Con il digitale in fabbrica più autonomia e meno complessità
di Andrea Furlan, Ambra Galeazzo, Luca Vendraminelli e Andrea Vinelli
3' di lettura
Forse un giorno le operazioni chirurgiche a cuore aperto saranno fatte da robot e le lavatrici si assembleranno da sole nelle linee di montaggio. Così, chirurghi e operatori di linea non serviranno più. E un giorno potrebbe non esserci più bisogno del “lavoro” per produrre – e chissà come dovremmo riorganizzare il welfare del nostro stato.
Camminando nelle nostre fabbriche è più frequente vedere persone lavorare assieme alle tecnologie digitali per produrre beni e servizi, piuttosto che vedere sistemi produttivi digitalizzati funzionare senza persone.
In termini accademici, questo stato di coesistenza sinergica tra uomo e tecnologia è detto “complementarità”. I primi studi manageriali sul tema consideravano la relazione uomo-macchina come un problema di assegnazione: dato un lavoro X da compiere, conviene farlo fare (ossia assegnarlo) all'uomo o alla tecnologia? Negli ultimi anni un nuovo vettore di tecnologie digitali si è reso disponibile sul mercato, offrendo nuove interessanti opportunità e sviluppi sul tema indagato. L'intelligenza artificiale è il principale attore di questo cambiamento radicale, e sta profondamente rivoluzionando il modo in cui le aziende si organizzano al loro interno per produrre valore per i clienti.
In un recente studio, il nostro gruppo di ricerca dell'Università di Padova, in collaborazione con Considi, tra le principali società italiane di consulenza nel campo dell'Operation & Innovation Management, ha cercato di capire come le tecnologie digitali stiano cambiando il mondo manifatturiero nel nostro Paese, e come questi cambiamenti, in particolare, stiano impattando sugli operatori di linee di produzione di molte imprese di molti settori. Abbiamo raccolto dati da 122 operatori e supervisori (o team leader) di diverse linee di produzione (principalmente linee di assemblaggio e controllo qualità) di imprese manifatturiere del Nord-Est. Il 65% del totale opera in linee supportate da tecnologie digitali. Gli altri operano in linee tradizionali, dove non hanno a disposizione le nuove tecnologie digitali.
Analizzando i dati raccolti abbiamo trovato che la tecnologia digitale ha un effetto positivo sugli operatori. Persone e tecnologie sono complementari. E in modo sorprendente, forse controintuitivo rispetto la vulgata tradizionale, i lavoratori delle linee digitali, rispetto ai loro colleghi che lavorano in linee prive delle nuove tecnologie, si sentono più autonomi nello svolgere le loro attività lavorativa (in percentuale, la variazione corrisponde a un +16%), di ricevere più feedback sulle modalità più efficaci di svolgimento del loro lavoro (+39%), e, in definitiva, di trovare le loro routine in linea meno complesse (-17%). E non è una questione di età o di studio: ciò vale sia per più giovani che per i meno giovani, sia per quelli che hanno studiato che per quelli che non hanno mai intrapreso o interrotto il proprio percorso di studi.
I nostri risultati ci portano ad affermare che quando la tecnologia digitale è presente in produzione, la percezione della qualità del lavoro cambia e in meglio. Ma non è finita qui.
Abbiamo successivamente analizzato i dati raccolti distinguendo le linee che adottano un approccio manageriale human-centered dalle quelle che non lo adottano. In queste linee, indipendentemente dalla tecnologia utilizzata, si applicano pratiche manageriali che mettono al centro i lavoratori, puntando sulla formazione, sulla creazione di meccanismi partecipativi e sul loro diretto coinvolgimento nelle iniziative di miglioramento.
Abbiamo così scoperto che le linee supportate da tecnologie digitali con un approccio manageriale human-centred hanno lavoratori che ricevono maggiori feedback sulla performance del loro lavoro (+14%), che si sentono ancora più autonomi nel prendere le loro decisioni (+9%) e che hanno un lavoro molto più vario (+8%).
Questo risultato conferma scientificamente una diffusa intuizione, ovvero che le scoperte tecnologiche sono un'opportunità per la nostra società. E offre un ulteriore contributo: la paura, o la speranza, associata ad una tecnologia, dipende dall'approccio manageriale e dai manager che la implementano. I manager di oggi devono affrontare una sfida epocale: trovare la chiave per governare il processo di trasformazione digitale delle proprie organizzazioni. Il nostro studio dimostra che mettere al centro le persone è una scelta che premia, e genera lavori migliori.
Università di Padova
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