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Con la Brexit «no deal» a rischio la tutela dell’alimentare italiano

Senza accordi, la normativa Ue non sarà più vigente, così cadranno gli effetti giuridici delle registrazioni dei marchi di origine

di Giorgio dell'Orefice

(Reuters)

2' di lettura

La tempesta perfetta per il vino italiano. Come se non bastasse l’allarme dazi Usa che getta una pesante ombra sul primo mercato per il vino italiano, la Brexit rischia di generare un vero e proprio cortocircuito su quello che è invece il terzo mercato: il Regno Unito.

In una Pec inviata dal Pqai (lo sgrammaticato acronimo con il quale al ministero per le Politiche agricole si indica la direzione per la promozione della qualità) inviata nei giorni scorsi a tutti i principali consorzi di tutela Dop e Igp si tratteggiano due possibili scenari.

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«Il Regno Unito – si legge nella nota – abbandonerà comunque l’Ue il prossimo 31 gennaio. Se l’uscita avverrà in presenza di consenso tra Ue e Regno Unito, l’articolo 54 paragrafo 2 dell’Accordo di ritiro consentirà la prosecuzione della protezione in quel Paese dei marchi Dop e Igp registrati nell’Ue nonché delle menzioni tradizionali del vino (ad esempio i nomi “classico” o “riserva” ndr)».

Nel caso invece di “no deal” la normativa Ue alla data di abbandono del Regno Unito non sarà più vigente in quel Paese, il che farà cadere gli effetti giuridici delle registrazioni. «In quest’ultima, sfortunata e non auspicata condizione – si legge ancora nella nota dell'ufficio diretto da Luigi Polizzi – si fa presente che il Regno Unito non ha una legislazione nazionale per le Dop e Igp agroalimentari e del vino. Mentre esiste solamente la legge relativa alla registrazione e protezione dei marchi».

In questa secondo caso, quindi, il Mipaaf chiarisce che sarà necessario «depositare onerosamente una domanda di registrazione come marchio nel Regno Unito ed attendere l’esito dell’esame da parte dell’Ukipo, l’autorità nazionale competente». E il tutto – qui il possibile cortocircuito – prima della data di uscita dalla Ue. In sostanza, per chi non l’ha ancora fatto, occorrerà effettuare una registrazione del marchio entro fine mese.

Intanto il Comitato di gestione “questioni orizzontali” a Bruxelles ha dato il via libera alle modifiche delle regole di gestione delle risorse Ocm dedicate alla promozione del vino all’estero (un budget che per l’Italia è di oltre 100 milioni l’anno). Un’iniezione di flessibilità accolta dai produttori anche come una prima parziale compensazione per fronteggiare i dazi. La principale novità è la possibilità di investire su uno stesso mercato anche oltre i 5 anni, che finora era il tetto massimo. E le nuove regole si estenderanno a tutti i vini, compresi gli spumanti.

Per approfondire:
I produttori di vino: in caso di dazi a rischio 1,5 miliardi di fatturato
Dop, Igp, Stg: cosa sono e qual è l'iter per ottenere il riconoscimento

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