ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùSostenibilità

Eni, Terna e Generali: le aziende italiane che comunicano meglio la sostenibilità

È quanto emerge dal report sustainability della società Lundquist che ha monitorato i siti web e i canali social, perfino gli account Linkedin del management

di Vitaliano D'Angerio

(lovelyday12 - stock.adobe.com)

3' di lettura

Chi comunica meglio la sostenibilità in Italia sul proprio sito web e sui social network come Linkedin? E chi invece è bocciato? L’azienda al top in questo tipo di comunicazione è lEni, seguita da Terna e Generali . In fondo alla classifica ci sono invece Nexi, Orsero e Zegna. A dare i voti in comunicazione della sostenibilità, è la società di corporate communications Lundquist che porta avanti questa indagine dal 2007. Una ricerca, dal titolo “.sustainability”, che prevede un protocollo di valutazione di 80 criteri oggettivi, una vera e propria griglia di monitoraggio dei siti web delle aziende analizzate.

«Nella nostra indagine – spiega James Osborne, responsabile della sostenibilità di Lundquist – vogliamo verificare se le informazioni di sostenibilità vengono rese facilmente fruibili a tutti gli stakeholder (portatori e titolari di interessi). E quindi ai dipendenti, ai fornitori, ai clienti. Non basta rinviare alla reportistica, perché è difficile che queste categorie di stakeholder vadano a spulciare 150-200 pagine di bilancio».

Loading...
CHI VINCE E CHI PERDE
Loading...

I profili Linkedin

Ci sono cinque aree di valutazione nel protocollo Lundquist, una di queste è quella della “Leadership e Advocacy”. Fra i criteri considerati in tale ambito vi sono anche i profili Linkedin dell’azienda e, soprattutto, dei top manager.

«Sono specialmente i profili Linkedin degli amministratori delegati quelli che andiamo a monitorare – aggiunge Osborne –. Verifichiamo se il manager prende posizione su temi chiave di sostenibilità. Non è sufficiente che l’a.d. promuova la propria azienda. Gli stakeholder si aspettano che dica la sua opinione su temi specifici come l’acqua, l’economia circolare o il benessere dei dipendenti. E anche su temi non strettamente legati alla sostenibilità». Fra i top manager che hanno ricevuto punteggi alti in tale ambito, Osborne segnala Remo Ruffini (Moncler ), Philippe Donnet (Generali), Paolo Gallo (Italgas) Antonio Baravalle (Lavazza), Alessandro Russo (Cap).

Il top management deve dunque “metterci la faccia” nella comunicazione della sostenibilità: «Certo. È molto importante la capacità di coinvolgere i dipendenti e più in generale gli stakeholder. Quindi tutta la filiera dei fornitori – ribadisce Osborne –. In tale ambito segnalo per esempio le iniziative di Enel che ha consolidato la sua posizione di leadership unendo i valori del brand e le sue priorità di sostenibilità». Soltanto il 39% dei ceo ha, invece, preso posizione sui social su temi di sostenibilità. E 15 aziende su 85 hanno ricevuto punteggio zero su “Leadership e Advocacy”.

Ecomondo, Regione Umbria: ognuno deve impegnarsi sulla sostenibilità

Strategia e integrazione

Altra area di valutazione chiave è quella della “Strategia e Integrazione”. In tale segmento, l’azienda con il punteggio più alto è Hera . «Fra i criteri di valutazione utilizzati – sottolinea il responsabile della sostenibilità di Lundquist – c’è il collegamento tra strategia di business e strategia di sostenibilità. Ci deve essere uno stretto legame tra queste due aree. Non si può parlare di sostenibilità senza fornire in aggiunta gli obiettivi che si vogliono raggiungere e, dunque, i numeri».

Si torna ancora una volta sul fattore chiave che distingue la vera sostenibilità dalle semplici promesse ovvero la misurabilità dei target. Che sono presenti nella reportistica ma che, secondo i criteri dell’indagine Lundquist, vanno resi più accessibili ai portatori di interesse dell’azienda. «La nostra ricerca – evidenzia Osborne – rileva uno sbilanciamento nella comunicazione, forse nella visione stessa che le imprese hanno della sostenibilità, deviata recentemente dal boom Esg, a sfavore di un coinvolgimento autentico degli stakeholder per il raggiungimento di obiettivi sfidanti e di una comunicazione più umana».

Più in generale, c’è da colmare un gap di credibilità: il 95% delle aziende, viene spiegato, presenta un impegno specifico sul climate change, mentre soltanto il 58% lo accompagna con obiettivi misurabili ed azioni concrete (gap di 37%); questo gap si allarga al 44% quando si tratta di diversity & inclusion e al 45% su altri temi quali economia circolare, innovazione sostenibile e attenzione al territorio.

Gli altri ambiti di valutazione

Le altre tre aree di monitoraggio dell’indagine sono le seguenti: Temi e Percorso, Narrazione e Storytelling, User Experience. «Cosa sono i Temi e il Percorso? Le persone comuni sono attirate dai temi concreti – ricorda Osborne –. L’inclusione per esempio o il climate change». In questo settore, al primo posto fra le aziende analizzate vi è Terna. Eni, invece, ha punteggio pieno alla voce Narrazione oltre che per Leadership e Advocacy.

Riproduzione riservata ©

loading...

Loading...

Brand connect

Loading...

Newsletter

Notizie e approfondimenti sugli avvenimenti politici, economici e finanziari.

Iscriviti