Pmi e ripartenza

«Con la crisi rivedere business, investimenti digitali e hi-tech»

Parla Pierluigi Monceri direttore regionale banca Intesa: « Impatto del lockdown differenziato: duro colpo a turismo, moda e automotive; meglio farmaceutico e agroalimentare»

di Davide Colombo

Intesa Sanpaolo ha assicurato una risposta alla crisi di liquidità delle imprese e delle famiglie del Mezzogiorno

4' di lettura

Per il sistema economico e imprenditoriale del Mezzogiorno la ripartenza delle attività, dopo le lunghe settimane del lockdown anti-contagio, può rappresentare un'occasione unica di trasformazione ed evoluzione. Un passaggio per dare più resilienza a tanti modelli di business strategici nei settori traino del turismo, sicuramente il più colpito, l'agroalimentare, o per le aziende con una maggiore vocazione all'export. «Questa crisi è stata profonda e ancora dobbiamo misurare il solco che ha lasciato - spiega Pierluigi Monceri, direttore regionale di Intesa Sanpaolo per il Lazio, la Sicilia, la Sardegna, l'Abruzzo e il Molise -. Ci sarà una selezione ma per molte imprese rappresenta un’opportunità per ripensare modelli di business, fare un passo decisivo verso la digitalizzazione, ipotizzare partnership e investire sulla crescita dimensionale».

Prima del varo del decreto “Cura Italia” Intesa Sanpaolo, a partire da 24 febbraio, ha assicurato una risposta immediata alla crisi di liquidità delle imprese e delle famiglie del Mezzogiorno. Nelle sei regioni dove garantisce il 20% del credito bancario (Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna) ha sospeso i ratei dei propri clienti con oltre 47mila moratorie, per un controvalore di circa 4 miliardi di finanziamenti residui. E oltre due terzi di questi interventi hanno riguardato proprio le imprese: circa 30mila sulle 350mila clienti di Intesa Sanpaolo al Sud, non tutte con fido o esposizioni a medio-lungo termine. Poi il 17 marzo è stato attivato il primo plafond da 5 miliardi per nuovi impieghi agevolati a 18 mesi meno un giorno (sei di pre-ammortamento) per l'emergenza Covid19, e al Sud ne sono stati erogati circa 3mila, per un controvalore di oltre 400 milioni. E sempre in quella stessa data è scattato il terzo intervento - altri 10 miliardi di plafond - che è servito per garantire la possibilità di utilizzare linee commerciali come scoperto di conto corrente, pur in mancanza di fatture. «Con il “Cura Italia”, grazie ai finanziamenti con garanzie pubbliche, le risorse arriveranno fino a 50 miliardi - spiega ancora Monceri - e per Intesa Sanpaolo l’attesa è che per il 25-30% verranno attivati nelle regioni meridionali». Il 22 aprile Intesa Sanpaolo è stata infine la prima ad annunciare la sottoscrizione del protocollo con Sace, la società di Cassa Depositi e Prestiti che farà da pivot per i finanziamenti garantiti dallo Stato su importi fino al 25% del fatturato realizzato in Italia del 2019 o fino al doppio della spesa salariale 2019. In questo caso - vale ricordarlo - il finanziamento sostenuto dalla copertura pubblica è fino a sei anni con la previsione di un preammortamento a 12, 18 o 24 mesi. Ed è previsto un iter semplificato per le imprese con fatturato sotto 1,5 miliardi con la Sace che s'impegna a emettere la garanzia entro due giorni dalla richiesta della banca. Se, invece, l'impresa ricade sopra quella soglia, scatterà una procedura ordinaria che prevede l'ok del ministero dell'Economia, sentito lo Sviluppo Economico, all'operazione su proposta della Sace che effettuerà una sua istruttoria.

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In trentacinque anni di lavoro in banca Pierluigi Monceri ha vissuto esperienza molteplici. Ma questa crisi, sostiene, è davvero diversa. «C’è stata una reazione che non avevo visto con la crisi finanziaria del 2008-2009 o in quella successiva dei debiti sovrani del 2012, nel nostro istituto c’è stata una coesione e una voglia di trovare soluzioni straordinarie. Ho visto adeguare in tempi record applicativi informatici per erogare in 72 ore crediti fino a 25mila euro previsto dal decreto, per alcuni clienti addirittura in 24 ore. E con un'operatività garantita da colleghi in smart working che dialogavano con i clienti per attivare le moratorie su mutui e finanziamenti». Per i territori e le economie del Mezzogiorno l’impatto del lockdown è stato differenziato: l’agroalimentare ha reagito positivamente grazie alla crescita della grande distribuzione, come pure si è dimostrato molto forte il settore farmaceutico, mentre l’export – che al Sud ha un peso ponderale minore sul Pil - incide in misura più limitata che altrove. «In queste regioni per fortuna l’emergenza sanitaria è stata meno forte - spiega il banchiere - ma in alcuni settori il colpo è duro: patiscono molto le aziende legate all’automotive in Basilicata, quelle dei comparti della moda in Puglia, e poi c’è il turismo». Sul settore più esposto, e che si dovrà misurare con una stagione molto incerta quest’anno, spiegabilmente caratterizzata da una maggiore affluenza di clienti nazionali per le vacanze, Monceri fa un esempio che spiega tanto: «in Sardegna 20 operatori hanno il 40% del mercato in termini di posti letto, in Sicilia la frammentazione è assoluta». Da questa crisi - spiega - non si può uscite con un “nulla di fatto”. L'occasione unica è quella del ripensamento in termini evolutivi: «modelli di business, partnership, crescita dimensionale, investimenti in innovazione e nel digitale, i primi segnali ci sono e noi come banca siamo in campo per accompagnare questo passaggio, valutare con i nostri clienti le consistenze necessarie per superare le difficoltà e ripartire con un sistema di imprese e un mercato del lavoro migliori e più forti».

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