3' di lettura
Sino a non molti anni fa, “sostenibilità” era una parola per adepti, che ricorreva solo nelle discussioni dei più avvertiti ambientalisti e nei rapporti internazionali che negli anni 80 riflettevano sulla relazione tra modello di sviluppo e diritti delle generazioni future. Oggi è tra i vocaboli più richiamati nel dibattito pubblico e non solo per moda. Sostenibilità significa ricerca di equilibri dinamici tra dimensione economica, sociale e ambientale e tale ricerca costituisce un imperativo non solo per il decisore politico ma anche per chi produce, chi consuma e chi cerca di orientare produzione e consumi
Proprio a chi si occupa di comunicazione d’impresa è rivolto il volume Comunicazione, Marketing e Sostenibilità ambientale, a cura di Massimo Tavella, edito da Giappichelli, un libro che traccia le complesse coordinate giuridiche di un marketing “nuovo”, orientato anche al tema della protezione dell’ambiente. L’ambizioso obbiettivo è dichiarato dal curatore nella prefazione: aiutare la comunicazione commerciale a «fornire un contributo importante per rendere i consumatori i primi e fondamentali alleati per intraprendere nel miglior modo possibile la “strada della sostenibilità”». E, ci pare, un obbiettivo raggiunto.
Molti sono i meriti degli autori: tra questi, il non essere né entusiasti propagatori del nuovo verbo né retrivi reazionari, pronti a liquidare le nuove questioni come tendenze passeggere. Vi è in tutti la consapevolezza delle nuove sfide e, come sottolinea Federico Unnia, della maturità, responsabilità e creatività che è richiesta alle imprese per diffondere con la comunicazione valori e convinzioni che facilitino l’affermarsi di una cultura diffusa della sostenibilità.
Sfide che investono i principi costituzionali, recentemente modificati (con esiti non proprio cristallini, come nota il costituzionalista Mario Esposito) proprio per inserire nel testo, all’art. 9, la tutela dell’ambiente, degli ecosistemi e delle biodiversità e l’interesse delle generazioni future. Sfide che riguardano il ruolo di guida dell’Unione europea verso un diritto della transizione verde, come osserva Tavella nei suoi dettagliati saggi sulla normativa attuale e futura dell’Unione e sui suoi riflessi sulla comunicazione commerciale. Sfide che interessano anche chi si occupa di pubblicità e che deve coniugare nel nuovo contesto le regole sorte a garanzia dei consumatori e della concorrenza. In sintesi, sostenibilità e corporate responsibility (esaminate da Daniele Guarnieri e Marta Schiraldi) impongono che la comunicazione commerciale debba essere leale, corretta ed “eco-sostenibile” e dunque veritiera, completa e trasparente anche rispetto alle “virtù ambientali” di prodotti e servizi.
La transizione ecologica – gli autori lo ripetono – richiede alle imprese innovatività, di essere creative e capaci di sfruttare la propria creatività: così, Jacopo Ciani Sciolla spiega come la rivoluzione verde investa anche il diritto della proprietà intellettuale e Pierluigi Perri ragiona sul rapporto tra le due rivoluzioni della sostenibilità e del digitale, confermando come le relazioni tra sistema ecologico e antropico siano fortemente influenzate dallo scenario tecnologico.
Ma “la partita” si gioca anche nelle aule di giustizia. Per questo, il volume offre, negli ultimi capitoli di Barbara Mazzi e di Daniele Cerulla e Fabrizio Lala, un quadro dettagliato della evoluzione della giurisprudenza italiana e straniera in materia di green claims, tendente a consentire le dichiarazioni ambientali solo se chiare, veritiere, accurate e non fuorvianti, nonché basate su dati scientifici presentati in modo comprensibile.
Insomma, per evitare che la sostenibilità da parola per iniziati diventi parola vuota, solo declamata, libri come questo sono tanto utili da essere forse indispensabili.
- Argomenti
- sostenibilità
- Unione Europea
loading...