infatti, nasce per tutelare gli individui dai rischi che possono presentarsi nel corso della vita e può giocare un ruolo fondamentale nella diffusione della cultura della prevenzione del rischio, largamente sottovalutata dagli italiani. Se, attraverso la contribuzione individuale, questo mondo è l'interlocutore per eccellenza dei cittadini che possono e scelgono di mettere in campo risorse private per acquistare polizze e prestazioni assicurative, è d'altra parte da annoverare tra gli stakeholder che agiscono in rete con altri soggetti per innovare il welfare. Ad esempio con le imprese, fornendo polizze assicurative ai dipendenti all'interno di piani di welfare aziendale.
Proprio in tema di welfare aziendale va sottolineato il duplice ruolo che il mondo assicurativo ha assunto nel corso degli anni come operatore di servizi e, al contempo, come fornitore di soluzioni innovative per i propri dipendenti. Storicamente, le imprese assicuratrici rientrano infatti tra le prime aziende che hanno predisposto piani di welfare all'interno delle proprie organizzazioni. Negli anni le soluzioni offerte sono andate arricchendosi in risposta all'emergere di nuovi bisogni. Di particolare rilevanza è ad esempio il Fondo unico nazionale per l'assicurazione contro i rischi di non autosufficienza istituito già nel 2005. Innovativa e di più recente implementazione è l'introduzione da parte di alcune imprese del settore assicurativo (e non solo) dello smart working accanto a misure di conciliazione vita-lavoro incentrate sui servizi e il sostegno al reddito.
Le leggi di stabilità 2016 e 2017 hanno inoltre aperto un nuovo spazio al protagonismo delle assicurazioni all'interno dei piani di welfare aziendale che si stanno diffondendo nelle imprese italiane. La normativa prevede ora la possibilità di inserire nella contrattazione aziendale sia prestazioni di welfare (ossia benefit principalmente nel campo dell'educazione, dell'istruzione e dell'assistenza sociosanitaria) sia contributi versati dal datore di lavoro a enti o casse con fine assistenziale e sanitario o sotto forma di contributi al fondo di previdenza complementare. E, ancora, dallo scorso anno, servizi di assicurazione di long term care e dread disease possono essere coperti dalle aziende, godendo della defiscalizzazione, non più per un massimo di 258 euro a dipendente – come è stato fino al 2016 – ma senza limite di spesa.
Si segnala inoltre - a conferma dell'interesse di questo settore per un coinvolgimento attivo sul fronte del welfare aziendale - che dal 2016 uno dei maggiori gruppi assicurativi del nostro Paese, Generali, promuove sul tema un rapporto annuale di ricerca (Welfare Index) con l'obiettivo di diffondere la cultura e le best practice tra le piccole e medie imprese.
Appaiono dunque evidenti le potenzialità che si presentano per il mondo assicurativo all'interno dei piani di welfare aziendale che, si prevede, porteranno a un aumento della domanda di servizi assicurativi e ad un adeguamento dell'offerta verso soluzioni caratterizzate da una maggiore standardizzazione e omogeneizzazione delle coperture e, auspicabilmente, improntate a un più esplicito approccio integrativo.
Sono tutti segnali che indicano la possibilità di un superamento della situazione attuale – in cui non esiste ancora una chiara linea di demarcazione tra l'intervento pubblico e quello privato e una specifica mission affidata alle forme integrative di tipo assicurativo e mutualistico – a favore di un sistema in cui alle prestazioni pubbliche si affianchino (anche grazie agli incentivi fiscali) prestazioni e servizi aggiuntivi come avviene nei principali Paesi europei. Un tema dunque centrale, che sarà trattato anche nel Terzo rapporto sul secondo welfare in Italia, che verrà presentato il prossimo 21 novembre a Torino.
Franca Maino è direttrice del Laboratorio Percorsi di secondo welfare (Centro Einaudi di Torino) e ricercatrice dell’Università degli studi di Milano. Elena Barazzetta è ricercatrice nel Laboratorio Percorsi di secondo welfare
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