Comuni, assunzioni in corso ma boom di dimissioni (+89%)
Le uscite volontarie, a quota 14.548 contro le 7.688 del 2015, e i pensionamenti annullano l’effetto dei nuovi ingressi cresciuti a 30.828 (+131,9% rispetto al 2017): organici ancora in discesa
di Gianni Trovati
3' di lettura
Una buona notizia: gli anni di magra delle assunzioni nei Comuni sembrano finiti davvero, e il contatore dei nuovi ingressi ora corre fino a segnare un raddoppio abbondante rispetto ai tempi più bui. Una notizia cattiva: tanta abbondanza non basta a fermare il dimagrimento degli organici, che prosegue perché le uscite continuano a viaggiare a ritmi più alti rispetto alle entrate.
I due dati, in contraddizione solo apparente, si ricavano dalla quarta edizione del dossier Ifel su «Personale e formazione» che il presidente dell’Istituto per la finanza locale, il sindaco di Novara Alessandro Canelli, ha presentato il 9 ottobre a Napoli con il ministro per la Pa, Paolo Zangrillo, nell’incontro dedicato al «Fattore umano nel Pnrr» presso Palazzo San Giacomo. In ossequio al titolo del dossier, è bene citare subito anche una terza notizia, positiva: l’elettroencefalogramma della formazione non è più piatto, e almeno in termini di spesa segna con il Pnrr un salto del 30,8% che riporta il dato sopra i livelli del 2011, quando è cominciata la cura miope della spending review che tagliava il futuro.
Deciso cambio di rotta
I cardini del «rafforzamento amministrativo» avviato per tentare la sfida del Pnrr sembrano insomma funzionare. E producono un cambio di rotta deciso sia nelle dimensioni del reclutamento sia nell’aggiornamento delle competenze di chi nella Pa locale già lavora.
Il problema è che tutto questo non basta a compensare quella sorta di esodo biblico dagli uffici prodotto dall’invecchiamento degli organici e da un’attrattività del posto pubblico che in molti casi continua a cedere rispetto alle alternative private. L’incrocio di queste variabili viene illustrato dall’Ifel con la consueta chiarezza dei numeri.
Nel 2021, primo anno delle regole Pnrr, le assunzioni sono state 30.828, cioè il 131,9% in più rispetto agli abissi del 2017; il dato supera di 1.079 unità anche la gobba straordinaria prodotta nel 2019 dal cambio di regole sul turn over, e precede con ogni probabilità una crescita ulteriore legata al consolidamento delle norme del Pnrr sul personale.
Fuga dagli uffici
Ma le uscite corrono di più. E il saldo resta negativo, segnando una flessione sia nel 2021, quando i dipendenti scendono a 343.269, sia quest’anno, quando la stima più aggiornata parla di 339.357 persone a giugno (-1,1% sul 2021).
Certo, non è più la caduta diventata abituale negli anni scorsi, che ha prodotto un taglio del 29,2% dagli oltre 479mila dipendenti del 2007 fino ai livelli attuali. Ma non è nemmeno la risalita netta indispensabile per realizzare davvero il Pnrr oltre che per tenere il passo di una domanda di servizi locali “ordinari” in crescita costante.
A pesare è l’eredità strutturale prodotta dalla lunga epoca del turn over al lumicino, che ha fossilizzato gli organici al punto che oggi il 21,2% dei dipendenti a tempo indeterminato ha più di 60 anni e gli over 50 sono il 65 per cento.
Emorragia di dimissioni
Ma l’emorragia è moltiplicata dalle dimissioni, che fra 2015 e 2021 sono raddoppiate fino ad arrivare a 14.548 nell’ultimo anno censito (+89% in sei anni). È questa la variabile più nuova, e preoccupante, sulle prospettive degli organici locali. L’onda delle uscite volontarie misura in termini efficaci il deficit di attrattività del posto pubblico, più pesante proprio nei Comuni per la regola inversa che guida i salari pubblici riducendone gli importi proprio nei settori a più diretto contatto con le esigenze di cittadini e territori.
L’unione di pensionamenti in crescita e dimissioni in volata avrebbe bisogno di un’enorme immissione di risorse per moltiplicare gli ingressi e stabilizzarli con prospettive economiche più invitanti. Ma i bilanci locali hanno già imboccato la strada verso una sclerotizzazione dovuta al fatto che il peso complessivo dei costi del personale si è comunque gonfiato con i rinnovi contrattuali e con la moltiplicazione di incarichi e rapporti a termine per il Pnrr, mentre il livello delle entrate fiscali ha raggiunto il massimo ormai da tempo, e rischiano di rendere presto obsoleti i parametri finanziari, fondati sul rapporto fra costi per stipendi ed entrate stabili, calcolati nel 2019 per misurare i gradi di «sostenibilità» della spesa e i conseguenti spazi per le assunzioni. Perché con entrate fisse e costi in crescita molti enti scenderanno di classe, e si vedranno quindi ridurre i margini per i nuovi ingressi.
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