Competenze trasversali e ascolto: nuove risorse per le donne in azienda
di Riccarda Zezza
3' di lettura
I recenti dati sull'occupazione femminile che hanno visto, nel 2020, 312 mila donne perdere il lavoro su 444 mila lavoratori, si sommano a quelli sulle retribuzioni, che continuano a vedere le lavoratrici penalizzate rispetto ai lavoratori, mettendo l'Italia alla posizione 117 per l'indicatore di partecipazione economica delle donne dell'ultimo Gender Gap Report del World Economic Forum. Il nostro Paese ha perso 31 posizioni in 15 anni, facendo peggio Norvegia e Svezia, ma anche di Germania e Spagna.
Eppure sono proprio le donne ad aver migliorato maggiormente, in questa transizione, le proprie competenze trasversali, indispensabili per aiutare le imprese a restare competitive attraverso il periodo di crisi che stiamo vivendo.
Studi scientifici internazionali dimostrano che, attraverso le esperienze di vita quotidiana, è possibile allenare soft skill trasferibili sul lavoro. Le evidenze sul tema demoliscono molti miti ancora imperanti nel mondo del lavoro. Il più falso di questi è che ricoprire più ruoli nella vita e nella professione, situazione più associata all'universo femminile, riduca energie ed efficienza. È vero invece il contrario.
Una transizione, come lo è la pandemia che stiamo attraversando, ma come può esserlo anche un lutto, la nascita di un figlio o cominciare a occuparsi dei propri genitori, è un'opportunità unica per formare competenze fondamentali per il mondo del lavoro. E, forse perché hanno avuto più opportunità di allenarsi attraverso molte transizioni, sembra che siano proprio le donne a “saper imparare di più” nelle crisi e nei cambiamenti.
I dati lo dimostrano: secondo il sondaggio annuale su 1.000 partecipanti ai percorsi formativi di Lifeed, l'EdTech company che attraverso la piattaforma di formazione digitale life-based trasforma le transizioni di vita in palestre per la formazione delle competenze soft - il 55% delle donne davanti alla pandemia si è scoperta più forte di quanto pensasse, mentre negli uomini questa scoperta è avvenuta solo nel 34% dei casi. Le donne hanno migliorato più degli uomini la resilienza, espressa nell'88% dei casi rispetto all'82% negli uomini, il decision making, riportato dall'85% delle donne contro il 75% degli uomini, la capacità di visione e di gestione del cambiamento, espressa dall'88% delle donne rispetto all'84% degli uomini.
E ancora: le donne hanno migliorato maggiormente le capacità di problem solving (86% contro 80%) e di iniziativa (79% contro 73%). E' evidente quindi che avere donne nelle organizzazioni non riguarda solo la necessità di chiudere il gender gap, ma anche la possibilità di acquisire competenze fondamentali, ancor più nei momenti di crisi.
Ma allora perché sono le donne a pagare di più la crisi legata alla pandemia?
Le ragioni sono diverse
Tra le principali c'è la scarsa abitudine a vedere e a considerare le persone nella molteplicità dei loro ruoli. Ma c'è una buona notizia: oggi nelle aziende si sta affermando sempre di più un nuovo modello di gestione delle risorse umane, che fa spazio all'ascolto e non rinchiude – o lo fa sempre meno- le persone con carichi di cura nello stereotipo del “non più efficiente”, “non più adatta alle responsabilità”.
Si tratta però di un percorso appena avviato, il cui traguardo è ancora lontano. La necessità di ascolto è più presente che mai nelle organizzazioni dove, nonostante si sappia che la vicinanza e l'ascolto fanno crescere engagement e benessere, alcuni aspetti di questo tema rappresentano ancora un tabù.
Le donne poi sono più propense ad uscire dal mondo del lavoro per far fronte alle responsabilità di cura: secondo lo studio “The Caring Company” dell'Harvard Business School, ben il 63% delle donne è disposta a lasciare il proprio lavoro, contro il 29% degli uomini. Secondo la stessa ricerca, il 20% delle donne che hanno richiesto un congedo ne ha registrato un impatto negativo sulla propria carriera, effetto riscontrato soltanto dal 10% degli uomini.
C'è infine una questione di consapevolezza.
La capacità delle donne di apprendere dalle esperienze di vita è sorprendentemente allenata, ma spesso il non esserne consapevoli le indebolisce. Nei fatti, ogni discontinuità che affrontano nella loro vita sempre più complessa, migliora una serie di competenze chiave per il futuro: quelle competenze soft indicate dal World Economic Forum tra le “10 top skills of 2025” che professionisti e aziende dovranno acquisire per operare in uno scenario globale in continuo mutamento.
Ceo di Lifeed
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